Il panorama jazzistico bergamasco è fra i più vividi del nostro Paese, fra grandi nomi storici come Gianluigi Trovesi, musicisti che hanno fatto il jazz bergamasco negli ultimi venti-trent’anni e nuove leve a cui non manca freschezza e voglia di sperimentare. Il centro della stagione jazzistica bergamasca è il «Bergamo Jazz Festival», che ogni anno porta in città – al Donizetti ma anche in altre location suggestive – il meglio del jazz internazionale, con un’attitudine alle deviazioni verso altri lidi che raccoglie anche il pubblico meno ortodosso. Non va inoltre dimenticata l’esperienza del «Jazz Club Bergamo» e quella di alcuni locali (Edoné, Dieci10, Ink Club etc.) che con periodicità differenti danno spazio alla musica d’improvvisazione.
Archiviata ormai da qualche anno la bella esperienza di «Clusone Jazz», è la provincia a dover rispondere oggi ai fermenti cittadini. Ed è una gran bella notizia che torni – per la sua terza edizione, l’ultima nel 2020 – «Ponte In Jazz» a Ponte San Pietro, organizzata dal Comune di Ponte San Pietro, con il contributo di B.I.M. (Consorzio Bacino Imbrifero Montano di Bergamo) e Vitali Spa. Rassegna dedicata quest’anno al pianista e didatta Giovanni Fugazza, scomparso nel 2005 e per molto tempo insegnante delle scuole medie del paese.
Tre concerti (il 16, 23 e 30 settembre) sotto la regia di Roberto Valentino, ufficio stampa e assistente alla direzione artistica del festival cittadino, che senza coinvolgere grandi nomi internazionali propone un trittico di serate con jazzisti affermati a livello nazionale: gustose, non prive di sorprese e ottime anche per chi vuole addentrarsi in questo genere sempre più proteiforme e, lasciatecelo dire, divertente (cosa non secondaria, i concerti sono ad accesso gratuito, con prenotazione).
«La ricerca di un’identità personale nel rispetto delle radici di una musica considerata patrimonio universale dell’umanità», come recita il comunicato stampa di presentazione della rassegna, accomuna i tre progetti coinvolti, ciascuno con un’identità differente e caratterizzati da «modi diversi di intendere il jazz». Gli appuntamenti, tutti previsti per le 21, si svolgeranno presso il Centro Polifunzionale «UFO» (via Legionari in Polonia).
Venerdì 16: GoGo Ducks
Come già annunciato, si comincia venerdì 16 settembre: sul palco GoGo Ducks, terzetto strumentale dalla formazione particolare: i giovani Francesca Remigi alla batteria, Luca Zennaro alla chitarra e Paolo Peruzzi al vibrafono in un repertorio di brani dalle sonorità contemporanee, «alla ricerca di forme fluide da esplorare e rimodellare».
Il nome da tenere d’occhio è Remigi, vincitrice del «Top Jazz 2021» del mensile Musica Jazz come «miglior nuovo talento italiano» (a pari merito con la violinista Anais Drago, che a Bergamo ha suonato sia quest’anno che l’anno scorso). Il suo è un approccio alla batteria multiforme, che non disdegna sortite sperimentali e improvvisazioni dal taglio innovativo.
Non da meno è Zennaro, nel 2018 vincitore del premio «Tomorrow’s Jazz», dopo aver dato alle stampe nel 2017 il disco «Javaskara». Proveniente da una famiglia di musicisti, è veneto (nato a Chioggia) come lo è il compagno di trio Peruzzi. Un passato da percussionista di musica classica e poi il passaggio al jazz, muovendosi fra formazioni jazzistiche e ensemble di musica contemporanea.
Venerdì 23 settembre: Double Cut
Il nome di Tino Tracanna (sax tenore e soprano) non sarà certamente nuovo agli appassionati di jazz. Dopo aver collaborato fra gli altri con Franco D’Andrea e Paolo Fresu, il musicista bergamasco è coordinatore del Dipartimento Jazz del Conservatorio di Milano e curatore della sezione «Scintille» di Bergamo Jazz. Si muove fra diversi progetti, tra cui quello dedicato a Adolphe Sax, duo con Massimiliano Milesi (sax tenore), che nel 2016 partecipò a «Bergamo Jazz». Tracanna è stato maestro di Milesi, a Ponte San Pietro i due si presentano con Giulio Corini al contrabbasso e Filippo Sala alla batteria.
Al centro del concerto ci sarà l’ultimo disco «Dannate Danze», recentemente pubblicato per la prestigiosa etichetta Parco della Musica Records. Anche in questo caso la formazione è anomala: due sassofoni, un contrabbasso e una batteria più una serie di strumenti inusuali, che saranno una sorpresa sul palco. Gruppo rodato e dall’indole sperimentale, Double Cut schiera il giovane Sala, fra i musicisti più in vita della scena bergamasca insieme a Milesi, allestendo un incontro fra generazioni di musicisti arricchito dalla presenza del bresciano Corini.
La formazione è al terzo disco («Double Cut» del 2016 per U.T Records e «Mappe» del 2018 ancora per Parco della Musica Records), opere dove Tracanna fa «da catalizzatore a diversi materiali, mondi e visioni, creando un nuovo luogo musicale».
Venerdì 30 settembre: «A World of Sound»
Chi si ricorda degli Aktuala, il gruppo fondato nel 1972 da Walter Maioli che puntava a riscoprire la musica africana e asiatica, forse ricorda anche il nome del milanese Daniele Cavallanti, che dal 1972 al 1976 fu il sassofonista della formazione – e suonò con gente come Lino Capra Vaccina e Trilok Gurtu, giusto per dirne due, per poi avventurarsi in splendidi progetti come i Nexus (con Tiziano Tononi) e l’Italian Instabile Orchestra.
Gli Aktuala pubblicarono tre dischi uno più bello dell’altro, muovendosi fra quella che allora non veniva ancora chiamata «world music», il progressive e il jazz. Oggi ritroviamo Daniele Cavallanti (sax tenore) al comando del progetto «A World of Sound» Quartet con Francesco Chiapperini al sax alto, clarinetto basso e flauto, Gianluca Alberti al basso elettrico e Toni Boselli batteria. Un quartetto, nato nel marzo 2013, che vuole rendere il proprio tributo all’eredità dei grandi sassofonisti del jazz moderno, dandosi un nome derivante dal titolo di un documentario prodotto dalla David Lynch Foundation su David S. Ware, sassofonista tenore e soprano morto anzitempo nel settembre 2012. Cavallanti è una delle figure rappresentative del jazz italiano, musicista inquieto sempre pronto al dialogo fra la propria ricerca sonora e l’eredità del linguaggio afroamericano più originale.
Con lui un improvvisatore fantasioso come Chiapperini e una ritmica di stampo decisamente «black» composta da Alberti e Boselli, «due dei migliori musicisti della scena milanese della generazione dei quarantenni». Dewey Redman, Joe Henderson, Sam Rivers, Wayne Shorter e Massimo Urbani sono i musicisti a cui Cavallanti ha dedicato le proprie composizioni, affiancandole a brani di Ornette Coleman, Eric Dolphy, Albert Ayler, Archie Shepp, Joe Lovano e Wayne Shorter.
L’attualità del jazz
«Questa è la terza edizione di una rassegna che per due anni si è chiamata “Primavera in Jazz” – spiega il direttore artistico Roberto Valentino – e dopo un anno di pausa ora la rassegna riprende il suo percorso con una collocazione temporale diversa e per questo motivo ne abbiamo cambiato il nome. È una piccola rassegna, ma ciò non impedisce di fare cose interessanti. Ho voluto scegliere delle formazioni un po’ inconsuete, che si rifanno al linguaggio del jazz ma poi compiono dei percorsi personali».
Ciò vale per tutti e tre i nomi coinvolti: «dai GoGo Ducks della formidabile batterista Francesca Remigi, ai Double Cut che presentano il nuovo disco, fino all’omaggio al jazz e al contesto socio-politico afroamericano del gruppo di Daniele Cavallanti, un nome importante non solo nel jazz ma anche in formazioni come gli Aktuala, che negli anni Settanta anticipavano quella che sarebbe stata la world music».
Fare la direzione artistica di un festival jazz, che sia grande o piccolo, è fare una scelta sul “taglio” da dare al calendario: «Quando mi capita di avere incarichi di direttore artistico di una rassegna cerco sempre di dar – o di condividere come nel caso di “Bergamo Jazz” dove svolgo anche il ruolo di assistente alla direzione artistica – l’idea di cosa è il jazz oggi, delle molteplici anime: è una caratteristica a cui sono molto legato, a partire da “Bergamo Jazz”, che considero da sempre una vetrina sul mondo attuale del jazz. La stessa caratteristica aveva una rassegna che curavo anni fa a Pavia, “Dialoghi: jazz per due”, durata ben 18 anni e dove veniva offerta una panoramica del jazz dalla prospettiva del “duo”. Secondo me in una direzione artistica bisogna sempre fotografare la contemporaneità, come accadrà, nel suo piccolo, anche a Ponte San Pietro».
Info
Per informazioni e prenotazioni è possibile contattare la Biblioteca Comunale di Ponte San Pietro (via Piave, 26) al numero 035 6228611 o via mail: [email protected].