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Motta, «con la musica si cerca una solitudine condivisa»

Intervista. Il songwriter pisano aprirà la rassegna «NXT Station» sabato 30 aprile. «Penso di essermi guadagnato la libertà di poter continuare ad aprire delle porte, di chiuderne altre. In tutti i lavori che faccio cerco sempre di non ripetere le cose che già so fare, perché mi annoia»

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È un cantautore di lusso a inaugurare la ricca programmazione di «NXT Station». Francesco Motta con la band sabato 30 aprile si esibisce in piazzale Alpini, in città (inizio ore 20.30; ingresso libero; registrazione obbligatoria su bergamonxtstation.it), e l’occasione è buona per ascoltare dal vivo una delle voci più interessanti della recente scena cantautorale.

Targa Tenco per la migliore opera prima con «La fine dei vent’anni», tre dischi, compreso l’ultimo «Semplice», Motta ha già illustrato un percorso artistico più che interessante. Il primo disco era lo specchio di una generazione che raccontava la fine dell’illusione, da una nuova angolatura, il secondo «Vivere o morire» si è guadagnato un’altra Targa Tenco per il miglior album in assoluto; «Semplice» è il risultato di un ulteriore passo avanti verso le origini e al tempo la maturità. È anche un album rimasto in attesa dei live: «Per un progetto artistico come il mio registrare un album senza fare concerti è come tenere delle canzoni chiuse in un cassetto», spiega il cantautore. «Se Dio vuole siamo tornati a fare un certo tipo di concerti, perché quello che è successo l’estate scorsa era diverso. È stato emozionante tornare sul palco, ma l’abbiamo fatto stringendo un po’ i denti, con la gente tutta seduta e distanziata. Non è stato facile. Ora è diverso. La ripresa vera è adesso».

UB: Cosa è cambiato nel frattempo? Da «La fine dei vent’anni» a «Semplice» c’è un album nel mezzo, ci sono state situazioni diverse, una pandemia.

FM: È cambiato un po’ tutto. Nonostante sia stato un periodo veramente duro, l’età che ho mi ha permesso sia pur con fatica di trovare anche dei bei ricordi negli ultimi due anni. Ad esempio mi sono appartato con mia moglie fuori da Roma, in campagna, e quella è stata un’esperienza che mi porto dietro e non avrei mai fatto a condizioni normali. È comunque stata dura. Con «La fine dei vent’anni» è come se fossi finalmente riuscito a trovare un mio modo di stare a tempo con il mondo. Ho trovato un posto dove collocarmi e poi all’improvviso me l’hanno levato. Non è stato facile accettarlo. Penso comunque che sia stato più faticoso per i giovani che avevano voglia di esprimersi. Per quelli che devono iniziare a suonare la strada è ancora più in salita. Farsi una gavetta durante la pandemia era impossibile. Temo che ci siamo persi per strada tante band e tanti ragazzi che volevano suonare ovunque e non hanno avuto la possibilità di farlo. Nella tragedia penso che a me sia andata bene.

UB: Tre dischi importanti alle spalle, ha mai pensato a come sia cambiata la sua disposizione alla scrittura delle canzoni?

FM: Penso di essermi guadagnato la libertà di poter continuare ad aprire delle porte, di chiuderne altre. In tutti i lavori che faccio cerco sempre di non ripetere le cose che già so fare, perché mi annoia. Fondamentalmente il fatto che abbia imparato a fare certe cose rende tutto più difficile perché ogni volta che arrivo ad un punto cerco di allontanarmene prima possibile. Questo rende le cose più difficili di prima, ma tant’è.

UB: Una canzone come «Prenditi quello che vuoi», emblematica del disco d’esordio e di un’attitudine giovanile, oggi come la vive dall’angolatura di «Semplice»?

FM: Guardi, ha scelto proprio una canzone che non tutti conoscono, ma con cui apriamo il concerto. Lo sento molto mio quel pezzo, me lo sento adesso. Col tempo ci sono canzoni che non suoni per un po’ e poi rimetti in scaletta perché ti tornano incontro.

UB: La solitudine è un sentimento frequentato, specialmente all’inizio, nei dischi, oggi è cambiato qualcosa?

FM: Sì, sicuramente qualcosa è cambiato. Anche se la musica è un modo per cercare una solitudine condivisa. La musica è anche condivisione dei silenzi. Nel momento in cui si ascolta una canzone ci sono diverse sensazioni che raggiungono il silenzio di ognuno. Nel tempo è cambiato il mio approccio alla solitudine, ho meno paura, e questo mi porta a sentirmi meno solo.

UB: E la guerra?

FM: Per quella non ho davvero parole. Speriamo tutti che finisca.

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