Quando parliamo di Gaetano Donizetti, la mente vola rapida: dal teatro di Bergamo al Conservatorio, dalla torta che porta il suo nome (nata nel centenario della sua scomparsa) ai celebri melodrammi che hanno conquistato il mondo. «L’elisir d’amore», «Anna Bolena», «Lucia di Lammermoor» e «Don Pasquale» sono solo alcuni dei titoli più note del compositore di Borgo Canale, nato nel 1797 da un’umile famiglia bergamasca e destinato ad indicare la strada al mondo dell’opera dell’Ottocento. Donizetti è un nome che segna il passaggio di un’epoca: dal virtuosismo brillante, tipico dei gorgheggi di Rossini, alla grande esplosione storico - espressiva di Verdi e di Puccini.
Il genio bergamasco ha incarnato il sentimento e lo spirto del Romanticismo italiano, coniugando storia, passione e amor di patria in un linguaggio musicale nuovo, espressivo e inconfondibile. Se la parte operistica è nota al grande pubblico, di Donizetti resta ancora nascosto ai più un mondo musicale più intimo, rappresentato dal repertorio strumentale e dalle numerose pagine sacre e sinfoniche. La sua espressione musicale, complessa e variegata, è quindi costituita anche da composizioni più profonde – nate per le più svariate occasioni – che rappresentano un altro volto di Donizetti, uno spirito forse più personale e riservato, ma capace di affascinare per la sua costante spontanea vena creativa e melodica.
«Larghetto», per pianoforte a quattro mani
Il pianoforte rappresenta un importante punto di riferimento nel mondo musicale dell’Ottocento, in particolare dal punto di vista didattico: i primi insegnanti di Donizetti a Bergamo, Giovanni Simone Mayr insieme al collega pianista Antonio Gonzales, istruirono il loro pupillo in merito alla tecnica al pianoforte e al repertorio del tempo (in particolare Mozart, Haydn e il primo Beethoven). Oltre alla didattica, però, il pianoforte rappresentava anche uno status symbol , attraverso il quale il musicista veniva introdotto nel mondo aristocratico dei salotti e delle accademie. Una di queste figure di riferimento, nella vita di Donizetti, fu Marianna Pezzoli Grataroli, sua allieva e organizzatrice di alcuni di questi appuntamenti: il suo salotto era il simbolo della musica da camera bergamasca, per il quale anche Donizetti compose diverse pagine, composizioni da eseguire insieme a lei sul pianoforte. Questo «Larghetto», qui eseguito dal duo pianistico bergamasco di Daniele e Davide Trivella, incarna in modo mirabile lo stile musicale e il clima delle accademie: la scrittura è lirica e distesa, in perfetto dialogo ad altri elementi, richiami diretti del mondo operistico.
«Primo studio», per clarinetto
Il mondo degli strumenti a fiato rappresenta un punto di riferimento per la musica nel territorio bergamasco. Dai suonatori del XVI secolo, con la figura di Cermonio Besozzi che ebbe successo e carriera in tutta Europa, fino alla fondazione all’inizio dell’Ottocento dei primi complessi bandistici. Il mondo e le realtà delle bande - studiate ed approfondite dal musicologo Marino Anesa di Vertova - sono un universo tutto da scoprire, formato da nomi, famiglie e pagine strumentali che sono tutt’ora un punto di riferimento. Donizetti vive anch’egli a pieno questo universo, dedicando diverse composizioni a strumenti a fiato: una delle pagine più famose è la «Sonata per flauto e pianoforte» in due tempi. Questo breve studio per clarinetto, dedicato all’amico strumentista bergamasco Benigni, riflette anche la volontà di approfondire l’aspetto della didattica, mantenendo comunque una grande musicalità anche negli aspetti esplicitamente più tecnici. La composizione è articolata nella forma di «Rondò», nella quale il clarinetto esplora diverse aree sonore, dal registro più grave e morbido a quello più acuto e brillante, dando prova di grande virtuosismo e profondo umorismo.
«Quintetto» per chitarra e archi
Un cospicuo repertorio della musica cameristica di Donizetti è rappresentato dalle composizioni per archi: distribuiti, come produzione, in gran parte della sua vita, tra il 1817, quando esordisce nei salotti di casa Bertoli a Bergamo, e il 1836, durante il periodo napoletano. In particolare i 18 quartetti per archi rappresentano un punto di riferimento nel panorama italiano, esempio di corpus quasi unico che parte dagli esempi del classicismo viennese (come Haydn, Mozart, Beethoven) e conduce negli spiriti romantici più audaci. Anche il repertorio per strumento solista ed archi è notevole: in questo ascolto, uno degli strumenti di riferimento è la chitarra, utilizzato spesso da Donizetti nel corso della sua vita, anche nelle opere. Il dialogo tra lo strumento solistico, in questo «Quintetto», è celato nell’impasto timbrico degli archi. La chitarra, tuttavia, contribuisce ad alleggerire la sonorità, conferendo alla composizione un’aura popolareggiante, quasi reminiscenza del clima napoletano. che Donizetti aveva avuto modo di conoscere, durante il lungo periodo di permanenza nella città partenopea.
«Laudate pueri», per soli, coro e orchestra
La maggior parte delle composizioni sacre di Donizetti appartengono alla gioventù, quando il giovane Gaetano era studente prima a Bergamo e poi a Bologna con padre Stanislao Mattei. A Bergamo molte di queste pagine furono utilizzate durante il servizio liturgico presso la Basilica di Santa Maria Maggiore a Bergamo, dove Mayr (il suo insegnante) era Maestro di Cappella, mentre a Bologna furono prevalentemente composizioni didattiche. Lo stile di queste opere si colloca a metà tra il teatrale e il rigore tedesco: un dualismo che si può bene riconoscere anche in questa composizione, realizzata negli anni bergamasco con un tema con tema con variazioni sulla stessa idea, che si conclude con una fuga dal sapore classico. Altre opere sacre di nota sono anche l’ampia «Messa da Requiem», scritta in occasione della morte di Vincenzo Bellini, e la «Messa di Gloria», composta a Napoli nel 1837.
«Sinfonia in morte di Capuzzi», per orchestra
Antonio Capuzzi (Brescia, 1750 - Bergamo, 1818) fu uno dei primi insegnanti delle « Lezioni Caritatevoli» di Bergamo, istituite da Mayr nel 1806 per avviare al mondo della musica giovani promettenti talenti impossibilitati dal punto di vista economico. A questa scuola partecipò, come allievo interno, anche Donizetti il quale, da Capuzzi, imparò i rudimenti del violino. Alla morte dell’insegnante, il giovane compositore decise di omaggiare la sua memoria componendo una pagina per orchestra, articolata secondo la forma canonica delle sinfonie d’opera (tempo lento - tempo rapido) e ispirati per temi già pienamente “donizettiani”: non a caso alcune melodie presenti in questa sinfonia riemergeranno in modo lampante in diversi titoli operistici di Donizetti (già nella sua prima opera, «Enrico di Borgogna» del 1818, è presente nel finale dell’Ouverture introduttiva uno di questi temi), sancendo la versatilità del materiale musicale composto dal giovane Gaetano anche nel corso degli anni a venire.