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Ufo Blu: questa è musica uscita… domani

Intervista. Jazz, r&b, future-pop ed elettronica: oggi esce “OKOK, SE SOLO FOSSE NOTTE”, l’ep di esordio del quartetto bergamasco assolutamente da tenere d’occhio. Domani sera live di presentazione del disco a Edoné

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Loro sono gli Ufo Blu, quattro ragazzi di Bergamo per uno dei progetti musicali più freschi, validi e interessanti che ci siano in giro (e con “in giro” intendiamo tutta Italia). Oggi esce il loro ep di esordio per Futura Dischi: cinque brani che ci portano dritti al centro della loro particolarissima proposta. Parliamo di un pop molto ricercato, in cui convivono sfoglie r&b e umori jazz, scampoli elettronici e una patina DIY che paradossalmente non ha nulla di casereccio. È musica con un piede ben saldo nella scarpa della tradizione black (e non solo) e l’altro infilato oltre la soglia di un qualcosa che sia attualissimo e artisticamente vivo, e non “solo” bello da ascoltare.

Abbiamo raggiunto Yuri (voce e chitarra), Marco (batteria), Sebastiano (chitarra e tastiere) e Lorenzo (basso) per una bella chiacchierata in cui abbiamo approfondito tante cose: dalla nascita del progetto alle loro influenze, dal sodalizio artistico con gli ISIDE alle storie dietro a questo disco.

LR: Come vi siete conosciuti e come è nato il progetto Ufo Blu?

M: Ci siamo conosciuti suonando, tra una jam session e l’altra presso il nostro istituto superiore (Liceo Mascheroni). C’erano queste cogestioni in cui ci si divertiva un po’ a caso: in quinta, poco prima della maturità, ci siamo detti “facciamo qualcosa di più serio e organizzato”. Yuri e Sebastiano avevano un po’ di canzoni e le abbiamo sviluppate. Il primo anno è stato di scrittura e assestamento, per capire insieme cosa volessimo fare esattamente.
Y:
Siamo Ufo Blu dal settembre 2018. Abbiamo iniziato a prenderci un po’ più sul serio quando abbiamo cominciato l’università.

LR: Che formazione avete musicalmente?

M: Io ho fatto veramente un po’ di tutto: sono passato dal suonare cover a un periodo metal un po’ oscuro, ho studiato batteria per tanto tempo… poi a un certo punto io e Sebastiano ci siamo affacciati al mondo jazz e ci siamo messi a studiarlo in modo congiunto. Così abbiamo elaborato questo sound che guarda al passato ma sempre tenendo presente che siamo nel 2021 e non ha senso suonare le stesse cose. All’inizio veniva una cosa un po’ “piano-bar”, poi si è evoluta e ci abbiamo messo più elettronica, poi un po’ di pop.
Y: Volendo un po’ tirare le somme, Marco e Sebastiano hanno un forte imprinting jazz derivante dai loro ultimi studi, mentre Lorenzo sa suonare tutto (anche se con noi suona il basso) e io invece sono quello meno “studiato”: mi sono sempre arrangiato e ho colmato la lacuna scrivendo i testi e le parti di chitarra che mi riguardano.

LR: A livello di ascolti cosa vi piace e cosa vi ha influenzato?

M: C’è stato un periodo, soprattutto per il primo singolo “Salvia”, in cui ascoltavamo molto Daniel Caesar; quindi r&b per definizione. Lui ha una voce incredibile ma quello che ci ha colpito è stato anzitutto il lavoro a livello di atmosfere.
Y: Un altro progetto che ci ha influenzato molto, anche se non c’entrano con l’r&b, sono The 1975. Di recente invece Dijon: anche lui ha un tiro molto r&b ma che si discosta dall’r&b classico, oppure Mk.gee (che infatti ha prodotto diversi brani di Dijon). Poi secondo me vale la pena di citare Puma Blue.
M: Quella vena jazz di cui parlavamo ma rivista negli anni ’20 del Duemila, per noi è Puma Blue.

LR: Anche voi siete a metà tra questa doppia veste fatta di tradizione da una parte e robe più fresche, quasi future-pop, dall’altra.

M: Questa componente arriva sicuramente dal contributo degli ISIDE, che ci danno una mano in produzione. Loro sanno mettere le mani molto più di noi in tutte quelle cose più elettroniche che rendono il nostro stile più moderno.
Y: Loro sono tecnicamente molto più competenti, e parlo di Giorgio e Daniele alle produzioni e Dario al mixaggio. Quindi è tutto made in Bergamo in questo senso. Una cosa che dico spesso è che noi suoniamo molto le chitarre, ma ci piace che una chitarra non suoni esattamente come una chitarra. Ci piace modificarle, giocarci. Le distorciamo, le filtriamo, le roviniamo un po’. Anche per tutto quello che riguarda tastiere e sintetizzatori, con Giorgio troviamo il nostro parco giochi. Con loro ci troviamo bene perché abbiamo anche una forte affinità artistica.

LR: A proposito di ISIDE: voi siete parte di un parco artisti bergamaschi simili non tanto come proposta quanto come attitudine. Fate cose fresche, attuali e fatte bene: voi, gli ISIDE appunto, ma anche i Low Polygon, i Vanarin e tanti altri. Quanto vi sentite parte di una “scena”, anche se la parola può non essere troppo calzante?

M: Bergamo ultimamente è molto produttiva, e ci sentiamo parte di questa cosa. Ci piace far vedere che siamo di Bergamo più che in passato. Una volta si teneva a mostrare di essere del nord-Italia, vicino a Milano. Adesso invece è bello essere un pochino più speciali.
Y: Tant’è che anche a livello comunicativo le immagini che accompagneranno l’ep in uscita sono state tutte scattate in Bergamo Alta. Nell’ultimo anno o due Bergamo si è molto data da fare e come hai detto tu sono proposte fresche, non sono rifacimenti di cose. Vivono nel presente.
M: Uno dei motivi è che c’è un bel giro di artisti che girano e di locali che li supportano. Noi abbiamo fatto Nuovi Suoni Live e ci ha aiutato a iniziare un percorso: è stato il nostro primo live e abbiamo conosciuto gli ISIDE. Bergamo dà le sue possibilità ai suoi artisti, se crede che siano validi e possano crescere.

LR: Se ripenso a quattro-cinque anni fa eravamo ancora saldamente sotto quell’ombrello di provincialismo per cui ci si sentiva sempre i cugini sfigati di Milano, o anche solo Brescia. Ora invece mi parlate di una rete che lavora in sinergia.

M: Quest’estate ad esempio abbiamo avuto l’occasione di partecipare agli eventi live al Piazzale degli Alpini, che ha ospitato molti live interessanti, da Venerus ai Coma Cose. Artisti che magari per conto loro non sarebbero passati da Bergamo.
LR: Veniamo al disco: come nasce questo esordio?
Y: L’ep si chiama “Okok, se solo fosse notte”. Il titolo nasce per vari motivi: “okok” è un gioco legato al fatto che per un periodo ci è capitato troppo spesso di sentirci dire “okok”; “se solo fosse” invece rimanda a un senso di incertezza, e la “notte” è perché tutto il disco si muove in una dimensione notturna, sia a livello di suono che soprattutto di testi. Ci sono frequenti riferimenti alla luna, alle notti, ai sogni, al sonno o all’insonnia, pure ai vampiri. I brani sono cinque, con testi scritti da me ma musicati da tutti e quattro.

LR: Raccontateceli.

Y: “Salvia” è il racconto dell’apatia che a volte può capitare di vivere, è un affondo dentro sé stessi cercando di capire da dove venga questo problema; “Buffy” vuole raccontare la situazione per cui in una relazione ci si possa trovare un po’ in svantaggio rispetto al proprio partner; “Gemelli” è il brano più giocoso, che gira intorno al concetto di oroscopo e al crederci/non crederci. Questi tre sono brani già condivisi. Poi ci sono i due inediti: “Miele” è una cosa molto intima che ho scritto per una persona in particolare, possiamo dire che è una canzone d’amore in senso stretto per quanto particolare, trattandosi di un amore a distanza; “Cagionevole” invece racconta il fatto di sentirsi un po’ stanchi della vita a volte, ma volersi comunque dare un tono e riprendere in mano le cose.

LR: E per quanto riguarda i suoni?

M: L’ep è nato molto tempo fa, circa due o tre anni, anche se l’abbiamo affrontato in modo più serio negli ultimi nove mesi circa. L’atmosfera che abbiamo voluto creare con i suoni parte sempre dai testi. Questa è una costante per noi, non ci capita mai di scrivere prima la musica per poi pensare al testo. Il suono rispecchia lo stato d’animo del testo e l’intenzione che ha. In tutti i pezzi usiamo sia strumenti analogici che software.
Y: Le due cose vanno a braccetto: spesso magari partiamo dal suono di una chitarra o di una tastiera che poi però vengono processati e lavorati in un secondo momento. L’idea è comunque provare sempre a suonare freschi, che la gente si accorga ascoltandoci che questo è un pezzo uscito… domani.

LR: Ora siete pronti per portare il disco live…

Y: Suoneremo questo sabato (27 novembre, ndr) all’Edonè. Poi vorremmo vedere se ci sarà modo di portarlo anche fuori Bergamo
M: Siamo stati a Milano a settembre e in Liguria a fine ottobre, ci siamo divertiti.

LR: Come suonate live dei pezzi così trattati in studio?

M: Suoniamo enfatizzando la nostra dimensione di band, ci mettiamo un po’ più a nudo. Quindi anche la batteria, che magari nel disco è campionata, tendo a suonarla acustica.
Y: Comunque anche sul palco abbiamo il supporto del computer, che è sempre presente. È una cosa che ci consente di avere molte sfumature in più.
S: Per chitarre e basso usiamo anche molte pedaliere: sono strumenti che usiamo anche in studio e riportiamo poi sul palco per suonare comunque “fedeli”.

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