U n territorio che non si ferma mai. E unisce arte, entertainment , musica ad un forte spirito imprenditoriale e a una buona dose di creatività. Questo è stata Bergamo e la provincia da giugno in poi. Un luogo vivo e brulicante di appuntamenti. Un posto dove stare bene .
Festival come Rock sul Serio , che già dall’anno scorso ha studiato una nuova formula accattivante e sicura allungandola quest’anno da due a quattro giorni. Altri che hanno esordito decidendo di coniugare musica e sensibilizzazione ambientale, come l’ Under Water Music Fest . E poi Lazzaretto Estate 2021 , la rassegna organizzata dal Comune di Bergamo in uno degli spazi più belli della città, finalmente rivitalizzato dopo i fasti dei primi anni Zero (con Radiohead, Dream Theatre, Bob Dylan, Keith Jarret) con un calendario di 27 spettacoli e un totale di 12 mila presenze, con nomi come Gianna Nannini , Francesco De Gregori , Paolo Rossi , Alice , giusto per citarne alcuni.
E i locali? A loro abbiamo chiesto di tirare le somme di questa estate strana ma entusiasmante, rispondendo a sei domande in quattrocento battute ciascuna. Non tutti hanno rispettato a pieno le consegne, ma dalle risposte di Dimitri Sonzogni di Ink Club (nell’intervista DS), Aldo Macchi di Doc Servizi Bergamo per Bergamo Revolution allo Spazio Polaresco e Bergamo1000 in piazzale degli Alpini (AM) e Giulio Mastropietro più Maddalena Compagnoni di Edoné (per crasi GM) sono emersi parecchi spunti: grandi gioie, tanta fatica, frustrazione, un po’ incertezza per il futuro (ad esempio sulla questione delle capienze negli spazi chiusi), ma anche spettatori collaborativi e voglia di continuare.
Insomma, Bergamo non si ferma, il 2023 – quando con Brescia la nostra città sarà Capitale italiana della cultura – si avvicina e guardando questa estate appena passata viene da dire che sì, addetti ai lavori e pubblico se la meritano di essere per un anno intero Capitale di quella cultura che negli scorsi mesi è stata una luce rivitalizzante dopo il buio dei contagi e delle chiusure. E ora via alle domande.
LB: Ci potete fare un bilancio della stagione?
DS: È stato bello poter pian piano riaprire e tornare ad accogliere socie e soci. È stato anche molto bello poter tornare a fare musica dal vivo. Ma la situazione contabile è ancora molto molto precaria, per via dei precedenti 6 mesi di chiusura, che ci hanno messo in ginocchio (è ancora attiva Fuoriprogramma, la campagna Patreon di Ink Club e Edoné, ndr ).
AM: Il nostro bilancio non può che essere positivo. Nelle diverse location abbiamo realizzato 150 eventi, con 80mila persone che sono passate a trovarci: una soddisfazione enorme. Vedere una bella risposta anche in piazzale degli Alpini, dove eravamo alla prima esperienza, ci fa capire che la strada presa è quella giusta e che, nonostante il periodo, tante persone vogliono viversi una serata di cultura in città.
GM: È stato l’estivo più lungo, complicato, estenuante, poliedrico, folle e meraviglioso della nostra piccola realtà. Possiamo veramente di aver dato TUTTO, e di questo siamo orgogliosi. E la risposta della comunità e del pubblico, sia nei numeri che nell’affetto dimostratoci, sono stati da record. Ora siamo indubbiamente stremati, ma felici. E non lo nascondiamo: queste due estati “pandemiche” ci hanno messo a dura prova, ma anche quando gli ostacoli sembravano insormontabili, abbiamo cercato di vederli come scalini, per migliorarci e crescere.
LB: Quali sono state le difficoltà?
DS: Principalmente le difficoltà sono legate al dover coniugare la capienza ridotta con la copertura delle spese.
AM: C’è da fare una differenza tra le difficoltà attese e quelle reali. Ci aspettavamo che un’altra estate con distanziamenti, mascherina e contingentamenti sarebbe stata mal sopportata dal pubblico. E invece ci siamo lasciati piacevolmente stupire dal grande rispetto che abbiamo incontrato e dal leitmotiv “è l’unico modo per tornare alla normalità”. Sapere di parlare la stessa lingua del nostro pubblico cancella ogni possibile difficoltà. E poi c’è stata la difficoltà, ma anche sfida, di far concepire piazzale degli Alpini come un luogo da vivere e non solo un’area di passaggio.
GM: In primis, l’adattamento ad una perenne condizione di incertezza, cambiamento, e alla necessità di dover esser sempre mutevoli. Abbiamo dovuto accendere “qualche lucina in più” per trovare nuove soluzioni, apporre continue modifiche e aggiustamenti, sperimentare soluzioni innovative e spesso rischiose, pur rimanendo fedeli al nostro percorso, alla nostra missione socio-culturale, e restando obbligatoriamente vincolati ad una sostenibilità rigorosa e a bilanci virtuosi. Se cadiamo, cadiamo da soli e senza rete protettiva, ma questo per fortuna non ci ha mai troppo spaventato.
LB: Come ha reagito il pubblico al Green Pass? Non era forse meglio introdurlo all’inizio dell’estate invece che a metà?
DS: Il nostro pubblico non ha pressoché battuto ciglio. Credo che l’introduzione del Green Pass a metà Estate sia dovuta al fatto che a inizio estate molti giovani, ovvero il pubblico che più frequenta i locali serali-notturni, non avessero ancora potuto provvedere alla vaccinazione.
AM: Sono tante le cose che potevano essere fatte meglio. Ma adattarsi al più presto e farlo al meglio era, ancora una volta, l’unico modo. Abbiamo potuto vedere l’esistenza dei leoni da tastiera: se sui social il fiume di polemiche è stato grande, all’ingresso sono stati davvero pochi i casi di protesta e lamentela e via via che si andava avanti, la totalità del pubblico si è fatta trovare pronta con i documenti in regola.
GM: Sicuramente le tempistiche non hanno aiutato, così come l’iniziale confusione in merito alle disposizioni. Siamo un locale ibrido: non puramente una sala concerti (non abbiamo né platea né biglietto d’ingresso), ma nemmeno un ristorante tradizionale o un bar all’aperto. Tecnicamente, siamo uno spazio di somministrazione con intrattenimento, interamente all’aperto. Una casistica che non prevede il Green Pass. Ma per capirlo, abbiam dovuto passare giorni a confrontarci con polizia locale e comune, anche loro presi un po’ in contropiede. Non ne abbiamo quindi la prova dei fatti, ma siamo certi che il nostro pubblico avrebbe reagito con buonsenso ed amore per la comunità, come sempre dimostrato negli ultimi anni ed in varie occasioni.
LB: Che pubblico avete trovato dopo un lockdown e, chiamiamolo così, un semi-lockdown? Avete avvertito una certa paura di uscire ed essere contagiati?
DS: La paura percepita è relativa, è molto maggiore la voglia di normalità. Il pubblico è sembrato comunque “rassegnato” alle restrizioni che ci portiamo dietro da ormai 20 mesi, e di volta in volta disposto ad accettare le nuove disposizioni senza troppi problemi. Del resto è meglio poter ascoltare un concerto dal vivo seppur seduti, distanziati e con mascherina, piuttosto che non ascoltarne proprio.
AM: Abbiamo incontrato un pubblico non indifferente alla situazione di emergenza che abbiamo vissuto negli ultimi due anni. Vedere tanto rispetto nelle norme e nel distanziamento ci fa capire che la voglia di uscire c’era, ma anche quella di sentirsi in un luogo sicuro. Non credo fosse paura del contagio, ma piuttosto consapevolezza della situazione.
GM: Su tutto, abbiamo percepito un incredibile entusiasmo. Mai come quest’anno abbiamo visto gente commuoversi nel rivedere un concerto, un vecchio amico, o semplicemente riassaporare un abbraccio. Tante lacrime, quest’estate, ed erano tutte piene di passione e speranza.
LB: Il Governo ha rinviato qualsiasi discorso sull’ampliamento delle capienze, che ne pensate?
DM: Che è necessario dare una risposta concreta e chiara alle realtà “al chiuso” che ogni anno lavorano principalmente durante l’autunno e l’inverno. Il fatto di aver lasciato alla gente molta (forse troppa?) libertà durante l’estate non dovrebbe condizionare l’attività di chi, come noi, è costretto a concentrare le proprie iniziative durante il resto dell’anno.
AM: Ecco questa è una delle difficoltà reali. Proporre programmi come il nostro è sicuramente una bella sfida, ma senza un vero e proprio ritorno a una pseudo normalità è complicato proseguire. Perché crediamo nella campagna vaccinale e nella prevenzione, ma anche in una sorta di conseguenza virtuosa. L’inserimento del Green Pass non ha visto un aumento delle capienze come era quasi legittimo pensare. Ma restiamo fiduciosi che qualcosa cambi al più presto.
GM: È una situazione molto frustrante. Non entriamo nel merito di cosa si dovrebbe o non si dovrebbe fare, perché non abbiamo gli strumenti e la conoscenza per farlo, ma a volte si ha la sensazione che la nostra strana categoria, chiamiamola di “agenti culturali”, sia spesso fuori dai radar decisionali proprio per la sua natura ibrida. Abbiamo sempre cercato di fare la nostra parte, con responsabilità e rispetto, stringendo i denti il più possibile. Dobbiamo continuare a farlo, ricordandoci di non essere soli.
LB: E ora cosa avete in progetto? Cosa sarà il futuro?
DM: Penso che non ci sia una risposta certa a questa domanda. Noi cerchiamo di portare avanti i nostri progetti e di avviarne sempre di nuovi, con piani economici radenti lo zero e affidandoci soprattutto al volontariato. Ma un’ulteriore chiusura rischierebbe di tagliarci definitivamente le gambe.
AM: Abbiamo in mente iniziative culturali che permettano di far vivere piazzale degli Alpini in autunno e inverno, anche di giorno, coinvolgendo le scuole e gli studenti. Verrà comunicato tutto a breve e non vediamo l’ora. Il percorso è indirizzato verso il 2023 quando Bergamo e Brescia saranno capitali della cultura e il gemellaggio iniziato la scorsa estate con Latteria Molloy a Brescia vedrà uno step anche istituzionale.
GM: Siamo sinceri: pensare al futuro in questo momento ci entusiasma. Abbiamo così tante idee, progetti, sogni da cercare di realizzare, che non ci fanno avere dubbi: il meglio è ancora davanti a noi. Ma non possiamo mai fermarci: abbiamo già ricominciato con la nostra stagione di eventi “autunnale”, che ospiterà concerti, esposizioni di arte contemporanea, dj set ed eventi cultural-culinari. Per noi gli spazi si restringono, ma questo ci dà anche la possibilità di sperimentare nuovi format, serate e proposte. La nostra missione è sempre quella di condividere cultura e seminare passione, con uno sguardo particolare all’innovazione. Le difficoltà del momento e le relative restrizioni ci impongono di essere creativi e trovare nuove soluzioni.
L’ha cantato Riccardo Sinigallia allo Spazio Polaeresco per Bergamo Revolution: “ L’avevi detto tu / Facciamo entrare il sole / Scoprendo dentro al palmo della mano / Un’altra immagine del nostro cuore / […] Una rigenerazione ”. Eccola qui, e non è finita.