Il 2021 sarà (speriamo) soprattutto l’anno delle ripartenze per quanto riguarda la musica suonata dal vivo. In attesa di poter tornare a vivere pienamente in presenza gli eventi live del territorio, ecco un approfondimento su quelle che sono state le uscite principali da parte degli artisti e dei gruppi bergamaschi nell’ultimo anno.
Cantautorato, indie-rock, brit-pop, elettronica sperimentale, stoner e tanto altro ancora: ce n’è veramente per tutti i gusti, tantissimo materiale valido e diversi picchi qualitativi notevoli. Abbiamo cercato di spaziare il più possibile per accontentare tutti i palati, suddividendo la nostra carrellata in una prima parte dedicata ai dischi (sia lunghi che ep) e una seconda ai singoli.
Dischi
Carlo Pinchetti – “Una Meravigliosa Bugia”
Retaggio indie-rock (Lowinski, Daisy Chains, Finistére), Carlo Pinchetti ha realizzato un disco solista che è una piccola-grande perla. Cantautorato che parte da Elliott Smith e arriva ai Neutral Milk Hotel, dove la chitarra resta sempre assoluta protagonista ma si arricchisce anche di intarsi leggeri ed eleganti: da linee di piano a synth vagamente à la Iosonouncane (l’iniziale “Lacrime”, perfettamente esemplificativa dell’intero disco), passando per lo splendido controcanto femminile della moglie Linda, a incorniciare una profondità non solo testuale. Bravo davvero. (Spotify)
La Nevicata dell’85 – “Frontiere/Confini”
Arriva a ben sette anni di distanza dall’ultimo “Secolo” quello che è a tutti gli effetti il disco dell’atteso ritorno per la band di Ivan Cortesi e Andrea Ardigò. Più che alla mistura di post-rock e infiltrazioni ambientali a cui eravamo ambientati, “Frontiere/Confini” spinge il pedale a fondo su un versante più sludge e stoner a base di chitarre limacciose e un drumming poderosamente narcolettico, a sostenere un cantato in spoken-word a cavallo tra Massimo Volume e Bachi da Pietra. (Bandcamp)
CupoCupo – “Hypermetabolism”
L’ep d’esordio del duo bergamasco arriva addirittura per il collettivo TAR di Los Angeles (collaborazioni con Flying Lotus e Thundercat). È un’elettronica decostruita e riassemblata a formare un nuovo ibrido mutante, che incrocia glitch e scarti con voci pitchate, bassi tellurici e drumming di stampo EDM in una struttura mai lineare. Il risultato ha le stimmate di un cervellotico ma viscerale iperrealismo tra l’oscurità del primo Arca e le sperimentazioni HD del giro Pc Music (da Sophie ad A.G. Cook). (Spotify)
ISIDE – “Anatomia cristallo”
Gli Iside sono probabilmente la cosa più simile ai Brockhampton che abbiamo in Italia, vuoi per quell’approccio da collettivo vuoi per quell’attitudine bulimica alla pop-music, che li rende capaci di giocare con gli stilemi della fast-music odierna più modaiola in modo camaleontico e solo apparentemente frivolo. Il loro è indie-pop sussurrato, cantato, oppure ancora urlato a piena voce, mas sempre perfettamente consapevole del gioco a cui sta giocando. Destruttura con un sorriso furbetto, e “Anatomia cristallo” è il loro atteso album d’esordio: ritmiche hip hop e chitarrine orientaleggianti, tra i Glass Animals e la cricca di Kevin Abstract. (Spotify)
Montmasson – “Un’eredità”
Un cantautorato lieve e raffinato quello di Montmasson, sempre in punta di piedi e in toni sommessi. La chitarra, sia acustica che elettrica, è sempre la co-protagonista insieme alla voce, che spesso sembra memore del miglior Vasco Brondi per accenti e fraseggio. Il sapore generale è quasi post-rock, come se i God Is an Astronaut si mettessero a fare chamber music. Altrove spunta qualche aggiunta elettronica che rimanda agli Iori’s Eyes dei primi ep (“Eppure Conta”), oppure una chitarra un poco più abrasiva (“Vette”) che allarga la palette. (Spotify)
Blue Wit – “I Don’t Usually Do This but Feel Free to Knock Anytime”
L’ep d’esordio del gruppo esce per Edoné Dischi (l’etichetta di Edoné nata recentemente) e rappresenta una bella scorribanda in terra d’Albione: lente brit-pop a filtrare tutto, e se gli Arctic Monkeys di “AM” sono sicuramente il riferimento principale, non mancano le sorprese: tra funky e ritmiche più variegate (“Animation”) e groove di basso intriganti (“Butterflies”), c’è spazio anche per una cover di Billie Eilish (“Bad Guy”, presentata anche nella loro apparizione a X-Factor). (Spotify)
Boccaleone – “Tempesta in Testa”
Già nei Glass Cosmos e Death Riviera, l’esordio del duo (che prende il nome dal quartiere bergamasco) è una raccolta di canzoni nate come composizioni al piano, che traccia un ponte tra la canzone pop italiana a influenze di stampo più anglosassone. Ci sono l’it-pop e la facile cantabilità di Calcutta e un retrogusto malinconico che evoca le stesse coste brumose inglesi ritratte in copertina. Accendino in mano e vocali dilatate, un disco tutto da cantare. (Spotify)
Singoli
Ufo Blu – “Salvia”
Il nuovo singolo degli Ufo Blu è una catarsi contro l’apatia: r&b su ritmica lo-fi hip hop, arricchita dalle loro solite languide chitarre mutuate da un jazz inacidito e con un ritornello che si tuffa a capofitto negli sfavillanti anni Ottanta. Sempre brillanti e stilosi, mai scontati.
Claudia Buzzetti & The Hootenanny – “Mr. Hyde”
Secondo singolo dopo “Harlem” per Claudia Buzzetti e gli Hootenanny ad anticipare il prossimo ep “7 years crying” per Edoné Dischi. Tinte folk-pop crepuscolari e malinconiche, vagamente jazzate, a dipingere serate tra alcol e amici. Chitarre acustiche e un compassato drumming firmato da Luca Ferrari dei Verdena, con la bella voce di Claudia a stagliarsi su tutto.
Riki Cellini – “Canzonissima”
Riki Cellini torna con un nuovo pezzo che è pura nostalgia: pailettes e lustrini, base disco-dance infarcito di fiati e ritornello contagioso, si guarda agli anni Settanta e all’epoca d’oro della televisione italiana. Un ponte che unisce Raffaella Carrà e Renato Zero, Pippo Baudo e Colapesce/Dimartino, sculettando allegro e spensierato tra i fantasmi di un’Italia che non c’è più.
Low Polygon - Demone
I Low Polygon, che ormai cantano stabilmente in italiano, con il nuovo “Demone” si confermano tra le nostre proposte più interessanti e anche esportabili. Ritmiche Hip hop e bassi lavici tagliati al laser, una schitarrata centrale molto ruock e synth vagamente sci-fi che entrano nella seconda metà: tra testi sinistramente freudiani e le consuete spigolosità sonore, la mistura è sicuramente molto croccante.
Cristina Donà – “Desiderio (Cannibal Version)”
È tempo di ritorno anche per una leggenda del panorama alt-rock nostrano: a sette anni dall’ultimo “Così Vicini”, Cristina Donà condivide un singolo che anticipa “deSidera”, il nuovo album di inediti previsto per questo autunno. “Desiderio” è una cavalcata dream-pop su un soffuso tappeto fatto di tastiere e chitarre wave, coretti astrali e un testo di ispirazione umanista.
Scilla – “Uaifai”
Scilla è l’ultima incarnazione di Alfonso Surace (Arcane of Souls, Sakee Sed): “Uaifai” è uno stomp parecchio storto che si crogiola in un’allegria acida e vagamente demente, a metà tra un Syd Barrett buttato in un negozio di caramelle e i King Gizzard & the Lizard Wizard più sornioni. Che detto così sembra divertente, ma ad ascoltarlo lo è ancora di più.
JOO – “Devotion (Acoustic Version)”
La rielaborazione del singolo di due anni fa (che era una soffusa meditazione r&b screziata da fascinazioni esoteriche) gira la chiave verso un intimismo da camera: Giulia Spallino stende la sua voce soul su un arrangiamento minimale di solo piano, che unicamente nella seconda metà si arricchisce di qualche synth ambientale e restituisce una volta di più al brano tutte le sue qualità.