Succede che uno dei più interessanti e stimati musicisti elettronici al mondo sia italiano. E che valga anche per lui il logoro cliché del nemo profeta in patria. Nato a Cesena nel 1983, basta un dato a presentarlo: Lorenzo Senni è l’unico italiano nel roster della Warp Records, molto probabilmente l’etichetta discografica più importante della storia della musica elettronica. Parliamo della label che nel 1992 fece uscire «Artificial Intelligence», una compilation che partendo da generi ballabili per eccellenza come house e techno, ne rallentava i tempi andando a creare qualcosa di nuovo. Era l’IDM, “Intelligent Dance Music”: una definizione tanto boriosa quanto calzante, per un genere che aprì nuove ed entusiasmanti strade (dalle ibridazioni con l’ambient alle sperimentazioni più acid) per tutta una pletora di musicisti e studiosi dagli anni Novanta a oggi.
Raccontare esaustivamente cosa rappresentò quell’androide stravaccato e perso in un mondo di «Musica e Fumo» immortalato in copertina è impresa improba e che ci porterebbe troppo lontano: per chi volesse approfondire origini e direzioni di questa musica suonata dalle macchine ricordando gli umani, c’è «Ex Machina» del guru Valerio Mattioli (Minimum Fax), un libro uscito quest’anno che è una sorta di Bibbia (adeguatamente lisergica) per le evoluzioni della label britannica e della Santa Trinità elettronica rappresentata da Aphex Twin, Autechre e Boards of Canada. Ma torniamo a Lorenzo Senni.
Già entrare in questi discorsi e in questi ambienti per un musicista può rappresentare l’apoteosi di una carriera. Senni è stato scoperto e scritturato dalla Warp nel 2018, con soli quattro lavori (per lo più brevi) pubblicati alle spalle. Già questo vale come biglietto da visita per restituire lo status di un artista i cui ultimi due lavori (pubblicati appunto per la label inglese) sono stati lodati e incensati da tutto il mondo. Un artista, tra l’altro, che con Bergamo ha un legame speciale; infatti la scintilla che convinse definitivamente la Warp a puntare tutto su Senni fu «Canone Infinito»: un brano che vive – appunto – all’infinito sottoforma di installazione permanente tra i corridoi del reparto di terapia intensiva dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII. L’opera, una tenue melodia in loop realizzata da Senni su commissione di The Blank Contemporary Art, è pensata per accompagnare pazienti, parenti e personale ospedaliero in momenti così delicati.
Non è la prima incursione di Senni nei territori della sonorizzazione d’ambienti: la sua del resto è una musica che nasce anzitutto concettuale, pensata per abitare ambienti accademici e mostre d’arte. Gli inizi della sua produzione, con la raccolta «Early Works» (composizioni risalenti al 2008) e «Dunno», sono infatti esperienze di musica “laptop-tronica”, da cucciolo di Autechre che guarda ai genitori con amore e deferenza. Increspature glitch, crepitii e interferenze digitali, tra la lezione del Fennesz più estivo e atmosfere debitrici di innumerevoli maestri giapponesi dimenticati.
Successivamente la svolta: con «Quantum Jelly», EP del 2012, Senni approda a quello che diventerà a tutti gli effetti il suo trademark: un concept sonoro immediatamente riconoscibile, saldamente radicato nella storia e con un parco riferimenti ampissimo, ma quantomai originale e personalissimo. La chiameranno «puntilismo-trance», a battezzare qualcosa di effettivamente nuovo anche in un panorama caratterizzato da un’obsolescenza molto precoce come quello della musica elettronica. Parliamo di un ibrido che si colloca a cavallo tra l’IDM degli anni Novanta e la hi-tech music che ha spopolato tra i cultori a partire dagli anni Dieci.
I riferimenti di Senni sono altissimi, se non siderali: il minimalismo di Terry Riley e Steve Reich, il puntilismo di Stockhausen, il Tintinnabuli di Arvo Part, la pittura di Paul Signac e Geroges Seurat. C’è poi tutta una serie di occhiolini strizzati a illustrissimi compagni di scuderia Warp: l’isterismo ipercinetico di Squarepusher (ma senza le sue estenuanti masturbazioni strumentali) e l’ovvia lezione di Aphex Twin (tanto quello di «Selected Amibent Works» che quello di «Drukqs»); «Canone Infinito» (nella versione contenuta nell’ultimo «Scacco Matto») è di fatto un confetto di nostalgia post-umana à la Boards of Canada, e diverse atmosfere pensano a Oneohtrix Pont Never. Si potrebbero anche citare, a un ascolto superficiale, il giro PC Music (AG Cook, Sophie) e tanto musica 8-bit e chiptune. Se da un punto di vista sonoro le affinità e richiami non mancano, la premessa concettuale al lavoro di Senni è totalmente diversa.
Centrale nella sua poetica è infatti quel «Rave Voyeur» che sulla copertina di «Persona» (il suo esordio per Warp nel 2016) spia dalla serratura qualcosa cui vorrebbe partecipare, ma di cui non fa e non farà mai veramente parte. Si limita piuttosto a vivisezionare, con gelida lucidità, strutture e patterns fondanti per il genere da ballo. È quindi una musica dance “de-ballizzata”, che ripropone forme archetipiche in un contesto nuovo. Perché provateci voi a ballare Senni, una convulsione unica. Significa spararsi tra le orecchie una trance quasi caricaturale, volutamente kitsch alle orecchie dei più smaliziati. Il topòs preferito da LS è prendere un build-up – in gergo, il momento che precede l’esplosione del drop – e disinnescarne la potenza orgasmica. In altre parole, i suoi pezzi sono una disperata pratica di edging che ripetono all’infinito un crescendo destinato a non raggiungere mai il suo climax. Detto così potrebbe sembrare un’esperienza frustrante – e a tratti lo è – ma il risultato finale è in realtà una scultura alla carica tensiva della musica elettronica. Dentro alla quale – e qui sta la vera bravura di Senni – sono poi incastonate melodie di abbacinante bellezza, spesso rese attraverso linee di synth convulsamente affastellate. Cose affatto facili che solo un musicista serissimo potrebbe scrivere.
La cosa è arrivata a un definitivo (?) approdo nel suo ultimo disco «Scacco Matto», uscito nel 2020 in piena pandemia. Qui, oltre a ritrovare «Canone Infinito», si registra una decisamente maggiore aderenza alla forma canzone. È – in altre parole – il suo disco più pop, accessibile e immediato. Certo non c’è da aspettarsi ritornelli da cantare allo stadio con la sciarpa in mano e l’accendino acceso: chorus, bridge e quant’altro sono sempre resi tramite fucilate al laser e synth alieni. Ma è anche presente, spesso in primo piano, una riflessività inedita nei suoi lavori precedenti. Perché nelle prime due tracce «Discipline of Enthusiasm» e «XBreakingEdgeX» non mancano le specialità della casa a base di tastiere sfavillanti e arpeggi che rimandano a un mondo di videogame arcade. Poi però qualcosa cambia: «Dance Tonight Revolution Tomorrow», con la sua arpa digitale e gli archi robotici, è pensosa e meditabonda. «THINK BIG», dietro alle solite laserate, è melodia pura, e molto malinconica. La stessa «Canone Infinito» è una meditazione trance che più che guardare alle strobo sulla pista da ballo pensa a uno svacco chill out in solitario. Non è rivoluzione, semmai evoluzione. Lorenzo Senni rimane lo stesso: un Aphex Twin che si droga a puntino e poi entra in sala operatoria. Qui però si prende anche una bella tisana malva e finocchio prima di incidere col bisturi il corpo elettronico steso davanti a lui. Venerdì 10 giugno presso lo Spazio Fase di Alzano, per Mu.De (link all’evento), siamo tutti invitati ad assistere all’intervento.