C ome possiamo presentare Roby Matano , semi-sconosciuto al cosiddetto grande pubblico e invece figura fondamentale della musica leggera italiana? Possiamo cominciare a dire che è stato autore di tante belle canzoni; e poi cantante e musicista, sia come solista che leader di gruppi musicali e celebri orchestre (la Milleluci e il complesso di Dora Musumeci); produttore discografico, talent scout , consulente musicale. Attivo e infaticabile per decenni. Insomma, uno a dir poco poliedrico.
Roby è un dinamico giovanotto nato negli anni Trenta a Cisterna (“ allora era in provincia di Roma e ora invece sta con Latina ” specifica lui), poi trasferitosi con la famiglia a Roma, nel quartiere Milvio (“ che in seguito sarà chiamato Della Vittoria” ) dove si trovano un sacco di palazzi famosi come Palazzo Madama, la Farnesina, la Rai di via Teulada. E il Foro italico con il tennis club dove giocava un certo Nicola Pietrangeli quando Roby ne frequentava i campi.
Lo incontro nella sua casa a Romano di Lombardia , in un soggiorno accogliente e pieno di ricordi (“ solo una minima parte per non dare pesantezza all’ambiente ” dice lui): coppe, fotografie, libri, manifesti di concerti e di canzoni. Tutte testimonianze della sua lunga carriera.
“ Ero un ragazzino come tanti altri: andavo a scuola a Trastevere, giocavo a tennis al campo Coni e a calcio nella squadra del Milvia. Però papà Francesco suonava il violino e questo ovviamente mi ha avvicinato al mondo delle sette note e alla melodia; il vero colpo di fulmine per la musica, comunque, l’ho avuto grazie a zio Michele che era quasi un fratello maggiore. Era un tipo fenomenale: con lui scorrazzavo per Roma sulla sua moto, era un musicista ed è stato anche un pittore molto conosciuto ”.
Le sue parole lasciano immaginare questo ragazzino vivace appollaiato sulla grossa moto dello zio, lungo i viali di Roma e con il vento nei capelli. Era il dopoguerra: la ricostruzione, la voglia di riscatto e di vivere, di riprendersi la propria città e viverla con spensieratezza. E di inseguire i propri sogni.
“ Mi portava a vedere le sue prove con il complesso dove suonava il sax: ascoltare e ammirare quei giovani musicisti affiatati e concentrati sulle canzoni, mi diede la scossa. Lì ho capito cosa volevo fare ”. Papà Francesco voleva che il giovanissimo Roberto frequentasse l’Accademia di Santa Cecilia per diplomarsi con il contrabbasso. Ma a lui non interessava lo studio accademico, era invece affascinato dai complessi musicali (“ oggi si chiamano gruppi o addirittura band, all’inglese ” ridacchia) e dal mondo che vi ruotava intorno.
Quando tornava a casa da Trastevere, passava da via del Corso e, soprattutto, per piazza Colonna e la sua Galleria (“ la stessa del film ‘Polvere di stelle’ e che ora è stata intitolata proprio ad Alberto Sordi ”) dove si incontravano tutti i personaggi che frequentavano il mondo dell’arte e, ciò che premeva di più al giovane Roby, della musica leggera (e non): musicisti affermati e aspiranti tali, talent scout, discografici, direttori artistici, ma anche speculatori, scrocconi, millantatori e così via .
“ Zio Michele ogni tanto mi faceva canticchiare nel suo complesso e perciò mi sembrò naturale cercare la mia strada in mezzo alla fauna artistica della Galleria ” racconta lui con un barlume di malinconia nello sguardo. “ Finché arrivò il mio trampolino di lancio: una delle orchestre del famoso jazzista Carlo Loffredo (ne aveva diverse e le dirigeva tutte, talvolta anche contemporaneamente spostandosi per Roma) mi chiamò come cantante e contrabbassista ”.
Cominciò così a farsi conoscere e finalmente un giorno fece il primo vero provino: cantante nel famoso locale La Rupe Tarpea (“ Massimo, ricorda che stavo vivendo nella Roma della Dolce Vita, quella di Fellini, dei locali frequentati dagli artisti e dagli intellettuali, quella dei night club per i turisti danarosi, quella dei paparazzi e del boom economico ”) in Via Veneto, frequentato soprattutto da stranieri – in primis americani – in vena di assaggiare italianità e bere champagne (“ scorreva a fiumi e già allora tra i tavoli civettavano le entraîneuse e le ballerine per far bere gli ospiti ”). Si trattava di un locale importante, dove capitavano a suonare anche artisti stranieri del calibro di Gilbert Bécaud, Juliette Greco, Charles Aznavour e le ballerine del Moulin Roug e.
“ Fui assunto: con la mia voce offrivo classici italiani come ‘O Sole Mio’ e ‘Torna a Surriento’ a frotte di turisti estasiati da Roma . Il pubblico mi osannava ed ero circondato da persone importanti, artisti e ballerine: per me, ragazzino di Milvio, era come vivere in una favola. Conobbi Gassman e Totò mi chiamava ‘guaglioncello’ ”. Ormai Roby era entrato nel giro giusto e poteva osare di più. Tra i locali e gli imprenditori del settore, il suo nome girava di sala in sala. Nel 1955 passò al quartetto di Luciano Fineschi e dopo ancora con l’orchestra della jazzista Dora Musumeci , cantante e pianista. “ Da lei, una grande professionista, imparai molto sull’uso della voce e di come si sta sul palco ”.
Dopo la parentesi del militare (comunque passata ovviamente suonando) lo presero al Milleluci di via Nazionale, sempre come cantante e contrabbassista. “ E un giorno arrivarono nel locale tre tizi di Milano chiedendo di me ”. Si trattava di tre componenti del complesso musicale I Campioni (“ allora erano un po’ come i Pooh negli anni Ottanta-Novanta , quindi un gruppo già molto famoso e con grande visibilità sui media del tempo ”) che erano alla ricerca di un cantante perché Tony Dallara (“ una celebrità in quegli anni” ) aveva deciso di cambiare.
Era il colpo grosso, era arrivato in vetta: “ Mio padre mi accompagnò a Milano per il provino. Era il 1958 ”. Dunque, papà Francesco si era dovuto ricredere: suo figlio aveva scelto la sua strada e non l’Accademia . Ma in quel momento, sicuramente ne fu felice. “ Il provino andò bene e firmai subito anche il contratto, andando così a vivere nel capoluogo lombardo. Per me cambiava tutto: lasciavo anche Roma, la mia Roma ”.
La voce di Roby Matano era molto diversa da quella del noto predecessore e il complesso fece perciò gli opportuni aggiustamenti. Il cambio di cantante, infatti, può decidere le sorti di un gruppo musicale, in meglio o in peggio. Da questi sforzi, però, nel 1959 nacque un grande successo: “ Tintarella di Luna ”, musicata da Bruno de Filippi (chitarrista e armonicista) e con testo di Franco Migliacci , che aveva appena vinto il Festival di Sanremo come coautore, con Domenico Modugno, del testo di “ Nel blu dipinto di blu ”.
“ In breve tempo, diventai il leader del complesso – ma a quel tempo si diceva capo-orchestra – e il travolgente successo della canzone ci fece diventare ancora più famosi. Quindici giorni dopo averla incisa – come 45 giri nel settembre del ’59 – era già prima in classifica ”. La gente conosce meglio la versione di Mina , ovviamente altrettanto bella. Quando I Campioni presentarono la canzone appena scritta nei locali di Ischia, in uno di quelli era presente proprio la Tigre di Cremona (“ era comunque un’amica e naturalmente già molto famosa ”) anche lei in tour con il suo gruppo, che rimase talmente colpita da quel brano, uno scatenato rock’n’roll, da dover chiedere a Roby la sera stessa l’autorizzazione per poterla incidere . “ Così nacquero due versioni ed entrambe finirono ai primi posti della hit parade ”. Ma quella originale è dei Campioni.
L’incontro con Roby non verte su Battisti, ma non possiamo evitare di parlarne. La maggior parte delle persone, perfino i fan più accaniti del cantautore di Poggio Bustone, ignorano che Lucio Battisti fu scoperto da Roby Matano . Va premesso che è tutto documentato: Roby ha tenuto tutto. Lettere, fotografie, annotazioni, biglietti. Tutto.
Lucio Battisti fu il chitarrista de I Campioni dal ‘64 al ’66 : Bruno de Filippi aveva deciso di lasciare il gruppo e I Campioni avevano pensato ad Alberto Radius , un signor chitarrista; però, in occasione di un loro concerto alla Cabala di Roma, notarono il giovane chitarrista del gruppo che apriva il concerto. Oggi diremmo il gruppo spalla .
“ Non era un grande strumentista ma usava accordi particolari e soprattutto ne ricavava ottime combinazioni sonore . E io capii subito che si trattava di un ragazzo molto promettente. Diventammo poi grandi amici e lo restammo per molto tempo, anche dopo che se ne andò dal gruppo. A dire la verità, lui era molto legato a me : pensa che avevo la delega di sua madre Dora essendo Lucio minorenne (allora la maggiore età era 21), in un certo senso ero un po’ il fratello maggiore che aiutava Lucio lontano da casa ”.
Lo aiutò a fare strada, a trovare la sua: fece ascoltare a produttori e discografici le cassette con le canzoni scritte da Roby per Lucio, ma rimanevano sempre tutti freddi. A qualcuno non piaceva la sua voce . Perfino quando finalmente trovarono la porta giusta, dopo un’esibizione di Lucio in presenza presso la casa discografica Les Copains (“ alla quale riuscii a strappare un contratto molto vantaggioso per Lucio ”), la produttrice Christine Leroux avrebbe preferito che fosse Roby a cantare. Invece poi andò bene e il resto è storia.
Molti pensano che sia stata proprio la suddetta produttrice a scoprire Battisti, probabilmente in virtù del fatto che lei gli fece firmare il suo primo contratto da solista. Invece dietro c’era solo la grande volontà di Roby e la sua fiducia in quel ragazzo talentuoso. Allora, purtroppo, nessuno fece niente per riconoscere il lavoro di Matano dietro al fenomeno Battisti . Neanche Lucio.
“ Comunque, non voglio fare polemiche e mi basta che mi si lasci dire la verità. Ho anche scritto un libro su questo tema insieme al musicista e amico Richard Milella (“Speriamo bene… Lucio”, ndr). C’è qualcuno però che mi ha riconosciuto questo ruolo importante per la fortuna di Lucio Battisti: il suo paese natale, Poggio Bustone , mi ha donato la cittadinanza onoraria ”.
Roby Matano ha lavorato con tantissimi grandi artisti. Si possono, o meglio, si devono sicuramente citare almeno Gino Paoli, Adriano Pappalardo, Little Tony, Bobby Solo, Mario Lavezzi, Fausto Leali, Paolo Conte, Luigi Tenco, i Dik Dik , l’ Equipe 84 . Ha anche scritto molto per la RAI come consulente musicale: “ Pensa che un giorno Aldo Grasso , noto come accanito fustigatore televisivo, ha invece applaudito a un programma dedicato a Battisti e del quale sono stato co-autore ”.
Di Gino Paoli dice che lavorare con lui è stato una bellissima esperienza : “ Si può tranquillamente dire che abbia un bel caratteraccio. Ma ha una parola sola ed è una rarità in un ambiente come quello musicale. È un vero professionista. Oltre a essere un grande musicista. Sono contento di aver lavorato con lui ”. Si incontrarono al Bang Bang di Milano il 23 settembre del 1975: Roby se lo ricorda bene perché era il compleanno di Gino. Erano già amici ma non avevano mai veramente fatto qualcosa insieme. In quel locale, invece, a Roby fu proposto di diventare Direttore Artistico delle Edizioni Senza Fine , la neonata casa discografica di Paoli.
“ Gli dissi che volevo solo suonare ma lui intuì che le batoste morali nel campo della musica, a cominciare dalla storia di Battisti, mi avevano reso diffidente. Mi promise che con lui tutto sarebbe stato corretto. E così fu. La collaborazione con Gino è stato il periodo professionale più importante che ho avuto, il più fecondo e il più ordinato : ho prodotto tanti dischi di successo, lanciato artisti emergenti e scoperto giovani diventati poi famosi ”. Uno fra di loro era il pianista di Gino, Willy Morales . Cantava bene e componeva belle canzoni. Matano decise così di farlo diventare un musicista indipendente e Gino, a malincuore, lo lasciò andare. Ma ne valse la pena. Quando Willy diventò famoso, Gino fu tra le celebrità ( Califano, Mina , ecc.) che cantarono con lui.
Dietro mia curiosità, mi racconta con voce triste di Tenco . Erano molto amici: “ Era un ragazzo molto sensibile e un’anima irrequieta ma speciale. Ha pagato la sua grande sensibilità e la feroce ingiustizia del mondo della musica. Il giorno del suo suicidio, il pomeriggio ero proprio insieme a lui. E avevamo appuntamento anche la sera dopo la sua esibizione al Festival di Sanremo . Naturalmente per me fu un duro colpo ”.
Ma un bel giorno, dopo Roma e Milano, un’altra città diventa la sua casa: “ Quando ero con I Campioni facevamo concerti ovunque, anche all’estero (Montecarlo, Germania, Olanda, ecc.) ma la nostra base era Milano. Una sera del 1964, nel Caprice – che allora era un locale in San Babila – vennero a cercarmi due signori. Uno dei due era un impresario disse di chiamarsi Angelo Zibetti : un nome che da quel momento diventò molto importante per me. Zibetti aveva una sala da ballo (la cosiddetta balera) a Caravaggio e mi chiese di suonarvi il pomeriggio . Inizialmente ero restio ad accettare perché preferivo fare solo concerti; l’offerta economica era importante ma per noi la balera era un ingaggio minore. Invece scoprimmo un nuovo mondo, un pubblico entusiasta che ci accoglieva sempre calorosamente, e mi sono trovato così bene che la collaborazione con Zibetti è andata avanti per anni e anni ”.
Per di più, nel paese vicino – cioè Romano di Lombardia – Roby conobbe sua moglie: anche la terra bergamasca, sia dal punto di vista personale che professionale, ha cambiato la sua vita . Dunque, volendo fare una facile battuta, il romano Roby Matano diventò romanese. “ Sono legato alla mia Romano e alla sua Rocca, e non solo per via di mia moglie. Ho anche voluto donare qualcosa alla terra bergamasca che mi ha adottato: ovviamente ho organizzato o cantato a concerti. Per esempio, quello dedicato ad Amnesty International al Maite di Bergamo nel 2014; il tributo a Battisti in Piazza Vecchia nel 2005; il concerto a Romano – patrocinato dal Comune – con Riki Anelli per celebrare il ventennale della morte di Battisti nel 2018; dal Comune di Romano ho ricevuto per tre volte la medaglia commemorativa e la benemerenza civica. Un’associazione di Firenze mi ha regalato un defibrillatore che ho subito donato al Comune di Romano (credo verrà installato nelle Rocca); un giorno organizzai una sorta di Talent per i giovani della zona che sfociò in una collaborazione musicale con Maria de Filippi ”.
Detto in modo semplice e forse un po’ riduttivo, Roby Matano è una delle figure più importanti della musica italiana e sono orgoglioso di averlo conosciuto. Così come mi riempie di soddisfazione sapere che ha scelto la nostra terra per continuare la sua musica.
Grazie Roby.