Il Museo di Scienze Naturali Enrico Caffi in Città Alta, se potesse parlare, ci racconterebbe di quei settantamila visitatori all’anno che, di qualsiasi età, genere, provenienza e istruzione, si stupiscono di fronte alla complessa semplicità delle nostre origini e del mondo naturale che ci circonda. Noi abbiamo visitato il museo con due guide speciali: il direttore dottor Marco Valle e la dottoressa Annalisa Aiello, conservatrice dei servizi educativi.
Il Mammut
Appena si salgono le due maestose scale che dall’ingresso portano al museo vero e proprio, ci si trova davanti alla meravigliosa ricostruzione di un Mammut con il suo cucciolo. Marco Valle ci spiega: “Questa ricostruzione non è casuale o decorativa. I Mammut c’erano a Bergamo, sono stati trovati e sono conservati qui. È stato quindi possibile ricostruire questa presenza antica nel nostro territorio, senza la quale, all’ingresso avremmo potuto mettere qualsiasi altro animale: negli anni Ottanta del secolo scorso si è voluto presentare all’ingresso il Mammut come presenza passata sul nostro territorio”.
“Sala Triassico”, una sala emblematica
Giungiamo così alla sala dedicata al Triassico (220 milioni di anni fa). La sua importanza non risiede tanto nel periodo storico, quanto nel fatto che è emblematica del lavoro che fanno quotidianamente i Musei di scienze naturali. Il direttore ci spiega: “Il ritrovamento di un reperto fossile nel 1970 all’interno della Cava Ratta nel comune di Cene, da parte di don Antonio Canova, ha dato inizio alle ricerche in quella località e alle indagini paleontologiche sul Triassico nelle Prealpi Orobiche. Negli anni successivi, nella stessa zona, sono stati ritrovati dei pezzi unici. Tra questi un rettile volante che, ritrovato nel 1973, era il più antico rettile volante al mondo: aveva anticipato la presenza dei rettili volanti di trenta milioni di anni”.
È Annalisa Aiello a mettere l’accento sulla questione importante, cioè l’incontro tra casualità e conoscenza: “Questa sala è importantissima perché mostra come da un reperto occasionale e dal lavoro di tante persone (colleghi del museo e studiosi venuti da tutto il mondo) si sia potuto ricostruire il nostro paesaggio di allora”.
L’essenza, le proposte, gli obiettivi
Mentre lasciamo la Sala Triassico per avviarci verso altri luoghi di interesse del Museo, il direttore spiega: “L’essenza fondamentale del museo è il documento. I musei di scienze naturali raccolgono documenti per presentare la storia del territorio, che si legge attraverso i fossili e gli animali. Il museo, inoltre, è un archivio naturalistico che prende in ostaggio, per così dire, reperti naturali attraverso i quali si cerca di spiegare cosa è avvenuto in un determinato territorio, quali sono state le vicende passate e quali quelle attuali. Il fine ultimo sarebbe quello di avere una maggiore coscienza di ciò che ci sta intorno; con questo fine, negli ultimi anni, ci approcciamo a delle iniziative che possono essere piuttosto coinvolgenti: non solo un museo in cui si guardano cartellini e animali ma dove ci si possa anche mettere alla prova, toccando, ascoltando, praticando. Adesso stiamo realizzando una postazione che avrà dei microscopi e che farà vedere alcuni oggetti dal vivo, per esempio; l’altra attività nell’ambito della zoologia è mostrare degli animali vivi”.
Animali vivi, tra storia ed educazione
Arriviamo quindi alla Sala dedicata agli invertebrati, dove si può ammirare la ricostruzione di un formicaio, che ospita una colonia di animali vivi: “Adesso è un po’ inattivo perché fa freddo, ora sono molto addormentate, ma se mettiamo del cibo vanno subito a prenderlo e ad accatastarlo”. Nella stessa sala ci sono poi altri insetti come gli insetti foglia e gli insetti stecco, tipici esempi di mimetismo, ma i veri protagonisti sono i bachi da seta.
Valle ci racconta: “I bachi sono importanti non solo in quanto insetti che hanno un ciclo di sviluppo completo, ma anche in quanto hanno caratterizzato in modo significativo l’economia della nostra terra bergamasca. Nei bachi da seta c’è storia, agricoltura, zootecnia e sociologia: gli anziani, non sempre con piacere, ricordano come i bachi da seta stravolgessero le vite domestiche. La vita delle famiglie, quando era il momento, era tutta legata all’alimentare i bachi, che continuavano a mangiare giorno e notte e, per di più, richiedevano un riscaldamento nel caso in cui facesse troppo freddo. L’anno scorso abbiamo fatto un progetto con gli asili: noi gli davamo le larve appena nate, i bambini con le maestre proseguivano la crescita e ci restituivano gli insetti adulti. È stato bello perché per i bambini è molto educativo vedere la vita che evolve; i bambini sono attratti dai bachi da seta, possono toccarli e non si schifano o impauriscono”.
Le fake news ci sono sempre state
Il pubblico del Caffi si compone di tante famiglie con bambini, attratte dal tema ma soprattutto dalle proposte del museo. A tal proposito il direttore Valle commenta: “A me ogni volta mette un po’ tristezza il fatto che il Museo di scienze naturali, in Italia, sia pensato come rivolto solo ai bambini. In realtà negli altri paesi non è così. Le scienze naturali sono un aspetto importante della cultura e, anche a proposito del tema delle fake news, non conoscere certe cose porta a dire e diffondere notizie false sugli animali pericolosi, i terremoti e cose simili”.
Fake news e analfabetismo scientifico sono due temi con cui tutte le persone che si occupano di scienza oggi, ma non solo, devono fare i conti. Anche il nostro museo si trova quotidianamente schierato a combattere questa battaglia, e Marco Valle a tal proposito commenta: “Le persone oggi hanno bisogno di notizie sensazionali da diffondere per fare colpo. Bisogna però sfatare il mito per cui le fake news siano un fenomeno odierno, perché ci sono sempre state. Riteniamo che i musei in generale siano una buona ricetta per combatterle, sia rispondendo in modo puntuale alle richieste delle persone, sia lavorando quotidianamente sui reperti che costituiscono il cuore del nostro Museo”.
Indovinelli, giochi, esperienze
Spostandoci di sala in sala ci fermiamo davanti a una vetrina tattile, vera essenza dello spirito del Museo: “La prima vetrina tattile – racconta Valle – è stata inaugurata nel 2000. Per i primi tempi abbiamo tenuto le cerniere per un’eventuale aggiunta di un vetro protettivo. Non eravamo sicuri che potesse funzionare, non perché l’idea non fosse bella ma perché quando si inizia un’attività si deve essere sicuri di poterla mantenere. Invece i fatti ci hanno via via convinto a continuare su questa strada e pertanto, quando facciamo un’esposizione, cerchiamo di dare sempre qualcosa da toccare con mano. Ci teniamo, inoltre, a dotare ogni postazione tattile di didascalie anche per i non vedenti. È da un po’ che le adottiamo ma, purtroppo, ci sono pochi non vedenti che frequentano il museo. Secondo noi ogni museo dovrebbe essere aperto anche a queste cose”.
Un’esperienza sicuramente da non perdere è quella del 23 febbraio: “...quando a Bergamo pascolavano i Mammut”. Grazie all’impiego di tecnologie applicate alla realtà virtuale, partendo dai fossili esposti nel museo sarà possibile ammirare un paesaggio invernale con Mammut ed altri animali estinti vissuti decine di migliaia di anni fa nel territorio Bergamasco. A tal proposito la dottoressa Aiello commenta: “Stiamo cercando di pensare a dei linguaggi che ci permettano di avvicinarci meglio e in modo più efficace ai pubblici più diversi. Ovviamente la tecnologia deve essere un supporto, un aiuto. Senza, infatti, tutto il precedente lavoro sui reperti non sarebbe stato possibile, e non avrebbe senso neanche la realtà virtuale”.