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Il codice bioelettrico di Michael Levin, un software che dà istruzioni alle cellule

Intervista. Il biologo dell’Università di Boston: “la fisiologia bioelettrica è il mezzo per gli algoritmi di controllo, i ricordi, il processo decisionale, la plasticità di crescita e forma del nostro corpo”. Venerdì 8 ottobre alle 21 sarà ospite del festival Bergamoscienza

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Foto reale di molte cellule danneggiate (foto Dimarion)

Le informazioni sul corpo umano non sono racchiuse solo nel Dna, ma sono scritte anche nel codice bioelettrico che guida le cellule nella costruzione degli organi. Riuscendo a decodificarlo, la medicina potrebbe trovare nuove vie di cura per numerose malattie, compreso il cancro. È la sfida a cui sta lavorando il biologo Michael Levin, direttore del prestigioso Allen Discovery Center alla Tuft University di Boston, che venerdì 8 ottobre alle 21 sarà ospite del festival Bergamoscienza in video collegamento dagli Stati Uniti.

LF: Professor Levin, come è nato il suo interesse per la bioelettricità?

ML: Sono sempre stato interessato alla relazione tra la vita e la mente, tra struttura degli organismi viventi e loro cognizione. Mi è sempre sembrato interessante che computer e cervelli sfruttassero entrambi l’elettricità per elaborare le informazioni. Quando avevo 17 anni sono andato all’Esposizione Universale di Vancouver, in Canada, e mio padre e io siamo andati in una libreria dell’usato. Lì ho trovato una copia di “The Body Electric” di Becker, che m’ha rivelato l’esistenza di un campo di lavoro della bioelettricità dello sviluppo, cioè come gli embrioni usano l’elettricità per il controllo morfogenetico. Questo ha messo insieme l’intero puzzle nella mia testa, e da allora ho proseguito lo studio della bioelettricità come mezzo del pensiero, nel cervello e nel corpo.

LF: Come e dove funziona l’elettricità nel nostro corpo?

ML: Funziona in ogni cellula. Ogni cellula ha proteine nella loro superficie esterna che lasciano entrare le nostre piccole molecole cariche come gli ioni di potassio o cloruro. Quando le cariche sono sbilanciate, c’è una tensione. Questa tensione può essere trasmessa ai vicini attraverso piccoli portali tra le cellule chiamati “giunzioni gap” o “giunzioni comunicanti”. Pertanto, aprendo e chiudendo questi canali ionici, le cellule possono pilotare diversi potenziali di tensione e propagarli a quelle vicine in una rete, proprio come una rete di comunicazione o il cervello. Ogni cellula utilizza lo stesso macchinario di base e può fare molte delle cose che fanno le cellule nervose, solo più lentamente e per scopi diversi.

LF: Cos’è esattamente quello che lei chiama “codice bioelettrico” e in che modo può essere paragonato al Dna?

ML: Il codice bioelettrico non è una prerogativa dell’uomo, ma di tutti gli animali e probabilmente anche delle piante. È simile al Dna solo in quanto è anche un mezzo fisico in cui le informazioni vengono memorizzate e propagate. Ma è anche molto diverso dal Dna perché, mentre quest’ultimo specifica le proteine che ogni cellula ha – quindi imposta l’hardware del sistema – la fisiologia bioelettrica è il software, è il mezzo per gli algoritmi di controllo, i ricordi, il processo decisionale, la plasticità di crescita e forma.

LF: A che punto sono arrivate le ricerche in materia?

ML: Ebbene, diversi laboratori hanno scoperto che le mutazioni della canalopatia umana causano difetti alla nascita, il che dimostra che il codice bioelettrico funziona negli esseri umani come negli altri sistemi modello, come rane e vermi. Il nostro laboratorio ha dimostrato che non solo possiamo manipolare il codice bioelettrico degli animali modello per indurre nuovi organi, rigenerare arti e midollo spinale e riprogrammare i tumori, ma anche utilizzare un modello computerizzato per selezionare farmaci specifici per canali ionici per indurre la riparazione del cervello quando è preso di mira da mutazioni genetiche o teratogene.

LF: Quindi i campi di applicazione possono essere molteplici…

ML: La bioelettricità è un mezzo attraverso il quale l’intelligenza collettiva delle cellule ricorda e coopera per raggiungere determinati obiettivi. Se fossimo in grado di controllare quegli obiettivi – di specificare cosa costruiscono le cellule – avremmo immediatamente la soluzione per i difetti alla nascita, le lesioni traumatiche, il cancro, l’invecchiamento, le malattie degenerative. Quasi tutti i problemi in biomedicina, ad eccezione delle malattie infettive, possono essere affrontati con un approccio bioelettrico maturo.

LF: E per quanto riguarda il cancro?

ML: Un modo di pensare al cancro è come un ritorno dalla vita multicellulare, in cui le cellule cooperano su obiettivi grandi come “costruire e mantenere un rene”, alla vita unicellulare, in cui le cellule lavorano solo verso obiettivi unicellulari e curano il resto del corpo come ambiente esterno (le metastasi). Abbiamo dimostrato che, poiché le interazioni cooperative che legano le cellule verso obiettivi comuni sono in parte bioelettriche, possiamo fare tre cose: utilizzare coloranti che segnalano il voltaggio per vedere le aree del cancro incipiente; agire sul melanoma metastatico senza alcuna mutazione o danno al Dna proprio deregolando gli stati di tensione; infine, prevenire e normalizzare i tumori in vivo forzando il corretto stato bioelettrico.

LF: Come possono essere applicate le scoperte sulla bioelettricità nel campo dell’intelligenza artificiale?

ML: L’embriogenesi, la rigenerazione e la metamorfosi/rimodellamento sono esempi di un’intelligenza non convenzionale che risolve i problemi: l’intelligenza collettiva dei gruppi di cellule che navigano nello spazio anatomico, proprio come il cervello è l’intelligenza collettiva dei neuroni che guida i corpi degli animali attraverso lo spazio 3D. Integrando l’attenzione esclusiva di oggi sul cervello come fonte di ispirazione per l’intelligenza artificiale, con gli sforzi per comprendere la risoluzione intelligente dei problemi di altri tipi di cellule durante la morfogenesi, possiamo far avanzare notevolmente l’apprendimento automatico. Il piano è costruire architetture di intelligenza artificiale non sui principi del cervello, ma sui principi di meccanismi antichi, robusti e plastici che l’evoluzione ha utilizzato per risolvere i problemi molto prima che apparissero i cervelli e il comportamento.

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