Quando si tratta di casa siamo tutti desiderosi di costruirci spazi ed ambienti funzionali, curati ma soprattutto belli e piacevoli da vivere. La “casa” della Regione Lombardia è un esempio straordinario di questa attenzione, tanto con il grattacielo Pirelli – affettuosamente chiamato «il Pirellone», costruito sul finire degli anni ’50 – quanto con il nuovo Palazzo Lombardia, inaugurato il 22 gennaio 2010. Dopo l’incidente aereo del 18 aprile 2002 che ne compromise gravemente la struttura esterna e anche nell’esigenza di disporre di ulteriori spazi, di-venne infatti indispensabile trovare un’altra sede per gli uffici della regione.
Costruire un alter ego del «Pirellone», palazzo dei record progettato da Gio Ponti, Pierluigi Nervi ed altri valenti professionisti per la Pirelli e poi acquisito nel 1977 dalla Regione Lombardia che ebbe qui la propria sede per 34 anni, è stata una grande sfida. Il grattacielo Pirelli infatti, oltre ad essere uno dei simboli della Milano con-temporanea, con i suoi 127 metri e la deroga speciale per aver superato l’altezza del Duomo di Milano, ha detenuto dal 1958 al 1966 il record di edificio più alto dell’Unione europea, è stato per quasi 50 anni l’edificio più alto della città (fino al 1995 d’Italia) e, tra le costruzioni, una delle pietre miliari più ammirate e copia-te per l’innovativo utilizzo del calcestruzzo. Nel 2010 è stato superato proprio dal Palazzo Lombardia, alto 161 metri.
Frutto di una collaborazione di professionisti tra New York e Milano e selezionato tra quasi 100 progetti, anche Palazzo Lombardia è un palazzo dei record, studiato secondo i canoni della compatibilità ambientale e della ecosostenibilità. È stato sicuramente “apripista” del nuovo landscape di Milano con i suoi 39 piani fuori terra, i 72mila mp di uffici, i 32 ascensori, i 3.7mila mq di aree a bosco e i 2.2mila mq di giardini di pertinenza, oltre alla piazza da 4mila mq. Complessivamente stiamo parlando di una struttura che ha una superficie costruita di 190mila metri quadrati.
Sono numeri impressionanti, ai quali si aggiungono quelli del “vestito” di vetro e di pietra che riveste, protegge e decora il Palazzo: 70mila mq di facciata di vetro e 5mila metri quadrati di facciata di Ceppo di Poltragno. Non sorprende quindi che il prestigioso Council of Tall Buildings and Urban Habitat (Ctbuh) di Chicago abbia insignito Palazzo Lombardia del titolo di miglior grattacielo d’Europa per il 2012, premiandone il design, la sostenibilità e l’innovazione. Non sorprende quindi che sia stato il primo edificio italiano a ricevere questo pre-mio.
Record nei record è anche la modalità applicativa del rivestimento, come racconta Gabriele Cretti, titolare dell’Azienda Marmi Cretti: «una facciata ventilata installata su una struttura fluttuante, ancorata solamente su solette a sbalzo, sino ad un’altezza di 40 metri. La pietra è stata fornita con finitura a vista stuccata a cemento e levigata. Solo dopo aver acquisito la commessa, il progettista ha richiesto resinatura e retinatura posteriore per poter garantire la massima sicurezza ad un sistema di ancoraggio “solamente” puntiforme. E questo è stato reso possibile solo grazie allo sforzo congiunto dell’azienda intera, della proprietà e soprattutto di tutti i dipendenti. Non possiamo dimenticare che anche grazie a tutti i fornitori e a tutti i terzisti siamo riusciti in pochissimo tempo ad acquisire nuove competenze. In questo progetto, ho visto la mia azienda in prima linea a lavorare il nostro Ceppo, tutti impegnati in questa grande opera, con nessuno che si sottraeva ai propri compiti e impegni. Tutti orgogliosi che la nostra pietra fosse stata scelta a rappresentare la Regione Lombardia a livello istituzionale e la conseguente volontà di dare il massimo per un risultato che non dimenticheremo».
L’azienda Cretti Industria Marmi Graniti, fondata nel 1954 dai fratelli Luigi e Martino Cretti, estrae il Ceppo di Poltragno. Fin d’allora i due fratelli avviarono lo sfruttamento delle cave di Ceppo Poltragno e Ceppo Brecciola che si trovano in località Poltragno a Pianico, in Val Borlezza. La cava, tuttora coltivata a cielo aperto a gradoni discendenti, produce blocchi da telaio da cui si ricavano lastre e manufatti a misura, secondo le richieste a progetto. La vocazione ideale del Ceppo di Poltragno sono le realizzazioni esterne, soprattutto a rivestimento verticale, che lo rendono un materiale apprezzato e ricercato non solo in ambito locale, ma anche, e soprattutto, a livello internazionale. I mercati di riferimento sono il Nord Europa, tra cui Austria, Germania e Olanda sono i Paesi storicamente più importanti.
Ma che cosa è il ceppo di Poltragno, come si è formato e cosa significa il suo nome?
Nel settore delle pietre ornamentali «ceppo» è un termine tipicamente lombardo: deriva dalla voce dialettale lombarda scèpp o cep, che significa macigno, pietra macigna, pietra con cui si fanno conci per gli edifici.
Da sempre il termine è stato utilizzato per le “giovani” rocce quaternarie che affiorano nell’alta pianura lombarda e che i geologi chiamano conglomerati, cioè rocce costituite da ciottoli fluviali tenacemente legati da cemento naturale. Soprattutto nelle attuali province di Bergamo e Milano, lungo i canyon scavati dai letti fluviali di Adda e Brembo, ma anche di Serio, Lura, Seveso, Tornago e di tanti altri fiumi, si trovano questi depositi, facilmente accessibili e sfruttati come materiali da costruzione fin da tempi molto antichi, grazie anche al vantaggio di poterli trasportare per le vie d’acqua. Uno degli esempi più caratteristici è l’anfiteatro romano di Milano, costruito con blocchi del ceppo che affiorava non lontano dalla città. A Bergamo, invece, il Teatro Donizetti e la costruzione del Cimitero Unico, sono due monumenti dove il Ceppo di Brembate è, contemporaneamente, pietra da costruzione e da decorazione.
Tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo, iniziano ad essere coltivati in maniera organizzata anche altri tipi di rocce, soprattutto nella zona del Lago d’Iseo, pure denominate ceppo per l’affinità di trama. Si tratta di rocce originate dal consolidamento di detriti di frane o di accumuli gravitativi di versante, prevalentemente formatisi in seguito alle fasi glaciali. Dei numerosi siti estrattivi che sfruttavano placche isolate di affioramento, oggi ne rimangono in attività due: Ceppo di Poltragno e Ceppo di Grè. Le cave estraggono due prodotti apparente-mente medesimi ma in realtà differenti.
Il Ceppo di Poltragno è una breccia dolomitica, cioè una roccia costituita prevalentemente da detriti spi-golosi, dolomitici, a cui si aggiungono alcuni ciottoli arrotondati glaciali trasportati per via fluviale, tutti legati da cemento calcareo. Il colore della pietra è grigio caldo e la sua trama è sempre diversa, dominata da una spiccata eterogeneità per la presenza di frammenti di dimensioni estremamente variabili e di porosità anche centimetriche. L’origine di questa roccia è dovuta al consolidamento di un antico detrito di falda, legato ai collassi gravitativi di uno dei versanti del monte Clemo. Un fatto molto curioso, e che potrebbe sembrare inspiegabile, è che quel versante del Monte Clemo oggi non esiste più, perché è stato tutto consumato dai vari episodi di frana. In altre parole, da una montagna crollata e oggi “fantasma” si è formata una pietra solida e tenace, con cui dal secolo scorso costruiamo o rivestiamo edifici.
Un altro fatto molto curioso è il ruolo della porosità, dei “buchi” che traforano la pietra: di primo acchito potrebbero essere considerati dei punti di debolezza e fragilità della pietra. In realtà, si deve proprio alla porosità che si vede ad occhio nudo l’ottima resistenza del Ceppo di Poltragno ai cicli di gelo e disgelo delle stagioni invernali. Si tratta di una caratteristica tecnica fondamentale non solo nei nostri territori, ma soprattutto in Nord Europa, dove infatti il Ceppo di Poltragno è particolarmente apprezzato.
Nel solco di una consolidata tradizione, tra le referenze più recenti, si ricordano, oltre il “vestito” del Palazzo se-de della Regione Lombardia, le sedute e gli elementi di arredo urbano realizzati insieme al Ceppo di Grè per la riqualificazione del Centro Piacentiniano, oltre al recente ampliamento del palazzo del Teatro Donizetti, il cui fronte su viale Papa Giovanni XXIII è rivestito con lastre di Ceppo di Poltragno.