Quando si parla di astronomia, si entra in un universo di meraviglie e curiosità. Per dipanare la nebbia che ci separa dalla comprensione di ciò che vediamo, abbiamo chiamato Davide Dal Prato, direttore della «Torre del Sole», il centro astronomico di Brembate di Sopra, che con passione ed esperienza ci ha accompagnato in un viaggio affascinante tra pianeti, stelle e Universo profondo. In questa intervista ci racconta come è nata la sua vocazione, il ruolo che il cielo ha sempre avuto nella storia dell’uomo, le grandi domande dell’astronomia moderna e le sfide di un universo in continua espansione.
AL: Alla Torre del Sole offrite attività per gli studenti. Lei com’era da studente? Si è sempre immaginato con la testa tra le stelle? C’è stato un momento in cui si è reso conto di non poter più stare lontano dal fascino di questo mondo?
DDP: Ricordo come fosse ieri quando ho avuto il primo imprinting: ero un bimbo di 4 anni e stavo guardando un telefilm con due ragazzini che di notte si sono ritrovati sotto l’osservatorio di Monte Palomar, in America, tanto grande da sembrare un’astronave. Ad un certo punto il telescopio al suo interno punta verso le stelle e in quel momento ho sentito come un giavellotto in mezzo al petto, un’attrazione paurosa verso le cose del cielo. Poi le cose sono decollate, un po’ grazie a papà che aveva in casa un binocolo, un po’ grazie a tutti i libri con cui ho riempito casa negli anni. Sono diventato il Presidente del Circolo Astrofili Bergamaschi con cui abbiamo costruito un sogno, il primo osservatorio a Ganda di Aviatico e abbiamo diffuso la cultura astronomica per dare opportunità alle persone di accostarsi al cielo. Quando a Brembate si doveva decidere il futuro della torre dell’acqua è venuta fuor questa idea di trasformarla in un centro astronomico, e dopo due anni di progettazione e cantieri è nata la Torre del Sole.
AL: Per lei sono stati rivelatori, ma il cielo e la luna sono veri e propri consulenti “intimi” per molte persone, sono protagonisti di canzoni e poesie, di preghiere e sogni. Ma come ci parlano?
DDP: Con la bellezza. Perché è tutto magicamente bello: il tramonto del Sole, il sorgere della Luna, spazi e fenomeni grandiosi, il silenzio della notte… È affascinante e magico, c’è poesia ovunque nell’Universo. E possiamo ampliare queste sensazioni, per esempio guardando la luna con un telescopio, o passeggiare in un bosco la notte e vedere un’infinità di stelle così lontane sopra di noi. Per esempio, quando faccio serate di osservazione e sento i campanili lontani, vengo riportato su questo pianeta, ma nell’Universo c’è una meraviglia infinita. Se ci allontaniamo dalle zone con più inquinamento luminoso, la magia esplode letteralmente e si rimane con gli occhi spalancati. Poi, pensate a tutte le fiabe, le canzoni, i racconti, i quadri, con oggetto la Luna: tutto ciò che appartiene al cielo l’abbiamo sempre visto come nostro, come trampolino per raggiungere anche la divinità. Ci sono molti modi per rivolgersi al cielo e sono uno più interessante dell’altro.
AL: Esiste vita al di là del nostro pianeta?
DDP: Questo Universo è talmente grande che ci offre talmente tante possibilità che statisticamente è possibile. Abbiamo scoperto di vivere in un contesto banale: tutte le stelle nascono nello stesso modo, come i pianeti (conseguenza delle formazioni stellari), come noi. Abbiamo scoperto che ogni stella ha i propri pianeti (gli esopianeti), e solo nella nostra galassia, la Via Lattea, ci sono circa 20 miliardi di potenziali pianeti abitabili. Un numero stratosferico. Quindi, se per “vita” intendiamo altre forme di biologia e biochimica, questo numero si moltiplica per sé stesso e si fa quasi fatica a leggere. Se consideriamo che conosciamo 2000 miliardi di galassie allora capiamo che la possibilità che esistano altre forme di vita diventa una certezza. Il fatto che non l’abbiamo ancora trovata è dato da difficoltà oggettive come pianeti piccolissimi e a distanze paurose. Già nel nostro Sistema Solare, però, ci siamo andati vicini! Marte potrebbe aver avuto la vita, sotto i ghiacci di Europa (un satellite di Giove), probabilmente c’è vita. Quindi la vita, in sé, è una cosa “comune”. Vi dico una cosa da brividi: noi esseri umani siamo fatti per la maggior parte di acqua, cioè idrogeno e ossigeno, e di carbonio. Quindi abbiamo 3 dei 4 principali ingredienti dell’Universo. Noi non siamo fatti di materiale speciale, o divino, siamo fatti di “materia banale”.
AL: L’inizio del 2025 vede un evento molto speciale, cioè l’allineamento dei pianeti del Sistema Solare. Perché è così straordinario? Come lo potremo osservare?
DDP: In realtà dobbiamo fare attenzione, non è proprio così. È una “sparata” di quei giornali che devono fare storie, un po’ come quando si sente “la luna grossa”, o “la luna vicina”, o “la luna blu”. La realtà è che, molto semplicemente, i pianeti sono 8 palline che girano a distanze e velocità diverse attorno al Sole, ed è chiaro che prima o poi, in base al punto d’osservazione e alla prospettiva, si possano trovare “tutti dalla stessa parte”. Quindi dire che sono allineati non è corretto. È un po’ come quando vengono schierati i giocatori sui campi da calcio e li vedessimo ben distribuiti davanti a noi.
AL: Perché guardare al di là dell’atmosfera ci può aiutare a capire qualcosa di più sulla Terra? Penso sia un “cambio di prospettiva” enorme, sarà anche spunto di grandi riflessioni?
DDP: Dalla Terra, guardare all’esterno ci permette di capire tanto su noi stessi: dove siamo arrivati, da dove veniamo, come è nata la vita… Non sapevamo com’è nata la Terra? Abbiamo visto come nascono altre Terre. Stessa cosa con il Sole. Noi una volta eravamo spettatori del cielo, lo osservavamo senza conoscerne i meccanismi. Ora invece abbiamo capito che non solo c’è somiglianza, ma c’è un vero e proprio grado di parentela tra di noi! Quella canzone che dice «siamo figli delle stelle» è pura verità: noi, i pianeti e le stelle siamo fatti degli stessi atomi, siamo il prodotto di un’immensa quantità di fenomeni avvenuti prima di noi. Il ferro nel nostro sangue deriva direttamente dall’esplosione delle supernove, il Sole stesso è nato da cocci di altre stelle. Non siamo spettatori, ma attori protagonisti in questo cinema, ed è veramente profondo.
Un’altra cosa profonda è, al contrario, essere al di fuori e guardare verso il nostro pianeta. Come fece l’astronauta Michael Collins, che in missione sull’Apollo 11 non scese sul terreno lunare, ma rimase in orbita e scattò una foto dalla Luna alla Terra che sarebbe diventata famosissima, la più importante di tutta l’umanità. Ci ha fatto capire che noi tutti, con tutti i nostri problemi che ci portiamo dietro, siamo sulla stessa pallina nel Sistema Solare. Dove l’aria non è infinita, l’acqua non è infinita, e nemmeno le materie prime usate da quelle industrie che vogliono raddoppiare, triplicare la produzione per guadagnare di più. Ci ha reso coscienti di essere limitati e di dover rispettare il mondo in cui stiamo, è un messaggio che è fondamentale trasmettere, soprattutto ai ragazzi. Se ci pensate, gli squali sono qui da 900 milioni di anni. Noi da 200 mila, e abbiamo già fatto abbastanza danni.
AL: Ha un oggetto celeste preferito? Se sì, quale e perché?
DDP: Sì, la nebulosa planetaria M57. Ha dei colori fantastici come un arcobaleno e mi ricorda tanto un anello. Per noi un anello è un segno bellissimo perché rappresenta un legame, quindi quando vedo questa nebulosa al telescopio mi emoziona molto.
AL: Perché Marte suscita così tanto interesse negli ultimi anni, tanto da diventare un nuovo obiettivo di spedizioni astronomiche?
DDP: Tutto si ricollega alla ricerca della vita nello spazio. Poiché un sinonimo di “alieno” è “marziano”, noi abbiamo sempre immaginato che Marte possa essere il pianeta che abbia ospitato la vita o che la ospiti tutt’ora. Poi ha alcune somiglianze con la Terra: gira in 24 ore e 37 minuti, quindi ha una rotazione simile alla nostra, le stagioni sono simili alle nostre (con un’estate di 20 piacevolissimi gradi), perché l’inclinazione assiale è simile alla nostra, e in passato aveva delle calotte glaciali che si espandevano d’inverno e ritiravano d’estate. Per questo abbiamo concentrato tante risorse e inviato delle flotte di robot e sonde: vogliamo sapere se su Marte ci sia anche solo qualcosa di semplice. Certo, i leoni e i cani magari no, ma se anche ci fossero state meduse nei suoi mari, o plancton, vermicelli, muffe, esseri unicellulari… sarebbero forme di vita importantissime. Perché se in un piccolo angolo di cielo in cui ci troviamo, sia su Terra sia su Marte c’è vita, allora vuol dire che questa non è altro che la conseguenza di un’organizzazione logistica di cose: un pianeta, un po’ di luce e calore da una stella, e la disponibilità di acqua.
AL: Ci sono idee, luoghi comuni, o credenze sull’astronomia che nonostante siano completamente sbagliate trovano comunque seguito e supporto?
DDP: Be’, basti pensare all’astrologia. Nelle civiltà in cui le stelle erano viste come inarrivabili, ci proteggevano e prescrivevano la vita, aveva una ragion d’essere. Gli uomini avevano costruito torri altissime per prenderle, ma non ci sono mai riusciti. Quando poi abbiamo cominciato a capire di più, ci siamo allontanati da questo credo, ma ancora oggi tutto ciò che deve far illudere, spaventare o ragionare, arriva dal cielo: gli alieni, la fine del mondo, i Maya, tutte queste cose. Quando noi ci allontaniamo dalla procedura scientifica ci lasciamo prendere da credenze, paure, e cose che non stanno né in cielo né in Terra.
AL: Qual è, se esiste, l’associazione tra i grandi fenomeni astrali e i fenomeni “straordinari” che vengono riportati con grande clamore dalla stampa? Suscitano fascino e interesse, oggi come nelle popolazioni più antiche, perché pare che possano rispondere a domande di senso. Ma quanto c’è di vero in tutto ciò?
DDP: Basta pensare a mia nonna. Quando nel 1986 è passata la cometa di Halley, mi chiamò e mi disse: «Mi raccomando Davide, non guardarla eh, che porta sfortuna!». Ma questa cometa passa una volta nella vita di un uomo, se non la vedo adesso, non la vedo più! Ci sono delle cose radicate nell’uomo che ci trasciniamo nel tempo che sono sempre imputabili alla non-conoscenza, un retaggio di fenomeni un pochino extra-ordinari che nei secoli venne interpretato come il segno di qualcosa, anche se il più delle volte non era niente. Gli antichi, quando vedevano un’eclissi di sole, temevano si stesse spegnendo e s’impaurivano. Oggi invece si indossano apposta degli occhiali per vederla. Un’aurora boreale, e subito «ah, gli dei sono arrabbiati con noi», quando ora c’è chi raggiunge la Lapponia solo per vederle. Anzi, è proprio per questo che sono nate le costellazioni: quando vennero disegnate, e facevano vedere nel cielo giganti, principesse, eroi, animali, gli uomini videro qualcosa di più umano e più vicino nelle stelle, e lì cominciarono a studiarle. Un po’ come i bimbi piccoli che hanno bisogno della lucina accesa per rompere lo spaventoso buio della loro cameretta di notte.
AL: Cosa non possiamo non sapere guardando il cielo stellato?
DDP: Dipende un po’ dai vari livelli di interesse e da quanto ognuno vuole “diventare amico del cielo”. Il livello di base può essere quello del nostro vicino di casa che esce, alza il naso al cielo, e se non piove porta fuori il cane. Il secondo livello è apprezzare la lentezza e la maestosità di tutte quelle cose nel cielo che richiedono tempo. Per esempio, in queste sere Venere è un faro, si vede benissimo, ma ricordiamoci che è un movimento continuo: di sera in sera si sposta di un dito in cielo, ed è parte di quel meccanismo meraviglioso che è il Sistema Solare. Un altro livello ancora è saper individuare, per esempio, la Stella Polare. Attenzione, non è quella più luminosa, non è quella più vicina, ma è quella che ci può aprire un mondo e far orientare, capire che ore sono, dove sono Nord e Sud. Il cielo è stato, se ci pensiamo, il nostro primo insegnante come esseri umani: ci dettava i tempi delle semine, delle vendemmie, dalla cultura agricola a quella marina. Oggi c’è un’app per tutto, quindi questo contatto col cielo un po’ è stato perso. (Ndr, In effetti è vero, anche mio nonno aspetta una certa Luna per seminare i pomodori nell’orto in primavera).
AL: Quali sono le sfide dell’astronomia nel presente e nel prossimo futuro?
DDP: Ce ne sono una più stimolante dell’altra. Tra quelle tecnologiche sicuramente c’è l’idea di tornare sulla Luna (e Elon Musk si sta tirando matto per questo), ma anche quella di arrivare su Marte che c’è sin da quando ero bambino. Tra le sfide della conoscenza, invece, vorremmo sapere cosa ha dato origine all’Universo: il Big Bang c’è stato davvero? Riusciremo ad andare così lontano nello spazio coi telescopi, per tornare così indietro nel tempo da vedere le prime immagini di un universo neonato? Siamo soli nell’universo? E dove stiamo andando a finire, in questo universo in espansione? Si dice che il Big Bang sia avvenuto 13.7 miliardi di anni fa, quindi se raggiungessimo quella distanza riusciremmo a vedere i primi vagiti dell’Universo. È tutto una grande e meravigliosa sfida.
AL: Ci sono ambiti delle STEM (Scienze, Tecnologia, Ingegneria e Matematica) in cui la composizione di genere è nettamente sbilanciata. Cosa sa dirci relativamente a ciò nell’ambito astronomico e dello studio dello spazio?
DDP: Questo dipende dal campione che consideriamo. A livello italiano noi siamo sempre stati conservatori e tradizionalisti, quindi come astronoma c’era Margherita Hack e basta. Se poi noi ampliamo il nostro campo visivo e pensiamo all’America, un ambiente più evoluto da più punti di vista e dove la scienza è più frizzante e progredita, sono incredibilmente tante le donne che lavorano, e dove progettano i telescopi spaziali buona parte delle ingegnere sono donne, quindi è un problema ampiamente superato.
AL: Quali sono i prossimi appuntamenti alla Torre del Sole che non possiamo assolutamente perderci?
DDP: Ci sono sempre offerte per approcciarsi al cielo ed entrarci in contatto: tutti i sabati sera si può venire alla Torre del Sole per guardare il cielo con il telescopio. È un momento bellissimo, in cui noi riusciamo ad andare al di là delle semplici nozioni che potrebbe trovare chiunque su internet. L’obiettivo è di contagiarvi, di convincervi che esiste anche una bellezza superiore che basta alzare gli occhi in una notte buia ed è tutta lì. E, questo, internet non ve lo insegna. Ricordo che durante una sera galileiana dedicata a Giove c’era una ragazza che l’indomani sarebbe andata a iscriversi a Medicina a Milano. Le sono bastate due ore per rimanere travolta dalla bellezza della materia che ha deciso che sarebbe diventata la sua vita, quindi sì, si è iscritta in Università il giorno dopo, ma ad astronomia! Dopo la laurea è andata in America a lavorare e ancora adesso ci sentiamo per gli auguri di Natale…
AL: Vorrebbe aggiungere qualcos’altro per i lettori e le lettrici di Eppen?
DDP: Siamo in un periodo in cui siamo travolti dalle notizie e dai titoloni, quindi è fondamentale riuscire a distinguere la “balla colossale” dalla notizia vera. Succede tantissime volte che i ragazzini ci dicono «l’ho letto in Internet», come fosse una Bibbia. In realtà, Internet è un contenitore, quindi ci si può trovare di tutto. Il problema è che chi legge non sempre ha i mezzi e le conoscenze per capire se sia vero o meno. Altri, invece, si trovano a proprio agio nel sentirsi complottisti e irrazionali, anche nelle spiegazioni più razionali per gli avvenimenti più semplici. Bisogna tenere la porta aperta alla vera verità, anche se non è quella più romantica, più sensazionale o più emotiva.