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Le pagelle dei cantanti di Sanremo 2023 (prima serata)

Articolo. La prima serata del festival più atteso dell’anno raccontata e giudicata a puntino da Luca Roncoroni, Carmen Pupo e Marina Marzulli

Lettura 7 min.
Cugini di campagna (Foto ANSA-ETTORE FERRARI)

Dall’outfit da sposa cadavere condito da gorgheggi di Anna Oxa al funk anni ’70 dei Cugini di campagna, ecco tutti i nostri voti e giudizi. Appuntamento a domani con le pagelle della seconda serata!

Anna Oxa, «Sali (Canto dell’anima)»

Look da mangiamorte, del testo non si capisce nulla sembra parli di anima e di qualcos’altro che non ha un nome. Effettivamente dovrebbe averlo scritto un Bianconi annoiato in un pomeriggio in cui non aveva altro da fare. Il brano poggia tutto su un crescendo d’archi, via via si rivela imponente ma l’interpretazione è un po’ troppo virtuosistica tra gorgheggi e saliscendi esasperati. Sembra quasi un’aspirante canzone per titoli di testa di un qualche James Bond. Letteralmente indecifrabile, ma ha un suo perché. VOTO 6,5
(Luca Roncoroni)

Prima cantante a esibirsi sfoggia un outfit da sposa cadavere e una voce da Patty Pravo. La sua canzone si intitola «Sali» ma dopo due minuti di ascolto l’unica cosa da dire sarebbe «Scendi», dal palco. VOTO 4
(Carmen Pupo)

Probabilmente è da risentire, anche perché al primo ascolto credo di avere capito tre parole in tutto («sali», «resuscita», «anima»). Mi sono persino chiesta se cantasse in italiano (non sarebbe una bella idea introdurre il testo in sovraimpressione durante l’esibizione?). Da moderata fan di Anna Oxa, mi è sembrata un po’ la parodia di sé stessa. VOTO 6
(Marina Marzulli)

gIANMARIA, «Mostro»

Tiene bene il palco (probabilmente aiuta l’esperienza a X Factor), anche se guardandolo in viso potrebbe benissimo avere tredici anni. Il pezzo sfoggia un ritornello con cassa dritta che poi diventa quasi 2-step. Da riascoltare perché potrebbe anche funzionare bene. Non si capisce bene perché ma pronuncia le parole come Maurizio Costanzo, incredibile la somiglianza fisica con Gianna Nannini. VOTO 6
(Luca Roncoroni)

Trasuda Gen Z, almeno dal costume. Canta cercando di tirare fuori il “mostro” che ha dentro, ma l’unica cosa che si afferra è il mostro di voce che ha fuori. Purtroppo. VOTO 5 (di incoraggiamento)
(Carmen Pupo)

La cosa più gentile che mi viene da dire su gIANMARIA è che è molto alto, la canzone mi sembra del tutto trascurabile. VOTO 5
(Marina Marzulli)

Mr. Rain, «Supereroi»

Acconciatura à la Lurch de La Famiglia Addams però biondo platino, schiera un plotone di bimbi sorridenti con chiaro intento ricattatorio. Il resto lo fanno gli archi grondanti pathos e un testo buono per il retro di una merendina del Mulino Bianco. Una sbrodolata diabetica di un buonismo francamente irricevibile, ruffiano e basta. VOTO 2
(Luca Roncoroni)

Con la sua «Supereroi» porta una ventata di novità nella sua discografia raccontando un amore tormentato. Si fa per dire. Il tutto alleggerito dal carico emotivo del coro dell’Antoniano: un gruppo di bambini che poi si trasformano in angioletti, stile sorpresa di «C’è posta per te». VOTO 3
(Carmen Pupo)

Una perfetta canzone da Zecchino d’Oro, non solo per la presenza del coro dei bambini, ma per la semplicità del ritornello e la pulizia della composizione. E a me lo Zecchino è sempre piaciuto. VOTO 7
(Marina Marzulli)

Marco Mengoni, «Due Vite»

Entra in gara da favorito e favorito resta dopo questa prima esibizione. Pezzo perfetto per vincere Sanremo, lagna il giusto e in radio andrà alla grande. Lui solito virtuoso inattaccabile quando va sui toni alti. Peccato per il look da Village People (o forse Rkomi) con un cavallo del pantalone veramente impegnativo. VOTO 7
(Luca Roncoroni)

Si presenta sul palco con un completo di pelle e «Due Vite», una canzone sanremese che ben presto si trasforma in un compitino pop dei suoi. Nient’altro da dichiarare, forse. VOTO 5.5
(Carmen Pupo)

Un’esecuzione perfetta per quella che credo diventerà un classico della produzione di Mengoni, me la immagino già in radio (non do un voto più alto perché non mi sembra ci sia nessun elemento di novità). VOTO 7
(Marina Marzulli)

ARIETE, «Mare di guai»

Canta veramente male una b-side di Calcutta, indistinguibile da altri millemila pezzi indie-qualcosa. Tutti con la pronuncia un po’ biascicata, tutti con quelle E spalancata e quei romanismi infilati a casaccio. I fanboys di «Mainstream» hanno devastato questo Paese. Anche basta con questi cloni. VOTO 3
(Luca Roncoroni)

I suoi 20 anni, il suo mare di guai, la sua onestà e la sua freschezza mi hanno convinta. «La notte è solo un giorno che riposa». A tratti mi è sembrata quasi tenera. Mi starò trasformando in una boomer? Probabile. Comunque brava. VOTO 8
(Carmen Pupo)

Sarà che è sua la prima stecca della serata, ma non mi ha entusiasmato. Ci sono bravissimi artisti senza una gran voce e che cantano pezzi rivoluzionari: non mi sembra questo il caso. Immagino piaccia ai giovani, mi sento esentata. VOTO 5,5
(Marina Marzulli)

Ultimo, «Alba»

Il Male della musica. Sempre la stessa canzone, sempre a parlare delle stesse cose, sempre la stessa rottura di palle. È il Gigi D’Alessio delle ragazzine nate dopo 1995. Gesticola come Massimo Ranieri ma dovrebbe avere vent’anni, per metà abbondante dell’esecuzione sbraita alle nuvole per convincerci che si è arrivati al culmine emotivo del pezzo. Non c’è niente di vero. Chi ci casca è complice. VOTO 0
(Luca Roncoroni)

Ci porta a vedere la sua «Alba» dopo aver collezionato record di vendite e di Stadi. A sentire la sua voce e a leggere il testo mi sembra più un “buio pesto”. VOTO 4
(Carmen Pupo)

Sono sinceramente stupita che sia uno dei favoriti alla vittoria finale. Mi sembra un brano di nessun interesse, con un’interpretazione intensa degna di miglior causa. VOTO 5
(Marina Marzulli)

Coma_Cose, «L’addio»

Dopo le fiamme negli occhi, una canzone sulla crisi (di coppia, di tutto). California è cresciuta molto a livello vocale, il pezzo è tra i più belli che abbiano scritto. Un po’ stucchevole la coreografia e alla fine dei conti è sempre la stessa solfa, sia chiaro, ma se piacciono, piacerà. VOTO 6,5
(Luca Roncoroni)

Dopo aver spento l’incendio di «Fiamme negli occhi» hanno provato a lasciarsi. Poi hanno superato la crisi e con «L’addio» mettono insieme un testo orecchiabile e coinvolgente che racconta cosa significa rimanere uniti quando finisce l’amore, o più precisamente, nonostante l’amore. Piaceranno alle radio. VOTO 8.5
(Carmen Pupo)

Sono sempre loro: carini e coccolosi. Il testo mi pare apprezzabile, riesce a parlare di un argomento non entusiasmante come la crisi di coppia senza essere deprimente né imbarazzante né scontato. Ho già detto che sono carini? VOTO 7
(Marina Marzulli)

Elodie, «Due»

Si presenta travestita da Avvoltoio de «Il Libro della Giungla» («Cosa facciamo?» «Non lo so, tu cosa vuoi fare?») e canta con fare da panterona un pezzo che quando parte sembra un pezzo di Mahmood, poi si rivela un innocuo singolino radiofonico che si assesta su un uno-due house compassato. Un po’ di urban qui, una po’ di r&b di là, una spolveratina di funk da quell’altra parte. Ritornello catchy che tra un anno non si ricorderà più nemmeno lei. Senza infamia e senza lode. VOTO 6
(Luca Roncoroni)

Si traveste da Beyoncé ma canta una canzone scritta da Federica Abbate, tra gli altri: «Le cose sono due, lacrime mie, lacrime tue». Appunto. VOTO 5
(Carmen Pupo)

Prevedo un ritornello che ci tormenterà da qui all’estate, ma la canzone mi pare debole per puntare al podio. Lei sempre una pantera sul palco. VOTO 6,5
(Marina Marzulli)

Leo Gassman, «Terzo Cuore»

Ciuffo da Scamarcio e viso acqua e sapone, Il bel Leo si presenta posseduto da un generatore automatico di pezzi dei Pinguini Tattici Nucleari. Forse a questo punto poteva direttamente cantarla Zanotti. Lui gira per tutto il pezzo, dopo poco qualcosa gira anche a noi. VOTO 4
(Luca Roncoroni)

Coraggiosamente sopravvissuto all’etichetta di “figlio di” ha provato ad andare a vivere da solo a Roma. Poi è finito a farsi scrivere una canzone da un bergamasco (Riccardo Zanotti). Infatti sembra che sul palco ci sia un nuovo membro dei Pinguini Tattici Nucleari. Almeno lui, però, rispetto ai suoi colleghi riesce a tenere le note alte senza stramazzare. VOTO 6
(Carmen Pupo)

Lui è un ragazzo educato e la canzone l’ha scritta Riccardo Zanotti from Alzano Lombardo e quindi, anche per campanilismo, non posso non dare la sufficienza. Un po’ scarso sulle note basse. VOTO 6
(Marina Marzulli)

Cugini di campagna, «Lettera 22»

Funk anni ’70 a pioggia, melodia contagiosa, ritornello un po’ ripetitivo ma di grande cuore: sicuramente premio simpatia di questa edizione. Profondamente inattuali in tutto, e il bello è questo. VOTO 7
(Luca Roncoroni)

Salgono sul palco vestiti da strobosfere e tirano fuori dal cilindro una canzone importante e a dir poco inaspettata dietro alla quale, non a caso, c’è lo zampino de La rappresentante di lista. «Lettera 22» è la consonante di un alfabeto che dimostra che c’è ancora chi si nutre di parole. Si conquistano meritatamente un posto nella mia personale classifica dei papabili vincitori. VOTO 9
(Carmen Pupo)

Una buonissima canzone, con un sound interessante. Purtroppo la cantano i Cugini di campagna e l’effetto cringe è assicurato, ma per me sono una sorpresa positiva. VOTO 7
(Marina Marzulli)

Gianluca Grignani, «Quando ti manca il fiato»

Canzone sincera, onesta e brutale, il solito Grignani insomma. Sembra non riuscire proprio ad arrivare dove dovrebbe, cosa che è un po’ il riassunto di tutto il suo percorso in continuo auto-sabotaggio. Impossibile non amarlo. Che tra l’altro il pezzo parla della morte del padre, ma il padre è ancora vivo. Gufo romantico. VOTO 8
(Luca Roncoroni)

Dopo «Destinazione Paradiso» torna sul palco dell’Ariston cantando «Quando ti manca il fiato», talmente bene che non si capisce niente, o quasi, di quello che dice. VOTO 4
(Carmen Pupo)

Ci ho sperato, ma mi è sembrato completamente fuori forma, fuori fase, fuori contesto. Do la sufficienza piena perché il testo e l’arrangiamento mi sembrano interessanti, ma l’esibizione non ha valorizzato nulla. Il finale strumentale è davvero ben riuscito (insomma, basta che non canti). VOTO 6+
(Marina Marzulli)

Olly, «Polvere»

«Viva la Vida» virata EDM. Non fa prudere troppo le mani ma nemmeno venire voglia di risentirla. Lui non fa neanche finta di saper cantare, si mangia le parole peggio di Grignani poco prima solo che purtroppo non è Grignani. Insomma sembra di sentire Chris Martin ubriaco che fa le soundtrack per i calcinculo. Quantomeno non sembra tirarsela. VOTO 5
(Luca Roncoroni)

Polvere il titolo della canzone di uno dei vincitori di Sanremo Giovani. Della sua performance rimane solo l’autotune. VOTO 0
(Carmen Pupo)

Mi ha divertito, che è più di quanto abbiano fatto gli altri cantanti in gara. Autotune a manetta, mossette, erre moscia, testo non disprezzabile. Potrebbe diventare una hit. VOTO 6,5
(Marina Marzulli)

Colla Zio, «Non mi va»

I Backstreet Boys che suonano i Jamiroquai pensando ai Neri per Caso, ma alla festa dell’oratorio. E quasi funziona. Peccato per gli accostamenti cromatici che fanno un po’ Power Rangers (o Teletubbies). VOTO 6
(Luca Roncoroni)

La versione «Wish» de Lo Stato Sociale porta sul palco una canzone che sembra scritta da un’intelligenza artificiale. VOTO 2
(Carmen Pupo)

I cugini di campagna mi sono sembrati più moderni di questi 5 ragazzi. Scanzonati, colorati, la versione povera de Lo stato sociale. Cosa ci facessero su quel palco non lo sapevano nemmeno loro. VOTO 4,5
(Marina Marzulli)

Mara Sattei, «Duemilaminuti»

Si presenta con un brano al solito scritto dal fratello, un po’ normalizzato, un po’ sanremese nel senso più palloso del termine. Per ora sembra una ballata dolente, affatto brutta, non particolarmente memorabile. VOTO 6,5
(Luca Roncoroni)

Elegante e delicata, con la sua «Duemilaminuti» non a caso si è esibita per ultima. Duemila, infatti, sono i minuti che ha dovuto aspettare prima di cantare, più o meno. Porta sul palco una canzone in perfetto stile sanremese. VOTO 7
(Carmen Pupo)

A lei il premio Bianca Atzei per la canzone più inutile ascoltata finora. Sanremese nel senso peggiore del termine. VOTO 4,5
(Marina Marzulli)

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