Nel 1937 una famiglia di ebrei tedeschi si stabilisce in una fattoria sul Lago Maggiore in fuga dalle persecuzioni razziali, che ancora non sono arrivate in Italia. Durante l’inverno li raggiunge un diciassettenne del posto, assunto per insegnare l’italiano ai bambini. Finite le lezioni mattutine, il giovane passa il resto del tempo tra boschi e letture. Un giorno, leggendo i «Frammenti» dell’autore romantico tedesco Novalis, il ragazzo resta folgorato da un passaggio: «Se avessimo anche una Fantastica, come una Logica, sarebbe scoperta l’arte di inventare». Inventare come atto creativo per immaginare il possibile, oltre la fantasia, atterrando nella vita reale. Inventare storie, filastrocche, racconti e poesie per bambini e bambine di ogni età.
Il giovane si chiamava Gianni Rodari e su questo avrebbe creato un intero sistema di pensiero e di insegnamento a bambini e bambine, raccogliendolo 35 anni dopo nella sua opera più importante, «La grammatica della fantasia», l’unico lavoro teorico in una vivace produzione letteraria in rima e in prosa, dove la fantasia è al potere, tra torte in cielo, pianeti di alberi di Natale, cani nell’armadio, cavalli parlanti e palazzi di gelato. Uscito nel 1973, il libro nasce dagli «Incontri con la fantastica» che Rodari aveva tenuto a Reggio Emilia l’anno prima con insegnanti, bibliotecari e operatori culturali e non è solo un manuale per inventare storie, ma è oggi riconosciuto come riferimento internazionale per chi si occupa di educazione alla lettura e letteratura per l’infanzia. Una pubblicazione che in realtà ha molto da dire anche agli adulti, tanto che il linguista Tullio De Mauro, uno dei massimi riferimenti dello studio della lingua italiana, lo inserisce tra i classici della storia culturale del paese.
«Spero che il libretto possa essere ugualmente utile a chi crede nella necessità che l’immaginazione abbia il suo posto nell’educazione; a chi ha fiducia nella creatività infantile; a chi sa quale valore di liberazione possa avere la parola – scrive nelle prime pagine del volume Gianni Rodari – “Tutti gli usi della parola a tutti” mi sembra un buon motto, dal bel suono democratico. Non perché tutti siamo artisti, ma perché nessuno sia schiavo».
Fare e parlare di creatività. Rodari protagonista al festival «Baleno»
È proprio del pensiero di Rodari sulla creatività e sulle parole come strumenti pratici per creare e cambiare la realtà, che si parlerà durante « Baleno Festival », tra laboratori d’arte, spazi di sperimentazione, foglie, colori, personaggi in carta che animano teatri in miniatura, tutto all’insegna del fare e dello stare insieme. Appuntamento sabato 8 giugno alle 17 nel Parco Ermanno Olmi della Malpensata con il gruppo di lettura della libreria Incrocio Quarenghi condotto da Matteo Bianchi, che per l’occasione si terrà all’aperto e che comprenderà anche una parte di laboratorio sul metodo di Rodari. Al centro dell’incontro ci sarà «Un libro d’oro e d’argento. Intorno alla Grammatica della fantasia di Gianni Rodari» di Vanessa Roghi, che interverrà in collegamento video.
Nel suo libro edito da Sellerio, l’autrice parla di quanto le pagine dello scrittore, poeta e pedagogista piemontese abbiano da dire ancora oggi ed esplora concetti e visioni che Rodari ha affrontato nella sua opera, concentrandosi su alcuni argomenti chiave del suo pensiero: da cosa sia la «Fantastica», all’urgenza di servire i bambini, non di servirsi di loro, all’importanza di esprimersi con parole gentili, al potere democratico del linguaggio, al dialogo necessario tra la cultura scientifica e quella umanistica, al tema delle fiabe.
Le fiabe, infatti, secondo Rodari sono importantissime: «Servono alla poesia, alla musica, all’utopia, all’impegno politico: insomma, all’uomo intero, e non solo al fantasticatore. Servono proprio perché, in apparenza, non servono a niente: come la poesia e la musica, come il teatro o lo sport (se non diventano un affare). Servono all’uomo completo. Se una società basata sul mito della produttività (e sulla realtà del profitto) ha bisogno di uomini a metà – fedeli esecutori, diligenti riproduttori, docili strumenti senza volontà – vuol dire che è fatta male e che bisogna cambiarla. Per cambiarla, occorrono uomini creativi, che sappiano usare la loro immaginazione».
Parte proprio da qui la riflessione di Roghi, che parla di immaginazione come un «concetto molto pragmatico per Rodari: per lui inventare non è appannaggio di persone elette o eccezionali come si tende a pensare, ma è qualcosa che si impara, di molto democratico. È un approccio molto serio, da portare in ogni disciplina, scienza compresa. Cosa c’è di più creativo di scienza e matematica, dove si fanno ipotesi, si inventa e si immagina qualcosa che non esiste? La creatività è uno strumento per vedere le cose in modo diverso e serve a tutti ».
Lo strumento attraverso cui prende forma questa capacità è la parola, che per lo scrittore e pedagogista può «cambiare il mondo nel bene e nel male». «Ecco perché alla base di tutto Rodari mette l’educazione linguistica – spiega l’autrice – senza parole non si può immaginare niente, costruire concetti complessi e avere conoscenza superiore. Per farlo è importante lavorare con i bambini, fin da piccoli, perché aumentino il numero delle parole che conoscono, attraverso la lettura e il dialogo».
Educare alla parola, per costruire cittadinanza
Un’educazione alla parola va di pari passo con la partecipazione, dalla classe alla cittadinanza: «Secondo Rodari è importante imparare ad avere le parole per partecipare senza alzare la voce o esprimersi a casaccio – continua Roghi – La possibilità di partecipare diventa democratica quando si impara a farlo insieme agli altri. Don Milani diceva che la lingua è una soglia, in cui possiamo accogliere o respingere: “ciao” è una parola gentile, che dà il benvenuto, “arrangiati” non lo è, dice “stai fuori”».
Con parole semplici, esempi accessibili e un approccio giocoso, Rodari durante la seconda metà del Novecento, oltre a scrivere fiabe e filastrocche tradotte in oltre cinquanta lingue, costruisce una teoria dell’educazione che sarà ripresa anche dalle nostre indicazioni ministeriali. «Un tempo tutto il sapere poteva essere governato da una sola persona – spiega Roghi – Dante con la sua Divina Commedia scrive da solo un’enciclopedia del suo tempo, poi arrivano gli Illuministi e la conoscenza passa nelle mani di un gruppo di persone; nel contemporaneo invece Rodari ha pensato a come dare la capacità di conoscere un mondo intero a tutti, ragazzi e ragazze. Fare questo attraverso il semplice studio degli argomenti però è impossibile: sarebbe come svuotare il mare con un cucchiaino, bisogna invece insegnare a nuotare, lavorando sul metodo della ricerca e dell’apprendimento, perché tutti imparino a imparare ».
«La mente è una sola – sosteneva Rodari – La sua creatività va coltivata in tutte le direzioni».