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Scrivere contro la pandemia

Articolo. “PANDEMIA COVID-19: perdite e opportunità. Dinamiche sociali, introspezione, resilienza, riscoperte, futuro. Storie e vicende dal nostro territorio” è il titolo concorso letterario di LUBERG che venerdì 5 marzo ha premiato i migliori scrittori (giovani e bergamaschi) che hanno saputo raccontare i mesi più difficili del nostro territorio

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Scrivere per raccontare ciò che è accaduto negli ultimi, difficili mesi. Dare sfogo alla penna, come si dice, e costruire la propria visione personale di un evento catastrofico planetario. Questo hanno fatto i 226 partecipanti a “PANDEMIA COVID-19: perdite e opportunità. Dinamiche sociali, introspezione, resilienza, riscoperte, futuro. Storie e vicende dal nostro territorio”, il contest letterario di LUBERG (l’Associazione dei Laureati Università di Bergamo) giunto all’ottava edizione, che ogni anno viene organizzato dalla giuria presieduta dal professor Franco Brevini per valorizzare il talento e la capacità di creare dei mondi attraverso la parola.

Questa edizione è stata speciale - commenta Giovanna Ricuperati, presidente di LUBERG - per due motivi: arriva in un momento un po’ particolare per il nostro territorio e vede la partecipazione di tantissimi aspiranti scrittori. Tante donne, e crediamo sia un dato importante, e la sensazione di avere tra le mani non solo una raccolta di racconti di valore, ma anche una testimonianza dei mesi scorsi”.

Molti autori si sono chiesti cosa ci fosse dentro di loro e cosa là fuori, nella pandemia - spiega Franco Brevini, presidente della Giuria del Premio - Il contagio diffuso e la sofferenza, lo sgomento, hanno sollecitato le grandi domande, fra cui una: perché proprio a noi? La letteratura ha fatto sentire la sua voce, quella delle anime e delle coscienze delle persone, la riflessione e la testimonianza. Nel calor bianco dell’emergenza la letteratura ha avuto il compito di recuperare la propria essenza umana. Ho passato molti giorni a leggere questi testi e quando scendevo dal mio studio a cena con mia moglie e i miei bambini mia moglie mi chiedeva cosa avessi. Era l’ombra di questi racconti, che si muoveva in me”.

Scrivere è creare un mondo. Ma scrivere può essere anche una terapia. Riportare sulla carta il proprio sgomento, immaginare un altrove in cui rifugiarsi nei momenti difficili. “È in ogni uomo attendersi che forse la parola, una parola, possa trasformare la sostanza di una cosa” scrisse Elio Vittorini nella prefazione al suo libro “Il garofano rosso” nel 1948. Ed è questa sostanza che viene inseguita e percepita da chi scrive: la premiazione di venerdì 5 marzo ha decretato vincitori Alessia Gotti - “Leggimi il cuore” - Premio Letterario Luberg 2020, Michael Gelmi – “Sperem” al secondo posto e Marta Cocciolo – “Frittelle di Fiori” al terzo, oltre agli altri 7 classificati, ovvero Giovanni Carrara con “Sirene”, Nicolò Pedemonti con “Alla fine dell’arcobaleno”, Maria Pellino con “L’Alba della Fenice”, Ilaria Blandina con “Il tempo è galantuomo”, Matteo Carminati con “M.S.B.”, Mattia Manzoni con “L’esodo” ed Elisa Tagliaferri con “Giallo respiratorio”.

Il contest letterario quest’anno è nato e si è diffuso nel bel mezzo di una pandemia in cui le parole abbondavano (stiamo parlando al passato, ma in realtà come sappiamo il virus è ancora qui fra noi). I giornali, i media, internet, la cosiddetta infodemia: una pioggia di parole e informazioni dentro cui ritagliarsi un momento di silenzio e introspezione. Perché di solito la scrittura nasce dal silenzio, da cui emerge una voce personale che diventa parola di valore.

Voltaire scrisse “Candido o l’ottimista” dopo il terribile terremoto di Lisbona del 1755. Fu per lui uno stimolo a cui reagì con un libro carico di rabbia e sarcasmo, dove il dolore diventava qualcosa d’altro, un racconto filosofico leggero ma profondissimo nel chiedersi quale sia il destino dell’uomo di fronte alla natura brutale e indifferente. In fondo la pandemia è questo. Una brutalità innocente della natura (per quel che significa natura oggi) a cui reagire con i mezzi fondamentali della medicina, ma anche con le parole.

“PANDEMIA COVID-19: perdite e opportunità. Dinamiche sociali, introspezione, resilienza, riscoperte, futuro. Storie e vicende dal nostro territorio” è stato una fotografia del difficile momento storico di Bergamo, in primis, e un’opportunità per gli aspiranti scrittori di esprimere in forma scritta quanto stava accadendo. Dentro le case, in famiglia, fra gli affetti, e in quella distanza obbligatoria che ha eliminato il corpo (da mesi non possiamo toccarci) e ha lasciato solo le parole. Su un foglio di carta o attraverso un device: tenersi in contatto, raccontarsi le proprie reciproche storie, “abbracciarsi” nell’unico modo possibile, con le parole.

In questi mesi forzatamente rinchiusi fra le nostre mura abbiamo capito come la parola scritta sia importante. Forse prima la sprecavamo un po’: ora è diventata una finestra sul mondo, la voce narrante di situazioni personali, la grammatica della propria introspezione. Fra gli scritti del concorso ricorrono alcune domande costanti, dense di inquietudine e incertezza, ma gli autori hanno maturato anche visioni resilienti, attese per il futuro, manifestazioni di coraggio, e il desiderio di ripartire più forti di prima. Il distanziamento sociale, l’attesa di vedere una persona amata, o la paura di arrecare danni a qualcuno: sono sensazioni che ognuno di noi ha provato almeno una volta e che sono diventate le protagoniste delle narrazioni del concorso.

La scrittura può essere anche il racconto della quotidianità, mutata dalle nuove abitudini imposte dal virus. Ma è stata anche un’occasione per fermarsi, riflettere, pensare profondamente a chi siamo e cosa desideriamo veramente. Quali sono le cose per cui vale la pena, quelle di cui non possiamo vivere altrimenti. Il grande scrittore americano Don DeLillo, nel presentare il suo ultimo romanzo “Il silenzio”, ha detto che per lui la scrittura è il modo con cui comprende cosa pensa. Un metodo che può essere facilmente adottato anche se non si è dei maestri della letteratura contemporanea come lui.

Ma tutto questo, in un’epoca così determinante, non può andare perduto. Il corpus letterario che la giuria si è ritrovata fra le mani costituisce un patrimonio di grande valore che LUBERG intende restituire alla città di Bergamo. Una testimonianza viva e pulsante di un periodo storico che affianca indistintamente tutte le generazioni.

Dicevamo in apertura che le domande di adesione a questa 8° edizione sono state 226 (studenti e laureati, per la maggior parte alunni UniBg, il 70% donne), battendo così ogni record. Nelle scorse edizioni al concorso partecipavano un’ottantina di aspiranti scrittori. Questa differenza di partecipazione si spiega facilmente in un momento così drammatico: la parola, il racconto, hanno ripreso ad essere un soccorso e una possibilità nelle nostre vite dimezzate.

Sito LUBERG

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