È un periodo strano per ascoltare la musica. Intuitivamente, potremmo pensare che l’isolamento forzato – ma dopo il 4 maggio un po’ meno forzato – e la raccomandazione di uscire il meno possibile spingano le persone a circondarsi di suoni, sulla falsariga di quanto accade nel caso della lettura di libri e delle visioni in streaming. E invece dai dati delle principali piattaforme sembra proprio che il trend chi si sta verificando sia quello opposto. Pare che il tempo che abbiamo a disposizione per noi stessi sia inversamente proporzionale alla musica che ascoltiamo.
Perché succede? Probabilmente perché tra tutti i passatempi “culturali”, la musica è quello che più di tutti si presta ad una fruizione multi-tasking: la senti(v)amo mentre siamo in macchina per andare al lavoro, sul pullman o sul treno per andare a scuola (chi è più giovane), magari per avere un sottofondo adatto a una serata con gli amici a casa.
Con il congelamento di tutte queste “occasioni d’uso”, sempre di più l’ascolto musicale è rimasto fine a sé stesso; e sembra che sempre meno persone abbiano voglia di mettere su un disco solo per la gioia di ascoltarlo dedicandosi al 100% ad esso.
Che questo avvenga per un po’ di sana pigrizia, per scarsa abitudine ad un ascolto attento o più semplicemente perché preferiamo fare altro, è – in questa sede – irrilevante. Eppure proprio queste inedite circostanze potrebbero risultare l’occasione perfetta per (ri)scoprire un tipo di musica, completamente diverso rispetto a quello che la radio o i servizi streaming propongono in heavy rotation. Un’arte nata proprio per accompagnare, non per andare sopra le righe ma per abitarle discretamente.
Stiamo parlando della musica ambient, una forma musicale che può essere “ascoltata attivamente con attenzione come può essere facilmente ignorata, a seconda della scelta dell’ascoltatore”, come dalla definizione di uno dei suoi massimi esponenti (e teorici), Brian Eno.
Più che alla concezione di musica tradizionalmente intesa, dobbiamo pensare a una forma di “arredamento” sonoro per spazi abitativi. È un sottofondo discreto che può catturare la nostra attenzione o rimanere di sfondo: a deciderlo siamo noi.
Le origini di questo particolare genere affondano nella musica classica (dal minimalismo pianistico di Erik Satie alla musica concreta di Shaeffer), e in ibridazioni a cavallo con l’elettronica – da Stockhausen a John Cage, passando appunto per Brian Eno. Da qui il percorso si è poi fatto estremamente tortuoso e fecondo, toccando lateralmente anche il jazz (si pensi al Miles Davis di “In a Silent Way”), il kraut-rock (Ash Ra Tempel, Popol Vuh, Tangerine Dream e Schulze su tutti) e la techno – ad esempio Aphex Twin nella serie dei “Selected Ambient Works”, oppure gli Autechre.
E allora proviamoci: ecco qui 5 dischi che consigliamo per riempire le vostre stanze con della musica che possa essere di sottofondo mentre fate qualsiasi altra cosa, oppure ascoltata con attenzione, oppure entrambe le cose contemporaneamente; per rilassarvi, pensare, fermarvi, sospendervi e rasserenarvi. Oppure inquietarvi. Sta a voi, e qui è il bello.
Brian Eno, “Thursday Afternoon”
Di uno dei maestri indiscussi del genere sarebbe fin troppo facile consigliare il seminale “Ambient 1: Music for Airport”, un capolavoro che andrebbe obbligatoriamente provato almeno una volta nella vita. Invece preferiamo proporre una piccola gemma nascosta, quasi minore nella produzione dell’ex Roxy Music. “Thursday Afternoon”, del 1985, è un disco che si compone di un’unica lunga traccia di 61 minuti. Pensoso e un po’ impigrito, scivola languido tra qualche sparuta nota di piano e leggerissimi synth di sfondo, richiamando la tiepida sonnolenza di un giovedì pomeriggio estivo. Spotify
Hiroshi Yoshimura, “Music for Nine Postcards”
Dal pioniere e maestro giapponese Hiroshi Yoshimura, un disco nato passeggiando tra le stanze di un museo di arte contemporanea di Tokyo e pensato per arredarne gli spazi espositivi. Un contemplativo immobilismo venato a quella tipica malinconia tutta nipponica, ideale da fruire guardando fuori dalla finestra di casa, immergendosi nel paesaggio e scordando tutto il resto. Dello stesso autore è molto valido anche “Green”, dedicato alla vita vegetale. Spotify
Max Richter, “SLEEP”
Famoso soprattutto per le sue colonne sonore (da “Shutter Island” a “Arrival”, fino a serie come “The Leftovers” e “L’Amica Geniale”), il compositore tedesco qui alle prese con la sua opera più ambiziosa e monumentale: otto ore e mezzo di flusso ininterrotto, in una colonna sonora pensata per conciliare e rasserenare il sonno, unendo musica e neuroscienze. Se l’ascolto risulta troppo impegnativo, è disponibile anche una versione ridotta composta da estratti dell’opera principale, intitolata “From Sleep” e che si attesta intorno all’ora e mezza di durata. Buon riposino. Spotify
Eluvium, “Piano works”
Eluvium è il nome del progetto ambient del compositore americano Matthew Cooper, maestro nell’alternare sperimentazioni elettroniche con droni e tastiere a bozzetti di minimalismo neoclassico al piano. Il capolavoro della sua produzione è senza dubbio “Copia”, dove la compenetrazione tra queste due componenti raggiunge l’equilibrio perfetto. Pezzi di solo piano come “Prelude for Time Feelers” e “Radio Ballet” sono perle senza tempo. “Pianoworks”, del 2019, è una doppia raccolta di pezzi per solo piano, sospesa in un’intima poetica delle piccole cose in cui è meraviglioso perdersi. Spotify
Atrium Carceri, “Codex”
Passando infine ad atmosfere più inquietanti e disturbanti, non troppo adatte alle anime più candide, ecco Atrium Carceri, ambizioso progetto dello svedese Simon Health. Nel suo caso la definizione da spendere è dark ambient: tinte scure, claustrofobiche, al confine tra horror e fantasy. I suoi lavori sono l’evocativa sonorizzazione di spazi immaginari, spesso non dei più rassicuranti: manicomi abbandonati e infestati (il capolavoro “Seushinbyouin”), carceri fatiscenti (“Cellblock”) “Codex” e mondi post apocalittici (il suo side-project Sabled Sun). “Codex” descrive in musica, tra noise e industrial, classica ed elettronica, un film girato in una città oscura e sconosciuta, apparentemente deserta e dall’aria carica di esalazioni mistiche e velenose. Potrebbe anche diventare il vostro disco dell’estate. Spotify