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«Non sto col re», il debutto musicale da solista di Lietto

Articolo. In collaborazione con l’etichetta Pirates, Giulio Mastropietro ha pubblicato il suo primo singolo lo scorso venerdì. Una ballata dal tono fiabesco caratterizzata dal contrasto tra una base energica in stile drum and bass e la voce onirica dell’artista bergamasco. La sua arma vincente? Un po’ di sana, stupida euforia

Lettura 4 min.
Lietto

Un diminutivo è il nome d’arte che si è scelto Lietto per parlare di questa nuova fase della sua vita artistica. Dopo aver fatto da polistrumentista e prestato la voce ai Jingles in Trouble e Pau Amma, ha lanciato il suo primo singolo di venerdì 17, anche se si dichiara anti-scaramantico.

«Non sto col re» è il titolo della canzone d’esordio nella quale Lietto sembra già sapere da che parte vuole stare. Il testo racconta una favola o, per meglio dire, un sogno dal quale Giulio pare non volersi svegliare e in cui il filo conduttore è la ferma volontà di non farsi scalfire dalle futili questioni che animano il quotidiano. Non a caso, la copertina del singolo ricrea la sagoma di un re senza «faccia, senza piedi e senza nei», per rendere l’immagine del potere astratto che, come si può intuire già dal titolo, è oggetto di sfida.

«I riferimenti di queste uscite sono palesemente un qualcosa che è un po’ indie, un po’ cantautorale e un po’ un misto tra le due cose che in realtà nessuno sa dire bene con precisione cos’è – ci racconta – Ho scelto di chiamarmi Lietto perché non mi ha mai fatto impazzire a livello artistico l’idea di usare nome e cognome; mi sono sempre nascosto infatti dietro agli pseudonimi delle varie band in cui ho sempre suonato. Quando ho deciso di intraprendere questa strada da solo avevo un ampio ventaglio di soprannomi da cui attingere. E ho scelto uno di quelli che mi è stato affibbiato da un gruppo di amici con cui ho legato perché facciamo musica insieme. Quindi Lietto è uno pseudonimo mi dà serenità e che ho deciso di dedicare a questa sfera della mia vita che naturalmente non è l’unica».

Si definisce un polistrumentista autodidatta, ma il giovane classe ’94, ha tutta l’aria di essere un giocherellone lucidamente consapevole, che ha imparato a camuffare le sue esitazioni e i suoi dubbi esistenziali dietro a una risata ingenua e divertita. «Tutto quello che ho fatto, l’ho sempre fatto senza che ci fosse uno studio dietro. Negli anni ho sempre suonato un po’ di tutto e siccome nel mio gruppo, i Pau Amma , avevamo delle canzoni che non funzionavano per quello che volevamo dire in questo momento, mi sono detto: perché non provare a produrle da solo? E queste che usciranno sono un po’ quelle che diciamo si sono selezionate quasi naturalmente».

Insomma, Giulio Mastropietro si è deciso a scendere in campo da solo (o quasi) per scagliarsi contro i poteri forti e mentre nella mente del lettore si materializza un’armatura da soldato, Lietto ha pensato bene di fregarci tutti con una melodia sognante che quasi quasi ci fa venire voglia di indossare un pigiama, sdraiarci sul divano, mettere su un po’ di musica e lasciare fuori il resto.

«Quando producevo le canzoni con Pietro avevamo una parola d’ordine che è calzante in questo senso. Mentre registravamo lo strumentale di “Non sto col re” eravamo in un vortice di euforia e questa espressione – “euforia” – l’abbiamo un po’ usata come mantra per dire che tutto lo spirito delle tracce che usciranno per questo progetto da qui in poi è un po’ euforico, cavalcando una sorta di ingenua stupidità. Come una risata un po’ sguaiata, che lascia sottintendere che ci sia dell’altro».

Ad ascoltare «Non sto col re», sembra sempre più chiaro che in questa sua ballata sognante e a tratti noncurante e menefreghista ci sia l’invettiva contro un re che esibisce e decanta un potere prepotente e vacuo. Il re, non a caso, negli scacchi rappresenta sì, l’ultima barriera di difesa ma è anche la pedina più statica della scacchiera.

Abbiamo trasferito a Lietto questa suggestione e gli abbiamo chiesto di raccontarci qual è la soglia di libertà che auspica per gli «occhi di ragazza» a cui si rivolge nella canzone. «Io sono un maniaco sfegatato degli scacchi, quindi la scarsa mobilità del re mi è chiara. Quella che descrivo io nella canzone non è una costante; non sono, per fortuna, sempre arrabbiato. Nella canzone parlo piuttosto dell’emozione di un momento, che tra l’altro è condivisa con Pietro Piras col quale collaboro. Le idee musicali sono sue, mentre io ho dato una struttura alla canzone e ho curato il testo ispirandomi alla sua persona e al momento che lui stava attraversando. Momento in cui lui era chiaramente arrabbiato con qualcuno che sa di un’istituzione, del tuo capo, insomma, quella cosa lì».

«L’intuizione è stata dirgli che era quella rabbia che dovevamo raccontare in quell’idea musicale che lui mi aveva passato – continua – La liberazione e la ragazza di cui si parla nel testo è in questo senso l’elemento catalizzatore. Nel senso che rappresenta la consolazione di una persona vicina che capisce il tuo stato e ti comprende nella misura in cui ti fa capire che quell’arrabbiatura lì non vale niente. Che quel re non può farti nulla perché non conta niente se ridisegni la scala delle tue priorità».

Gli abbiamo chiesto chi sono i suoi miti e i suoi riferimenti musicali e Lietto ci ha citato nell’ordine Paolo Conte, John Lennon, Laslo e Pop X … anche se gli sembrava un po’ estremo. Così, abbiamo deciso di testarlo un altro po’ e gli abbiamo chiesto di indicarci un libro, un disco, un film e un viaggio che siano stati importanti nel definire il suo percorso di crescita personale e artistica.

#film

«Mi verrebbero in mente dei titoloni che sembrano un po’ anacronistici, per cui, per agganciarmi alla fase che sto vivendo adesso non posso non parlarti de “È stata mano di dio” di Sorrentino, soprattutto nella scena in cui il giovane protagonista Fabietto passa tutta la notte col regista interpretato da Tony Servillo che gli dice “Tu hai un dolore”. È esattamente quello di cui ti parlavo prima, quando ti raccontavo di come è nata “Non sto col re”, è esattamente quella cosa lì».

#disco

«Se posso nominare un disco uscito poche settimane fa, allora non posso non citare il lavoro dei Crema che sono i Camillas senza Mirko, che per me col loro disco hanno dato vita a una magia inaspettata di cui avevamo sinceramente bisogno».

#libro

«Sono un avido lettore di libri ma ti dico quello che mi sta prendendo molto in questo periodo che non a caso è uno dei miei preferiti, ovvero “Lo specchio nello specchio” che è un po’ la base di tutto il surrealismo, si tratta di una serie di racconti autoconclusivi che sono però legati tra loro con quella carica onirica nella quale tra rimandi e riprese si affrontano quelli che sono i temi esistenziali più importanti: l’identità, la vita la morte, il dolore, la nostalgia».

#viaggio

«Andiamo sull’Adriatico ma sulla sponda opposta, o meglio sulla sponda non italiana dell’Adriatico, in Croazia. Ci sono andato spessissimo in questo ultimo periodo e diciamo che molti brani sono stati scritti e pensati in quelle zone, quindi diciamo che si merita un posto d’onore».

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