Come molti di voi, ho scoperto il Coro Divertimento Vocale quasi per caso, facendo pigramente zapping tra un canale e l’altro, fino a incrociare le audizioni dell’edizione 2019 di Italia’s Got Talent su TV8.
Fin da subito ho avuto chiaro di essermi imbattuta in qualcosa di inusuale: sullo schermo infatti un vero e proprio plotone a sette livelli di coristi che in pochi istanti hanno dato vita a una tempesta con l’uso esclusivo di soffi, schiocchi di dita, fischi, sfregamenti, salti, battiti di mani.
La mia sorpresa è aumentata quando il mese scorso mi è giunta la notizia che quello che durante il programma era stato definito come “il coro che non canta” (definizione che però non rispecchia appieno la complessità di quello che è il CDV) da Gallarate stava arrivando a Bergamo. Più precisamente a Sotto il Monte, dove l’11 gennaio si esibirà presso il nuovissimo Teatro Giovanni XXIII.
Per l’occasione, abbiamo fatto una chiacchierata con Luciano Spairani, presidente del gruppo, per scoprire qualcosa di più su questa formazione capitanata dal Maestro Carlo Morandi.
“Siamo una struttura complessa e amatoriale, no profit e senza fini di lucro. Inoltre abbiamo una finalità etica e morale pur non essendo una onlus”. E se come si suol dire l’unione fa la forza, questo appare tanto più vero quando si parla del CDV che ad oggi conta “quasi centocinquanta coristi, divisi in 50 soprani 50 contralti 25 bassi e 25 tenori. È difficile mantenere il livello costante, ma non è un problema”.
Il coro nasce nel 1996 come formazione costituita da una ventina di adolescenti guidati dalla presidente Dtt.sa Coronetti, che lo ha guidato durante i primi dieci anni fino al passaggio di testimone a Luciano Spairani tredici anni fa: “Il mio predecessore ha fatto un ottimo lavoro, che poi io ho sviluppato su altri canali insieme ai ragazzi che, partiti quando avevano tra i tredici e quattordici anni, erano ormai cresciuti e avevano superato i vent’anni. Certi tipi di musica degli esordi non andavano più bene, così abbiamo sviluppato il lavoro sui teatri e sulle piazze all’aperto, cominciando ad ampliare il repertorio verso una dimensione maggiormente votata al divertimento”.
Uno spirito capace di destare l’interesse dei media, come ha dimostrato la partecipazione al programma Italia’s Got Talent: “Quando ci hanno chiamati per l’audizione a Milano inizialmente ero un po’ perplesso, anche perché muovere un gruppo così numeroso era difficile. Al tempo stavamo sviluppando il coro verso il divertimento e lo spettacolo, su generi musicali diversificati tra pop, jazz, rock. Non solo gospel dunque”. Ma dopo le prime resistenze, ha prevalso la voglia di cantare e divertirsi: “Ho resistito fino a che non mi sono detto, ma sì, togliamoci questa piccola soddisfazione. Siamo andati al programma con il nostro temporale, che detto sinceramente è la cosa più semplice dal nostro repertorio”.
Ma a volte le idee semplici sanno fare colpo, come ha dimostrato il risultato dell’audizione dove il gruppo si è aggiudicato i quattro sì dei giudici, necessari per passare alla fase successiva del talent show: “Noi abbiamo arricchito e diversificato il temporale, giocando molto anche con le luci. Quelli del programma sono rimasti colpiti e ci hanno classificato come “Il coro che non canta”, il che è bel problema, perché dopo il temporale, cosa potevamo fare? Un terremoto? (ride Ndr)”.
Da lì alla semifinale il passo è stato breve, ma non privo di complessità: “Quando siamo andati in semifinale a Roma eravamo 95 persone. Una volta lì ci hanno dato un’indicazione: essendo l’anno di Lucio Dalla ed essendo che sempre più l’attenzione si stava concentrando sulle problematiche ambientali è stato scelto il brano “Com’è profondo il mare”. Un’opera impegnativa, perché sonorizzare in modo coreografico un ambiente marino su una canzone di Dalla non era semplice”.
Il risultato? “Ne è uscito un pezzo molto emozionante, che oggi fa parte a pieno titolo del nostro repertorio”.
Il freno arriva però proprio a un passo dalla vittoria: durante la finale il CDV non riesce a superare la soglia necessaria per classificarsi tra le prime cinque posizioni. Un risultato che però è stato accolto con grande gioia dal coro, che resta con i piedi ben ancorati a terra: “Noi restiamo sempre noi. Non avendo fini di lucro all’interno dell’associazione non circolano soldi, non c’è interesse economico. Il nostro è un rifugio: quando entrano da noi le persone trovano un luogo dove è possibile lasciare fuori tutte le preoccupazioni del vivere quotidiano. La maggior parte dei componenti fanno parte dell’età adulta, molti sono sposati, hanno un lavoro, figli e tutte le problematiche della vita, il che non è mai semplice. Quindi noi rappresentiamo un punto di ritrovo dove possono lasciarsi alle spalle problemi. Si parla di musica, si canta, si socializza e si creano gruppi”.
Un influsso positivo che arriva inevitabilmente anche in platea: “Durante i nostri spettacoli quello che davvero interessa al pubblico è la sensazione di calore e gioia che viene giù dal palco. Si crea un bel rapporto di comunione tra astanti e gente che canta. Noi ovviamente diamo il massimo delle nostre possibilità, facciamo prove e cerchiamo di mantenere un livello alto in tutto ciò che proponiamo, però la precisione non è la cosa principale su cui puntiamo. C’è bisogno di esperienza prima ancora che di perfezione. È una cosa che noi facciamo quasi in maniera istintiva, un modus vivendi, di aggregazione e legami che si creano”.
E alla voglia di divertire e divertirsi, il CDV aggiunge un contributo sociale: “Facciamo molti dei nostri concerti per realtà sociali importanti, come l’Associazione Amici del Centro Studi Sclerosi multipla, Dottor Sorriso, la Aff Down e altre. Il ricavato della vendita dei biglietti lo lasciamo alle associazioni: nel tempo abbiamo donato tra i 250 e i 300 mila euro”.
Ma quali sono i segreti per mantenere viva e unita questa realtà? “Prima di tutto le regole: noi siamo un gruppo un po’ anarchico perché regole ce ne sono poche. Il nostro maestro, che è molto fantasmagorico, carismatico e creativo, è la vera anima del coro. Senza di lui il coro non esiste”.
La vera forza del gruppo sembra essere proprio il senso di libertà e la voglia di stare insieme: “I nostri ragazzi (noi li chiamiamo così anche se l’età varia dai giovanissimi alle persone mature) vengono perché vogliono venire, fanno i concerti perché hanno voglia di farli, non c’è nessun obbligo. Pagano una quota di partecipazione durante l’anno perché è anche un modo di appartenere e questo ci permette di essere attrezzati: abbiamo due furgoni, un impianto audio che è completamente nostro, luci, apparecchiature elettroniche”.
E per il futuro, sappiate che il calendario degli appuntamenti è pieno fino a dicembre 2020: “Quest’anno non abbiamo già più spazio per nuovi concerti. Se vivessimo di questo, faremmo concerti tutti i sabati, ma avendo appunto tutti componenti con una media di età di trentacinque anni e con altri lavori se dovessimo fare più di due concerti al mese rischieremmo di provocare separazioni, litigi tra i componenti e le loro famiglie. Verrebbe fuori un pasticcio che non finisce più, quindi meglio non rischiare”.
Non ci resta che aspettare l’11 gennaio per lasciarci influenzare appieno dell’allegria e del divertimento del CDV.