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«Le città invisibili» di Calvino a «Lazzaretto Estate 2022». “Suonate” dal Claudio Angeleri 6et

Articolo. Con le voci di Maurizio Franco e Oreste Castagna, uno spettacolo multimediale fra musica, parole e visual art. Dove narrazione e note si scambiano le parti senza mai perdersi di vista. E il mondo calviniano assume la semplicità incantevole di un mondo fantasioso che sembra diventare quasi realtà

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Claudio Angeleri (foto Marco Butti)

Parafrasando ciò che scrive Italo Calvino ne «Le città invisibili» – «Ogni città riceve la sua forma dal deserto a cui si oppone» – potremmo dire che «Ogni città riceve il suo suono dal silenzio a cui si oppone». Che è poi una descrizione centrata dello spettacolo «Le città invisibili. Ispirato al libro di Italo Calvino» del Claudio Angeleri 6et con le voci di narranti di Maurizio Franco e Oreste Castagna. In scena domenica 10 luglio alle ore 21.30 per « Lazzaretto Estate 2022 » (qui il link per acquistare i biglietti).

Chi frequenta Eppen con assiduità si ricorderà che con un altro nome – «Musiche dalle città invisibili» – il concerto con reading e visual ideato e composto da Claudio Angeleri è passato di recente dal Teatro Sociale di Como per il festival «Le Primavere». Occasione per fare due chiacchiere con il pianista bergamasco su uno spettacolo – ma verrebbe quasi da definirlo come un’«anomala piece teatrale» – sorprendente per come tratta la materia calviniana: con rispetto, certo, ma anche con una grosse dose di fantasia, ribaltandone di fatto i meccanismi.

«Le città invisibili. Ispirato al libro di Italo Calvino», infatti, non pone al centro della narrazione le parole dello scrittore nato a Cuba, ma le incastona in una serie di quadri sonori affidati al pianoforte dello stesso Angeleri, ai vocalizzi ammalianti di Paola Milzani, al flauto e sax soprano di Giulio Visibelli, al sax alto, flauto e a un inedito clarinetto basso di Gabriele Comeglio, al basso di Marco Esposito e alla batteria di Matteo Milesi. Un sestetto jazz in tutto e per tutto, che sposa l’anomalia romanzesca di Calvino per creare un’altra anomalia, avvincente e riuscita: quella di una musica che “racconta” le città del libro. Mentre le due voci narranti svolgono rispettivamente il compito di introdurre ciascun quadro sonoro (Maurizio Franco); e di “suonare” letteralmente il testo calviniano attraverso la voce di un Oreste Castagna che, da attore consumato qual è, “esegue” alcuni frammenti della narrazione facendoli dialogare con le parti suonate. Come se fosse quasi un settimo strumento.

L’effetto è straordinariamente evocativo: quello che nasce è un viaggio attraverso differenti mondi fantastici che diventano mondi sonori. Ognuno con il proprio tema, variato in debite improvvisazioni che danno luce a tutti gli elementi del gruppo. Angeleri è pianista, ma anche architetto, e si sente. «Le città invisibili. Ispirato al libro di Italo Calvino» è uno spettacolo costruito al millimetro. Nell’incrociare partiture vocali e strumentali. Nel fare della voce di Milzani un elemento sonoro essenziale, affiancato ai fiati o in solitaria con le parole. Nel dare a due musicisti di valore come Comeglio e Visibelli il giusto spazio improvvisativo. Nel saper essere un pianista lirico o minimale quando è necessario. Nel dare infine al basso di Esposito e alla batteria di Milesi il compito di sorreggere ritmicamente i crescendo del combo, facendosi all’occorrenza decisivi a livello timbrico.

Una menzione particolare poi va a Oreste Castagna, per come approccia il testo di Calvino marcandone i tempi interni al racconto ma anche quelli esterni dell’alternanza con la musica. Curiose anche le introduzioni di Maurizio Franco, che spargono suggestioni interdisciplinari e toccano l’intento sociale, addirittura politico e in prima istanza esistenziale de «Le città invisibili». Belli anche i visual di Tommaso Angeleri nell’accentuare il carattere evocativo della performance.

Nato nel 2004 e diventato disco nello stesso anno, «Le città invisibili. Ispirato al libro di Italo Calvino» viene riproposto quest’anno a cinquant’anni dall’uscita del libro. Non perdendo un grammo della propria originalità e libertà sonora, che usa il linguaggio del jazz con la stessa intenzione fantasiosa ma calibrata che fu di Calvino nello scrivere «Le città invisibili». La trasposizione in musica di città immaginarie come Bauci, Cloe, Smeraldina, Isaura, Sofronia, Despina (con uno splendido “solo” di Castagna), Sofronia e Pentesilea fanno de «Le città invisibili. Ispirato al libro di Italo Calvino» uno spettacolo elegante e sottilmente imprevedibile, che nel giocare sul dettaglio, sulle parole e sulle immagini accoglie l’ascoltatore in un percorso cangiante – dal pianismo lieve delle Città sottili al tono favolistico ma dalla filigrana inquieta di Perinzia. Non è stata un’operazione facile quella di Angeleri. E non sarà stato facile, almeno all’inizio, per i musicisti e gli attori coinvolti entrare in un’architettura così complessa, che al pubblico però riserva la semplicità incantevole di ciò che è fantasioso. E sembra diventare quasi realtà.

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