Fermi gli artisti, così come i musicisti. Fermi i gestori di locali e live club, così come gli organizzatori dei grandi e piccoli eventi. Fermi tecnici, giornalisti, fonici, studi di registrazione, turnisti… Insomma, tutti a casa, il mal comune si è trasformato nella necessità di reagire, ma anche di farsi sentire, di rispondere con forza (e anche con una punta di orgoglio) a chi gridava “Vi sembra il momento di pensare ai concerti?”. Ma i concerti sono lavoro, per migliaia di persone.
Quel lavoro con cui si pagano affitti e mutui, ma per il quale ci sono ancora poche e confuse normative oltre ad un mondo sommerso di pagamenti che in molti chiedono di far venire a galla, per vedersi finalmente riconosciuti.
Per questo, qualche settimana fa è nato un documento e un movimento fatto da e per i lavoratori della musica che propone alcuni punti chiari per riformare il settore, approfittando della crisi per rinascere con nuova forza.
Si chiama La musica che gira e ce lo siamo fatti raccontare da tre esponenti bergamasche del settore: Nora Bentivoglio, responsabile di Fleisch Agency ufficio stampa musicale, Roberta Sammarelli, bassista dei Verdena e manager, e Maddalena Compagnoni, organizzatrice di eventi per Edoné, nonché una delle anime di Canta Indie.Canta male.
Nora è stata una delle prime firmatarie del documento ed è membro del coordinamento de La musica che gira, per questo a lei abbiamo chiesto qualcosa in più circa la genesi del progetto: “La Musica che gira è nata dalla necessità di riflettere insieme sulle ripercussioni che il settore musicale avrebbe subito data la crisi sanitaria alla quale stiamo ancora facendo fronte. È in seno a questo confronto che si è palesata l’esigenza di procedere uniti e di manifestare preoccupazioni, esigenze, ma anche possibili soluzioni per il settore nel quale tutti noi lavoriamo da anni. Abbiamo iniziato già nel mese di marzo a sentirci quotidianamente, studiare, informarci, condividere, coinvolgere tutte le realtà del nostro mondo per avere un quadro quanto più completo possibile, dal quale poi è nato il documento programmatico al quale stiamo ancora lavorando”.
Quattro le richieste principali espresse dal movimento: garantire a tutti l’accesso alle tutele sociali, supportare le attività imprenditoriali del settore e stimolarne una riforma definitiva. Infine, incentivare gli investimenti green su innovazione e tecnologia.
Anche per questo La musica che gira non raccoglie solo artisti e musicisti ma, da subito, ha chiesto adesione a tutte le figure professionali che ruotano attorno alla musica, come spiega Nora: “Una delle necessità di questo momento è essere uniti e rendere un po’ più evidente la complessità della filiera, anche per sfuggire dal grosso equivoco che il mondo della musica sia composto solo dagli artisti”.
Anche per questo motivo i numeri sono un segnale significativo. Attualmente sono poco meno di 5 mila i firmatari del documento e uno degli scopi del progetto è proprio cercare di mostrare una realtà fatta da tantissime persone.
Per Roberta Sammarelli è fondamentale mostrare questo valore: “Bisogna prendere coscienza che si tratta a tutti gli effetti di lavoro, non solo di divertimento e svago. Ogni musicista dietro di sé ha una filiera che è fondamentale per l’esistenza di tutto il mondo dello spettacolo” e aggiunge un esempio della sua esperienza personale che inquadra molto bene la realtà dei fatti: “Dal 2010 al 2016 io sono stata manager e amministratore dei Verdena e ti assicuro che fare i conti vuol dire gestire e pensare agli incassi necessari per pagare i fonici, il backliner, il lucista, chi fa l’impianto, il booking. Tutta questa filiera di persone è fondamentale. Senza fonico non si fa un concerto perché il suo è un lavoro specifico che il musicista non sa fare”.
Su questo punto anche Maddalena Compagnoni è agguerrita: “Molto spesso la gente non ci riconosce come lavoratori. Se mio fratello va in fabbrica lavora, se io dico che devo andare al locale perché quella sera lavoro, pensano che vada a vedere i miei amici e questo è un problema reale che hanno tutti”.
Eppure i numeri di un settore che ora vive nella totale incertezza non sono bazzecole, come ci spiega Nora: “Un’intera industria, quella della cultura, vede al lavoro centinaia di migliaia di lavoratori e imprenditori che producono direttamente quasi 100 miliardi di euro l’anno e che, considerando l’indotto dell’intera filiera culturale, generano ricchezza per oltre 250 miliardi. Il sistema produttivo culturale e creativo dà lavoro a più di 1,5 milioni di persone, il 6,1% del totale degli occupati in Italia”.
All’interno di questi numeri c’è il contributo del settore musica: “L’Italia intera beneficia dei risultati economici e sociali del lavoro dei professionisti del settore musicale che da solo conta oltre 400 mila persone. Siamo consapevoli del fatto che senza un intervento urgente le conseguenze negative di questa crisi produrranno un’onda lunga che ricadrà sull’economia futura del settore, sul PIL del Paese e sulla sua capacità di produrre valore anche in termini socio-culturali. Speriamo non solo di farci ascoltare, ma di tornare ad essere considerati come una ricchezza per il Paese, perché lo siamo. Una ricchezza sociale e culturale che va al di là del semplice divertimento”.
Tra le richieste del movimento alcune sono particolarmente significative, come quella di una riforma definitiva del settore, che sposta gli obiettivi ben oltre l’emergenza creata dalla pandemia.
A Nora il compito di spiegare cosa serva per farlo: “Coinvolgere tutte le parti che compongono il settore. In tal senso sarà importante il lavoro che svolgerà il Forum dell’Arte e della Cultura, al quale partecipiamo, che ha come obiettivo proprio quello di fare sintesi tra le necessità di tutti i comparti che compongono il settore culturale. Sarà un processo impegnativo, ma quanto mai necessario”.
Roberta aggiunge: “Confido che si possa ottenere che la cultura non venga più considerata un bene di lusso. Abbassiamo l’Iva sui dischi e la musica, diamo incentivi fiscali a chi ha uno studio e produce perché la musica è parte di una fetta di popolazione molto ampia, accompagna la vita e il lavoro di moltissime persone”.
Per Maddalena uno degli obiettivi principali resta la riduzione fiscale per l’eventistica: “Sulla musica si è sempre chiuso un occhio, ma sono tanti a desiderare di lavorare a tutti i livelli in ’chiaro’, allo scoperto, permettendo così di dichiararsi lavoratori in quanto tale”.
Un’ultima riflessione, doverosa, va fatta sull’estate che ci aspetta. Da decreto i concerti potranno ripartire dal prossimo 15 giugno con regole stringenti: massimo 200 persone per posti chiusi, massimo 1000 per quelli all’aperto, prevendita obbligatoria, dispositivi di sicurezza, controlli della temperatura e divieto totale di erogare cibi e bevande. Che estate sarà?
Nora: “Non ne ho idea. Sarà certamente difficile e complicato, per tutti, non solo per la musica e la cultura. Serviranno sicuramente creatività e ingegno, sensibilità e coraggio per sapersi reinventare e andare oltre queste normative per continuare a fare il lavoro che amiamo, in sicurezza”.
Roberta: “Il 15 giugno non si può ripartire con le condizioni che hanno posto e questo significa che in questo ambiente dobbiamo aspettare ancora per poter fare gli spettacoli in modo coerente, si parla di primavera 2021. Fino a quel momento bisogna fare proposta vere e reali alla cultura”.
Maddalena: “Un concerto sta in piedi grazie a quello che il pubblico consuma. Non conoscere questa realtà significa non sapere come vengono organizzati gli eventi, piccoli o gradi che siano. Con queste limitazioni non si può fare nulla”.