Quattro anni fa, una fila di camion militari trasportava le bare delle vittime del Covid-19 attraverso la città. Un’immagine straziante, che avrebbe lasciato un segno profondo nella nostra memoria.
Negli ultimi anni, i ricercatori dell’Istituto Mario Negri hanno analizzato la relazione tra i fattori genetici e la gravità della malattia da Covid-19 nella provincia di Bergamo. Grazie al progetto « ORIGIN », oggi sappiamo che alcune persone sono geneticamente predisposte a sviluppare forme più gravi della malattia. Certe regioni del genoma, ereditate dai Neanderthal, possono causare una risposta immunitaria eccessiva, rendendoci più vulnerabili al Covid grave. Gli studi continuano a esplorare la predisposizione genetica alle malattie, concentrandosi su varianti specifiche ed errori congeniti di geni o alleli all’interno delle popolazioni.
Tuttavia, ci resta una domanda, ed è da questa domanda che comincia questo articolo: e se non fosse tutto determinato dal nostro DNA?
Che cos’è l’epigenoma?
Il DNA all’interno delle cellule è organizzato in nucleosomi, composti da proteine attorno alle quali il DNA si avvolge, formando la cromatina. Il processo di trascrizione genica dipende dall’impacchettamento del DNA nei nucleosomi. I fattori di trascrizione, ovvero delle proteine che si legano al DNA, regolano questo processo attivando o reprimendo specifici geni grazie a modifiche chimiche e strutturali semi-reversibili del DNA e delle proteine a questo associate. Se il genoma è l’insieme dei geni nelle nostre cellule, che non cambia nel corso della vita, ma ha una sequenza piuttosto “statica”, l’epigenoma è invece dinamico, perché cambia da cellula a cellula e anche nelle diverse fasi della nostra vita. L’epigenoma, infatti, è l’insieme di tutte le molecole che rendono possibili i cambiamenti della regolazione dell’espressione genica e della struttura 3D del DNA, senza modificarne la sequenza.
Ma com’è possibile? Cerchiamo di spiegarlo in un modo che sia più semplice possibile. Le modifiche epigenetiche avvengono grazie ad alcune molecole che reagiscono con porzioni specifiche del DNA, rendendole più o meno accessibili. Di conseguenza, i geni possono essere più o meno espressi, e quindi le proteine verranno più o meno prodotte. Dunque, tutti i cambiamenti dell’epigenoma modificano il cosiddetto fenotipo di una cellula (ciò che risulta dall’espressione dei geni), lasciando integro il genotipo (quindi la sequenza di DNA).
Dato che ha un ruolo determinante sia nella differenziazione cellulare sia nello sviluppo di molte malattie multifattoriali, l’epigenoma viene studiato dall’epigenetica, una branca della scienza che approfondisce questi meccanismi ereditari e reversibili. Negli ultimi anni sta prendendo piede sempre di più l’epigenomica, che invece analizza la globalità delle modifiche epigenetiche in un organismo. Stesso focus, ma su diversa scala.
Questo campo ci permette di comprendere come la disposizione e l’assemblaggio dei componenti genetici conferiscano caratteristiche uniche a situazioni davvero complesse. È proprio come in un set di Lego, in cui la costruzione finale dipende dalla disposizione dei singoli mattoncini.
L’epigenoma influenza la nostra salute e le malattie che potremmo sviluppare
Cosa c’entra tutto questo con noi? E come ci riguardano i meccanismi di controllo genetico?
L’ambiente in cui viviamo e il nostro stile di vita influiscono profondamente sulla nostra salute e sul funzionamento dei geni. Patologie come le malattie cardiovascolari, neurodegenerative, il diabete, il bipolarismo e i tumori sono fortemente influenzate dai cambiamenti epigenetici, tra cui l’inquinamento atmosferico e il fumo di sigaretta, la dieta che seguiamo e quella che hanno seguito i nostri genitori prima di noi.
La comprensione di come le nostre abitudini influenzino i nostri geni è essenziale per affrontare malattie complesse come il tumore al seno: in questo recentissimo studio pubblicato da alcuni ricercatori polacchi sono stati studiati, a partire da campioni di leucociti e urine, delle caratteristiche epigenetiche che possono influenzare ed essere caratteristici della carcinogenesi alla mammella.
Ma torniamo a parlare del Covid. La ricerca epigenetica ha evidenziato l’importanza dei cambiamenti nella struttura della cromatina nel contesto dell’infezione da Covid-19: questi cambiamenti possono influenzare il modello di infezione virale a seconda del tessuto, dell’età e del sesso dell’ospite. Inoltre, i virus possono modulare il paesaggio epigenetico delle cellule ospiti per favorire la replicazione virale e l’efficienza dell’infezione, sfuggendo alla risposta immunitaria dell’ospite. Nei pazienti Covid-19, sono stati riscontrati numerosi fattori di comorbidità (ovvero la presenza nello stesso soggetto di due o più malattie), cosa che suggerisce un coinvolgimento delle modificazioni epigenetiche nell’evoluzione e nella gravità della malattia. Gli studi attuali si concentrano sul ruolo funzionale di queste modificazioni nell’infezione virale e sulla loro potenziale applicazione nel trattamento della malattia, con particolare attenzione ai farmaci che influenzano l’accessibilità alla cromatina, le modifiche dell’RNA e del DNA.
La grande variabilità nella risposta alla malattia da persona a persona, quindi, non è solo determinata dal nostro DNA, ma anche dalle differenze epigenetiche di ognuno di noi.
Colesterolo e ipercolesterolemia
Non solo Covid-19. Avrete sicuramente già sentito parlare di colesterolo. Secondo l’Istituto Superiore di Sanità, l’ipercolesterolemia in Italia è diffusa nel 21% degli uomini e nel 23% delle donne nella popolazione adulta, mentre nella popolazione anziana le percentuali sono ancora più alte.
L’ipercolesterolemia familiare, in particolare, è una malattia ereditaria in cui un’alterazione genetica provoca livelli estremamente elevati di colesterolo nel sangue. In particolare, ad aumentare è il colesterolo LDL (Low Density Lipoproteins, lipoproteine a bassa densità), quello che chiamiamo «colesterolo cattivo». Nella maggior parte dei casi, la patologia è dovuta a mutazioni a carico di PCSK9, il gene che codifica per il recettore delle LDL, il quale, non funzionando correttamente, non cattura le particelle di LDL per rimuoverle dal sangue.
La rivista scientifica Nature ha pubblicato un articolo dal titolo « Durable and efficient gene silencing in vivo by hit-and-run epigenome editing ». La trattazione è stata curata dal gruppo di ricerca del professor Angelo Lombardo, responsabile del laboratorio di Regolazione epigenetica e modificazione mirata del genoma all’Istituto San Raffaele Telethon per la Terapia Genica (SR-Tiget) di Milano. Il focus dell’articolo è l’ editing epigenetico del gene PCSK9, tecnologia in grado di correggere la funzione di un gene senza variarne la sequenza.
«È una sorta di interruttore molecolare che impedisce la conversione dell’informazione contenuta nel gene bersaglio nella proteina corrispondente» chiarisce Lombardo, tra i pionieri mondiali di questa tecnologia. L’importanza di questo studio è proprio la dimostrazione che questo approccio funziona in vivo, in un organismo modello. «Rispetto ad altri trattamenti pur innovativi diretti contro PCSK9 – commenta Lombardo – questo approccio potrebbe avere numerosi vantaggi, trattandosi di una terapia da effettuare una sola volta nella vita, che non modifica la sequenza del DNA (con tutti i rischi che questo potrebbe comportare) e con effetti potenzialmente reversibili. Inoltre, la dimostrazione di efficacia ottenuta costituisce una base molto solida per sviluppare strategie di silenziamento epigenetico dirette sempre al fegato per altre malattie, come l’epatite B, ma anche ad altri organi, come il sistema nervoso centrale».
Perché conoscere i meccanismi di regolazione epigenetici?
Grazie a progetti come il « Roadmap Epigenomics Project » e lo « Human Epigenome Project » oggi sappiamo qualcosa di più riguardo a come i nostri geni vengono espressi. Anche se non conosciamo con esattezza i meccanismi attraverso cui la dieta, lo stress, l’esposizione ad agenti chimici o fattori non noti, possano alterare i meccanismi di regolazione epigenetici, è evidente che una loro migliore conoscenza permetterebbe di prevenire l’accumulo di cambiamenti dannosi e, di conseguenza, ridurre il rischio di insorgenza di patologie, indipendentemente dalle esposizioni ambientali.
Non solo, ma le modificazioni epigenetiche specifiche possono influenzare la risposta ai farmaci, quindi potranno indirizzare verso terapie personalizzate.