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Al «Fara Rock» la musica va di pari passo con aggregazione e beneficenza

Articolo. Dal 17 al 22 luglio, a Fara Gera d’Adda torna in scena il «Fara Rock», una delle manifestazioni musicali più longeve del panorama orobico. In occasione della manifestazione – che quest’anno ospita nomi come Mondo Marcio, Chiello o i Sud Sound System – abbiamo fatto due chiacchiere con il presidente Giancarlo Farina

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È arrivata l’estate e, con lei, i grandi eventi musicali. Migliaia di persone si riversano in ampi spazi per godere delle esibizioni dei propri beniamini. Nel frattempo, promoter e grandi marchi della ristorazione fanno a gara per offrire l’esperienza culinaria più strana e inaspettata o la promozione più bizzarra per accontentare gli sponsor (un noto festival musicale italiano ha introdotto quest’anno un servizio di regolazione barba pre concerto). In tutto questo, spesso a farne le spese è l’esperienza musicale stessa, che rischia di essere schiacciata dalle attività di contorno, colorate e attraenti quanto asettiche, necessarie per ammortizzare le spese sostenute in fase di organizzazione.

Come fare allora per godersi uno spettacolo «verace» con un occhio di riguardo alla musica, al pubblico e, perché no, anche alla beneficenza? Una delle risposte possibili è geograficamente più vicina a noi bergamaschi di quanto non si possa pensare, ed esiste da ben trentun anni. Sto parlando del « Fara Rock » di Fara Gera d’Adda, che da tre decenni ospita alcuni dei più grandi nomi della musica italiana riuscendo, grazie alla propria rete di volontari, a fare beneficenza sia per quanto riguarda progetti internazionali sia per attività territoriali.

Quest’anno, il festival tornerà in via Reseghetti 116 dal 17 al 22 luglio. Tra gli ospiti, i Sud Sound System, L’Officina della Camomilla, Mondo Marcio, Chiello, Irbis, Dimitri, Bull Brigade e Vallanzaska.

Per capire meglio la storia e le finalità di «Fara Rock» abbiamo fatto due chiacchiere con il presidente del festival Giancarlo Farina.

GT: Com’è nato il «Fara Rock»?

GF: Il «Fara Rock» è nato nel lontano 1994, da un’idea di quattro ragazzi che hanno semplicemente voluto fare un festival per proporre della musica dal vivo. Eravamo ancora all’inizio dell’era delle manifestazioni di musica rock dal vivo, per cui «Fara Rock» è stato uno dei primi festival nella zona. È nato tutto come una sorta di festa di paese, molto ridotta negli spazi e un po’ improvvisata. Col passare degli anni il gruppo di volontari si è ingrandito, grazie a parecchi ragazzi che si sono avvicinati all’organizzazione e, con il tempo, siamo riusciti a presentare un festival più importante, fino a presentare vari gruppi di livello internazionale. Dalla fondazione ad oggi, abbiamo tenuto il «sistema festa» come base per portare avanti quelli che sono i tre pilastri di «Fara Rock», ovvero lo spettacolo musicale, l’aggregazione e la beneficenza. Sono temi a cui teniamo al punto che, ogni anno, molti dei nostri volontari decidono di sacrificare le proprie vacanze al mare pur di aiutarci a mantenere in vita il festival, nonostante la sfida organizzativa e logistica si stia facendo sempre più complessa.

GT: Ha parlato di beneficenza: quali progetti sostenete come associazione?

GF: Negli anni ci siamo esposti su vari fronti, dagli enti locali e organizzazioni che agiscono sul territorio sino a progetti legati a realtà estere. Qualche anno fa abbiamo collaborato con l’associazione Los Quinchos, una sorta di villaggio in Nicaragua in cui alcuni volontari italiani raccolgono i ragazzi di strada per dar loro un futuro e un’istruzione. Per quanto riguarda gli enti locali, abbiamo collaborato con il gruppo Alpini, che a sua volta ci aiuta durante il festival in molti modi. In generale, cerchiamo sempre di proporre nuove realtà e nuovi progetti da sostenere. Abbiamo aiutato a ricostruire il tetto di una scuola in Congo e contribuito con Amref a scavare un pozzo in Malawi. È stata una grande opportunità di crescita anche per noi.

GT: Come viene accolto il festival dal pubblico?

GF: Direi molto bene. L’affluenza è sempre stata ottima, per i primi anni forse addirittura esagerata per via della poca presenza di eventi simili sul territorio. Con il passare degli anni sono nati parecchi festival e, soprattutto, si sono diversificati anche i gusti musicali. Uno dei nostri punti di forza è quello di avere una location diversa, perché essendo sul fiume regala degli scorci più estivi rispetto al solito piazzale asfaltato, sicuramente più comodo in fase di montaggio ma decisamente meno accattivante per passarci una serata.

GT: Anche per questo 2024 avete in programma dei nomi importanti del panorama musicale italiano, dall’ormai affermato Mondo Marcio a un Chiello sì giovane ma con una fanbase già solidissima. Come vi approcciate all’organizzazione di serate di questo livello?

GF: Stiamo parlando di artisti che ormai sono abituati a fare concerti e girare per l’Italia, perciò è relativamente facile. Solitamente c’è un buon approccio di partenza, anche se ogni tanto delle difficoltà sì trovano. In genere, è più probabile avere problemi con i gruppi emergenti per via della loro, ovviamente più che giustificata, poca esperienza. Comunque organizzare un evento comporta sempre un grande impegno perché, fino all’ultimo, non sai mai di preciso come evolveranno le cose. Nel dubbio si cerca sempre di muoversi al meglio delle proprie possibilità. Per quanto riguarda la scelta dei gruppi, ci fa sempre piacere cercare, per quanto possibile, di puntare sulle novità e, negli anni, abbiamo avuto anche delle soddisfazioni. Nell’edizione di due anni fa, ad esempio, abbiamo ospitato LA SAD, band che questo inverno ha partecipato al festival di Sanremo, ma è successo più volte di far suonare band che poi sono «esplose» in termini di consensi. Nel ‘95 avevamo fatto suonare gli Africa Unite, ma mi vengono in mente anche dei concerti dei Punkreas nei loro primi anni di attività, dei Pitura Freska, Levante e tanti altri artisti.

GT: Per quanto riguarda il lato ristorazione, negli ultimi anni avete fatto una scelta particolare per quanto riguarda le stoviglie, giusto?

GF: Esattamente. Per quanto possibile cerchiamo di dare alle persone posate in ferro e bicchieri e piatti lavabili e riutilizzabili. Da anni cerchiamo di rendere sostenibile anche il lato food del festival e, per molto tempo, abbiamo utilizzato bicchieri e posate compostabili. Il problema si poneva però in fase di trattamento dei rifiuti, perché diventava sempre più complesso smaltire correttamente l’enorme dose di spazzatura che si veniva a creare ogni anno. Così tre anni fa abbiamo deciso di optare per il riutilizzo e per il lavaggio, scelta che sul momento comporta sicuramente più lavoro ma diminuisce fisicamente la quantità di rifiuti prodotta.

GT: Un messaggio ai lettori di Eppen?

GF: A nome dell’organizzazione e di tutti i volontari, senza i quali una simile realtà non potrebbe esistere, vi invito a partecipare al «Fara Rock». Ci saranno molti grandi nomi della musica nazionale e, con il vostro sostegno, riusciremo a finanziare opere di bene.

Tutte le info su line up e organizzazione del «Fara Rock» sono disponibili sul sito.

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