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Come sta la musica a Bergamo #2: Ink Club e Joe Koala

Articolo. Seconda puntata dell’inchiesta sulla scena musicale bergamasca. Questa volta a parlare sono due gestori di locali, ma soprattutto due direttori artistici, promotori di musica live e di sperimentazione su eventi musicali in città e provincia

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(Ink Club)

Bergamo città morta o città viva per la musica live? Parlando con Dimitri Sonzogni, direttore artistico di Ink Club a Bergamo e Matteo Lodetti, collega al Joe Koala di Osio Sopra, la musica a Bergamo è viva e in buono stato di salute, ma qualcosa non torna comunque. Sotto l’apparenza di tante serate e tanti concerti, c’è la realtà di locali che alternano sold out a giorni buchi, di concerti estivi traboccanti di gente e live invernali che soffrono di desertificazione.

Per prima cosa scopriamo qualcosa in più sulle tempistiche necessarie a un locale per ingranare. A conti fatti ci vuole circa un anno fra prove, tentativi, proposte e attese di riscontri prima di dare vita a un’attività live che sia riconosciuta e riconoscibile, nello stile dell’offerta e per il target di pubblico a cui si riferisce. Questo lo confermano entrambi.

Io e Giulia (Spallino ndr) abbiamo preso in mano questo posto dal capodanno 2017 e c’è voluto quasi un anno e mezzo per avere un’idea di come strutturare un calendario equilibrato – racconta Dimitri che inizia a stilare il lungo elenco di collaborazioni attivate in questi tre anni per definire l’identità musicale del locale – Il giovedì sera ora proponiamo INKroci, appuntamento dedicato a tutte le forme di musica contemporanea, con un’estetica ben definita, che sta portando alla formazione della prima orchestra fissa del club, formata da musicisti che gravitano attorno al locale. Il venerdì, solitamente lo dedichiamo al dj set, provando a proporre musica altra rispetto a una discoteca e il sabato i concerti variano tantissimo per genere e collaborazione. Altra rassegna fissa è ‘Le solite all’Ink’, dedicata all’arte femminile”.
Una programmazione estremamente variegata che in questi anni è riuscita a definire il carattere dell’Arci bergamasco e a renderlo un punto della musica live sul territorio.

Stesse tempistiche per il Joe Koala di Osio sopra e il suo direttore artistico, Matteo Lodetti, che da sei anni ne cura la programmazione: “Quando abbiamo iniziato l’idea era di fare soprattutto live acustici ma è stata ribaltata già dal secondo concerto (ride, ndr). Siamo partiti con un concerto al mese, il sabato soprattutto, poi abbiamo iniziato a lavorare anche sul venerdì e siccome non eravamo ancora pratici con la birra, in effetti, per noi che siamo in provincia, la musica è stato il veicolo migliore per far girare subito il nome del locale anche a Bergamo”.

Attualmente il Joe Koala propone musica tutte le settimane, sia venerdì che sabato e, quando capita, in settimana soprattutto “per aiutare le band in tour che si ritrovano con un day off da occupare. Dopo sei anni il nome del Joe Koala è conosciuto in tutta Italia, anche grazie ai tanti artisti che sono passati di qui e ai booking con cui abbiamo collaborato”.

Tempo, dunque, questa è una dote necessaria per far crescere una programmazione caratterizzante e di qualità, oltre alla capacità di saperci fare con gli artisti, per creare nel proprio locale l’atmosfera che ti porta ad ascoltare un live anche se non conosci perfettamente la band o il musicista che si esibirà.

La correttezza con gli artisti è una delle prime cose – ribadisce Dimitri – cerchiamo sempre di fare in modo che si sentano a casa, ma con i musicisti è semplice andare d’accordo perché l’importante è la passione per la musica. Se hai questa passione sei capace anche di rischiare facendo salire sul tuo palco un nome che non conosce nessuno come i Savana Funk, per esempio, che ora tornano tutti gli anni e hanno un pubblico bergamasco che viene apposta a sentirli”.

A volte credo che ci vorrebbe più coscienza politica da parte di noi musicisti e addetti ai lavori – spiega Matteo – Nel nostro settore c’è un grossissimo buco legislativo, non ci sono tutele, riuscire ad essere musicista e farlo di lavoro è una cosa difficilissima, riuscire a far suonare dal vivo lo è altrettanto perché la situazione deve essere economicamente sostenibile. Se guardo alla Francia o alla Germania, ai loro contratti a intermittenza alle loro forme di tutela mi viene il nervoso. Se il Joe Koala fosse in Francia lo Stato a fine anno ci darebbe dei soldi per i concerti che facciamo, non dico di arrivare a quel punto, ma bisogna rifletterci”.

Da dietro il bancone Matteo continua a raccontare: “In questo lavoro è tutto bello e la fatica, che è tanta, si azzera perché ti diverti, ma mi piacerebbe arrivare al punto in cui poter fare una programmazione senza dover pensare a quante persone verranno o meno nel mio locale e questo non è ancora possibile. Gli ingressi differenziati del Joe Koala ci permettono di avere chi viene per mangiare la pizza, chi viene per la birra e chi per il concerto, ma senza questo meccanismo la proposta live non sarebbe sostenibile. Tante volte ho avuto delusioni da questo lavoro e ne soffro… Ne dico una, al concerto di Lucio Leoni eravamo qui in cinque eppure lui è un grande artista e resta uno dei più belli che io ricordi qui dentro”.

Di sostenibilità dei progetti parla anche Dimitri: “Abbiamo un budget definito, sempre, oltre il quale andiamo raramente altrimenti tutto diventa impossibile. Questo lavoro ha dei picchi di bellezza e picchi di fatica praticamente uguali. Organizzatori e locali collaborano al meglio ed è bellissimo, ma c’è anche un’eccessiva attenzione a far crescere solo il proprio progetto e la propria realtà. C’è molta autoreferenzialità, soprattutto tra i musicisti, e lo vediamo bene quando organizziamo il nostro festival, Clamore”.

Tra un locale in città e uno in provincia si snodano i pensieri di due ragazzi felici, ma affaticati, alimentati dalla stessa passione e da difficoltà comuni. Pronti alla fine ad esprimere un desiderio e a farsi un augurio per migliorare il loro lavoro.

Dimitri Sonzogni ci pensa un po’ su, poi dice: “Bergamo è fighissima dal punto di vista musicale e si vede anche nei progetti degli artisti, sarebbe bello ci fosse un po’ più di coordinazione a livello politico come una sorta di ufficio musicale che dia un aiuto reale e concreto. Mi piacerebbe anche che si facesse rete fra locali e festival per collaborare davvero tutti”.

Se deve esprimere un desiderio, invece, Matteo Lodetti si toglie dall’area bergamasca e va su un discorso più generale: “La percentuale di musica indipendente che passa in radio deve essere maggiore, perché la gente deve abituarsi ad ascoltare qualcosa di diverso. Effettivamente ci sono tante opportunità per sentire musica qua a Bergamo, abbiamo una rete di festival portata avanti da tanti volontari. Insomma stiamo percorrendo una strada giusta in un contesto nazionale in cui il trend è un altro”.

Un ufficio musicale del Comune è un’ottima idea. Prossimamente andremo a farci raccontare come funziona. A Brescia.

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