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Tizle e Mate Koss: a Bergamo non c’è una vera scena hip hop e noi vogliamo fare quello che ci piace a modo nostro

Intervista. In occasione del loro secondo disco abbiamo intervistato i due musicisti bergamaschi, rispettivamente rapper e producer. Ecco come hanno provato a portare un po’ di New York a Bergamo, alla loro maniera

Lettura 6 min.
Tizle e Mate Koss

Ad ottobre è uscito “33”, secondo album collaborativo tra il rapper Tizle e il producer Mate Koss. Li abbiamo raggiunti per una bella chiacchierata sul loro progetto, sul nuovo disco e sulla scena hip hop bergamasca.

LR: Ciao ragazzi, cominciamo dall’inizio: come vi siete conosciuti?

MK: Ci siamo conosciuti alle serate hip hop Sabotage, poi a causa di una mia fissazione per lui ho iniziato a molestarlo, scrivendogli qua e là qualche proposta. Questo fino all’anno scorso, quando abbiamo provato a fare la prima cosa insieme. È una “relazione” abbastanza fresca e giovane, ma abbiamo già fatto un bel po’ di progetti. Siamo a due album insieme, quindi diciamo che ha fruttato.

TI: La prima volta che Nico mi ha mandato dei beat ho risposto a un’altra persona (ride, ndr). Io ho sempre fatto il vocalist a quelle serate, poi c’è stato un cambio generazionale: Nicola è del ’95, io sono dell’87. Quindi quando io stavo smettendo di fare il vocalist, lui iniziava a fare il dj. Lui mi ha chiesto di collaborare, e io gli ho risposto di mandarmi dei beat. Mi è arrivato un Drive da 500 beat, con cose davvero fighe. Ho provato a scriverci un po’ sopra, ed eccoci qua. Il primo pezzo che abbiamo registrato è stato “Comodo”, poi “Cuore Arancione”, poi il disco “Consumazione Omaggio”. La cosa è stata molto veloce perché Nico non è proprio l’ultimo arrivato nel mondo della musica, per dire ha anche uno studio a casa, io avevo le barre e quindi registrare è stato immediato.

LR: Singolarmente da quanto fate musica?

MK: Io ho iniziato a produrre e suonare verso i 17 anni, come dj ai vari school party e come producer electro-house. Ho avuto anche diverse soddisfazioni, suonando in diverse serate a Milano, a Reggio Emilia, a un festival in Austria. Poi avendo una cricca di amici che rappavano è stato naturale buttarmi sull’hip hop.

TI: Io sono un po’ più di vecchia data, ho fatto un primo mixtape nel 2010. Avevo già 23 anni, quindi un po’ tardi per i canoni odierni, ma ero già nel mondo hip hop da un bel po’. Faccio graffiti da anni, e venendo da quell’ambiente e da quegli anni beh, c’era tutto un altro peso anche “morale” sul fare hip hop molto diverso rispetto a oggi. Dovevi essere parte di un collettivo, politicamente schierato, quindi sono sempre stato un po’ restio nell’approcciarmi alla musica. Poi nel 2010 grazie a un’amicizia con Retraz, penso il produttore più importante di Bergamo, abbiamo fatto un mixtape. S’intitolava “1.27”, il tasso alcolico del mio ritiro patente, giusto per dirti la serietà della cosa. Copiavamo un po’ i Dipset e tutta quella scena newyorkese lì. Da lì mi sono preso bene ed è partito tutto il discorso della musica, ho fatto circa un mixtape o un EP all’anno.

LR: Perché “33”?

TI: Sono gli anni che ho appena compiuto, e anche quelli di Cristo. Poi nella cabala è un numero che richiama la perfezione, legato ai massoni, tutto il mondo di magia che circonda il numero tre. In realtà non avevamo la minima idea di come chiamare il progetto.

LR: È un disco bello dritto, così come lo era “Consumazione Omaggio”: pochi pezzi, zero interludi, skit, ecc, niente strizzate d’occhio al formato playlist di Spotify. Come mai?

TI: Praticamente tutto l’album è stato registrato a luglio. Io non sono assolutamente in grado di scrivere una canzone: scrivo le mie barre ma non ho la capacità di strutturare un ritornello o un beat. Il che da un lato è una cosa positiva, dall’altro un grosso limite. In questo secondo lavoro ho voluto fare delle tracce che fossero anzitutto sincere e ciascuna con un’idea sviluppata dall’inizio alla fine. Avevamo anche altre tracce, ma abbiamo deciso di non metterle nell’album perché non rispecchiavano questa scelta.

MK: Ultimamente escono album da oltre 20 tracce. È una cosa che secondo me rischia di far perdere di significato la singola traccia, il singolo verso.

LR: Domanda personale per Marco (Tizle): il testo che mi è rimasto di più è stato senz’altro “Oh Mama”, dove riesci a restituire alla perfezione l’amore fatto di non detti che spesso si ha con i genitori. I tuoi hanno poi sentito il pezzo?

TI: Mia madre l’ha sentito. Gliel’ho linkato su YouTube, ed è stata molto contenta. Mi ha fatto un po’ sorridere il fatto che dopo un paio di giorni che gliel’avevo mandato mi abbia chiesto “ma sei tu che canti?”. Poi sì, il pezzo parla di quello che hai detto tu. È una cosa che riesci a comprendere solo dopo un determinato percorso: quando cresci arriva un momento in cui i tuoi genitori passano dall’essere supereroi a persone normali, e allora ti viene da provare a essere tu un po’ supereroe per loro. Io non sono mai stato molto bravo con le parole dette alle persone, ma stavolta ho provato a fare del mio meglio.

LR: Domanda per Nico (Mate Koss): produttivamente il disco è bello fresco, nel senso che riesce a essere sia attuale che molto classico per suoni e piglio. Puoi spiegarci un po’ come ti sei mosso per la produzione (campionamenti, cosa avevi in mente, ecc, a ruota libera)?

MK: Siamo partiti volendoci ispirare alla scena grime di New York, infatti anche la copertina guarda lì. Trap ce n’è poca, diciamo solo in due tracce di cui una (quella con Anima Flacko) in realtà è più che altro drill. Ho campionato soprattutto roba americana classica, ad esempio dall’album di Jay-Z e Kanye. Le collaborazioni poi sono poche e molto fresche, qualche artista che ci piaceva e stimavamo, la mia ragazza in “Giro”. Poi a livello di testi abbiamo cercato di non parlare sempre delle solite cose, droga, soldi, sesso, eccetera.

LR: Marco, so che tu sei molto fan del giro Griselda: Conway, Benny e compagnia.

TI: Sì esatto, infatti inizialmente dissi a Nico “ok, copiamo Griselda e faccio il Westside Gunn italiano”. Io in generale sono super fan di NY, già ai tempi di Biggie e Tupac per me Pac era inesistente rispetto a Biggie. Il fatto che oggi sia ritornato quel tipo di sound, quella batteria secca, addirittura loro mettono solo i campioni e non fanno nemmeno partire la batteria, tutta quella roba lì mi ha stregato e volevo fare quello. Poi in realtà non sarebbe stato corretto, perché né io né lui abbiamo nell’indole quelle cose, e alla fine abbiamo scelto una via di mezzo. Non abbiamo voluto fare una paraculata solo di hip hop classico, perché sarebbe stato troppo pesante. Ma abbiamo voluto fare qualcosa che restasse: perché quei suoni lì à la Wu-Tang sono immortali, e abbiamo cercato di trasportarli in quello che siamo noi.

LR: Griselda a parte cosa vi ascoltate, cosa vi piace?

TI: Per quanto riguarda la scena americana io sono NY per sempre, dalle cose più mainstream (di allora) come 50 Cent e G-Unit a robe più underground tipo Diplomats. Sono cresciuto moltissimo con i mixtape di Vado, un artista che ho sempre copiato, Fred the Godson, quell’ambito lì. Detto questo, che è il mio background, mi ascolto di tutto: sono super fan di SCH, Sofiane e tutta la trap francese, in Italia dagli FSK fino a Gué Pequeno e ogni tanto mi riascolto i Sangue Misto. Cerco di non avere chiusure, l’importante è che chi fa una certa musica sia credibile in quello che sta facendo.

MK: Io per esigenze lavorative da dj mi ascolto un po’ di tutto, e anch’io come Marco cerco di non avere chiusure mentali. Sento anche Calcutta quando sono triste, FSK quando sono gasato, roba americana tra mainstream e underground… Anche perché io nasco metallaro, suonavo la chitarra da ragazzo, quindi mi piace ascoltarmi anche un pezzo di Ozzy Osbourne o dei Mötley Crüe. Cerco di non precludermi nulla.

LR: Come vedete l’hip hop a Bergamo?

TI: Io sono molto contento delle nuove generazioni. Hanno portato una musica che prima era di nicchia sulla bocca di tutti in modo molto trasversale. Poi se tu sei parte di un movimento che per definizione dovrebbe essere libero, ma per farne parte devi avere determinate caratteristiche, sei il primo a diventare un controsenso. Quindi sono molto contento che ci siano dei ragazzi che fanno musica sbattendosene i coglioni della pesantezza dell’hip hop. Detto questo: da leggende mie personali come Joe Cagliostro fino a ragazzi giovani come Anima Flacko, è una scena molto frastagliata. Anzi, è una scena che non esiste. Ti faccio un esempio: la scorsa settimana è uscito un disco della scena marsigliese, gente che si è odiata e accoltellata a vicenda, ma hanno fatto un album insieme per la città. Una cosa che da noi non esiste. Perché ci sono quelli ancora vecchia scuola che seguono un movimento più politicizzato, di mezzo c’è un salto generazionale enorme e dall’altra parte ci sono i ragazzini che trappano. È pieno di artisti validi ma non è una scena coesa e non lo è mai stata, in nessun ambito riguardante l’hip hop (neanche per i graffiti). Le nuove generazioni, non avendo questo bagaglio sulle spalle riescono a fare musica in modo molto più snello.

MK: In passato anch’io ho provato a costruire qualcosa, avevamo un gruppetto di amici e abbiamo aperto a Dani Faiv, ad Axos, per dire due nomi. Però manca un gruppo che aiuti a creare un’identità che a Bergamo manca.

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