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Il mondo come patria, la Società Dante Alighieri riparte con il «De vulgari eloquentia»

Articolo. Dal 5 ottobre al 7 dicembre, torna il programma della Società Dante Alighieri. Spazio, negli appuntamenti dedicati ai grandi anniversari della letteratura, anche a David Foster Wallace e ad Alessandro Manzoni

Lettura 5 min.
Sandro Botticelli, Ritratto di Dante

Per un italiano, nominare Dante è un po’ come entrare in una cattedrale: c’è la larga navata centrale e c’è l’odore d’incenso, ci sono l’organo antico e l’altare intarsiata, ma anche la cripta, il presbiterio e il tabernacolo. Un’atmosfera surreale, avvolta da uno spettrale silenzio e da una compostezza infinita. Si ha quasi voglia di farsi un segno di croce ossequioso. Non solo sensazioni, però, anche forme e figure. Sentendo il nome dell’Alighieri, nella mente affiora infatti un viso: quello dipinto da Sandro Botticelli, con il naso adunco e lo sguardo vagamente protervo, ma anche quello affrescato da Raffaello Sanzio, con la corona d’alloro, la fronte corrucciata e quegli occhi un po’ grifagni, sicuramente severi. C’è poco da fare: Dante, da sempre, è sinonimo di poesia, ma anche di rigore, seriosità, maestria, maestosità e, ovviamente, genialità.

Un immaginario grandioso che, a volte, infonde soggezione e che rischia di tracciare un solco profondo (troppo profondo) fra il padre della lingua italiana e coloro che a lui vogliono avvicinarsi. È anche dalla volontà di affrancarsi da questo immaginario preconfezionato e polveroso che, giovedì 5 ottobre, verrà inaugurato il primo trimestre 2023/2024 della Società Dante Alighieri di Bergamo. A tagliare il nastro, il «De vulgari eloquentia».

«Ultimamente, insieme agli altri consiglieri abbiamo deciso di visitare o rivisitare alcune opere di Dante che non fossero la “Commedia”, la quale rimane comunque capolavoro di riferimento per le nostre iniziative – spiega Enzo Noris, presidente della Società Dante Alighieri di Bergamo Lo scorso anno, abbiamo parlato del “Convivio” (banchetto a cui il poeta invita coloro che sono affamati di conoscenza), questa volta i primi quattro incontri del primo periodo del nostro anno sociale saranno dedicati, invece, al tema della “dignità della lingua e della parola”. Perseguiremo questo obiettivo, prendendo spunto dal trattato che il fiorentino intitola “De vulgari eloquentia” che, composto in latino, desidera dimostrare la superiorità del volgare».

Dante il profeta

Un testo, secondo Noris, che ancora una volta rivela un Dante dai tratti profetici. «Il “De vulgari eloquentia” è un trattato che affronta il tema della lingua, intesa come rappresentante dell’identità di un popolo – spiega Noris – Al tempo di Dante una lingua italiana non esisteva, eppure, in questo trattato, l’Alighieri ci parla delle caratteristiche di una lingua che possa farsi “sovra-municipale”, che vada oltre i vari regionalismi della penisola italica. Per questo motivo, setaccia i volgari utilizzati dai grandi poeti (come quelli della Scuola siciliana), cercando sempre di coglierne gli aspetti tecnico-linguistici ma anche le diverse sonorità e l’estetica. Per ognuno, riconosce degli aspetti positivi ma sempre e comunque una dimensione troppo localistica che ne impedisce l’uso comune da parte di tutti gli “italiani”».

«Dante vuole un volgare che sia illustre, cardinale, aulico e curiale e che abbia una propria dignità. Ma questo è un ideale, un auspicio. Eppure, teorizzandola, Dante è in assoluto il primo pensatore che, incredibilmente in anticipo sui tempi della storia, annuncia l’esistenza di una lingua italiana. Dante è profetico non solo perché ne prevede il futuro successo ma perché, in pratica, ne dichiara l’esistenza. È quindi giusto affermare che l’Alighieri sia l’inventore dell’“Italia linguistica”. Una paternità, la sua, che prenderà forma nella “Commedia” che, basandosi sul volgare fiorentino (e infarcita di latinismi, neologismi e riferimenti ad altri volgari), muterà poi nel nostro italiano».

Storicità e attualità, una tensione necessaria

Ma perché, oggi, leggere ancora Dante? «Fra i tanti modi che avrei per rispondere, scelgo quello ispirato alla filosofa spagnola María Zambrano e al suo saggio “Dante specchio umano” – afferma Noris – Leggendo Dante, ciascuna persona si trova in qualche modo rappresentata (e questo vale anche per noi contemporanei). Dante è infatti come uno specchio in cui possiamo scovare il riflesso della nostra identità attuale, ma anche un codice linguistico e una visione del mondo: aperture che, attraverso una forte dose di provocazione, ci aiutano a ritrovare noi stessi e affrontare il futuro tramite la comprensione del presente. Per questo, ancora adesso, vale la pena misurarsi e confrontarsi con Dante».

Un confronto che deve però essere dialettico. «Fra noi e Dante (e la sua cultura enciclopedica) c’è una distanza da non sottovalutare, di ben sette secoli – dice Noris – Questo non deve spaventarci né, tanto meno, metterci in una condizione di sudditanza psicologica o venerazione: tanto più idealizziamo l’Alighieri tanto più lo allontaniamo da noi. Allo stesso tempo, però, questa distanza va riconosciuta poiché implica la doverosa mediazione culturale che invita ogni lettore, in modo umile e coscienzioso, ad acquisire gli strumenti necessari per comprendere appieno la lingua, la cultura e il mondo del celebre fiorentino. Una lettura troppo banalmente attualizzante impedirebbe di collocare Dante nel contesto che merita. Occorre che ci sia, quindi, una tensione dialettica, in grado di evidenziare l’immensa attualità del poeta ma anche di riconoscerne la storicità e la distanza».

Contro i localismi, il mondo come patria

Ma cosa direbbe Dante dell’Italia di oggi? «Forse ne denuncerebbe la prospettiva municipale, troppo localistica – afferma Noris – Nella difesa di quella che, giustamente, riteniamo essere la nostra identità (anche se bisognerebbe capire davvero cosa significhi, oggigiorno, essere italiani), pecchiamo di provincialismo e di vedute ristrette. “Ma io, che ho per patria il mondo come i pesci hanno il mare”, dice Dante nel “De vulgari eloquentia”. E questo perché, durante l’esilio, a sue spese, capisce cosa significhi diventare “cittadino del mondo”. La prospettiva di un’appartenenza cittadina viene superata da una dimensione, come già accennato, sovra-municipale. Ancora una volta, riscontriamo tutta l’attualità dell’Alighieri. Si pensi, per esempio, ai rapporti fra Italia e Unione Europea: nonostante atteggiamenti diversi e, sovente, contraddittori, sembra che i governanti abbiano finalmente riconosciuto la necessità di aprirsi a un potere sovranazionale per risolvere i problemi assieme. Problemi che, come quello delle migrazioni, sempre più frequentemente riguardano non solo noi italiani e noi europei, ma tutti i cittadini del mondo».

Gli incontri dedicati al «De vulgari eloquentia» saranno tenuti da quattro diversi relatori: oltre a Enzo Noris, Thomas Persico (vicepresidente della Società Dante Alighieri bergamasca), Gianfranco Bondioni (dantista) e Gianni Vacchelli (dantista, scrittore e divulgatore). Ma il programma della Dante Alighieri sarà caratterizzato anche da appuntamenti dedicati ai grandi anniversari della letteratura, non solo italiana. Il primo, a cura di Chiara Girotto e Niccolò Gualandris, sarà incentrato sulla figura dello scrittore statunitense David Foster Wallace, prematuramente scomparso quindici anni fa; il secondo, a cura di Giovanni Dal Covolo, parlerà di Alessandro Manzoni a centocinquant’anni dalla sua morte; il terzo, su Giovanni Boccaccio, sarà tenuto da Beatrice Gelmi.

Tutti gli incontri (a ingresso libero e gratuito) si svolgeranno, dalle 17.30 alle 19, presso la Sala delle carte del Centro culturale delle Grazie (viale Papa Giovanni XXIII, 13). La sera della vigilia dell’Immacolata, alle ore 20.45, verrà inoltre proposto un concerto d’archi nella chiesa di Santa Maria Immacolata delle Grazie: verranno eseguite musiche di Mozart e Shostakovich.

«Gli incontri affronteranno anche la relazione fra contemporaneità e linguaggio – spiega Noris – E fra linguaggio e politica. Sempre più spesso, infatti, si usa il linguaggio in modo spregiudicato, maldestro e superficiale. Tutto ciò per solleticare l’emotività degli ascoltatori e per fini squisitamente propagandistici. Ma l’utilizzo delle parole richiede responsabilità e spirito critico, insomma necessità di “pedagogia della lingua”».

Un programma fascinoso

Ecco il programma degli incontri che si terranno tutti di giovedì e che termineranno il 7 dicembre: si comincia il 5 ottobre con Thomas Persico e con «Questioni dantesche di lingua, storia e stile: una introduzione al “De vulgari eloquentia”»; il 12 ottobre, sarà invece la volta di Gianfranco Bondioni con «Il “De vulgari eloquentia”: il libro primo e alcune questioni linguistiche»; spazio quindi a Enzo Noris che il 19 ottobre presenterà «Il potere della parola: una parola fa vivere, una parola sprona e sostiene, una parola blocca e inibisce…» mentre, il 26 ottobre, Gianni Vacchelli introdurrà «Dante “nuovo Adamo” e la mistica della parola nel “De vulgari eloquentia”».

Il 9 novembre, Roberto Caselli presenterà il suo «Parole di Dante. La Commedia una parola per volta» seguito, il 16 novembre, da Chiara Girotto e Niccolò Gualandris e il loro «Letture e riflessioni su David Foster Wallace, a 15 anni dalla morte»; «La “terra di San Marco” nei “Promessi sposi” di Alessandro Manzoni» sarà invece il titolo dell’incontro del 23 novembre, tenuto da Giovanni dal Covolo, mentre, il 30 novembre, Beatrice Gelmi sarà la relatrice de «La cultura religiosa in Giovanni Boccaccio» (letture a opera di Angiola Magni). Spazio infine per il quartetto d’archi del 7 dicembre.

«Come dice Roberto Caselli, Dante non va solo insegnato, parafrasato o sviscerato, bensì comunicato – afferma Noris – Ma ciò non può prescindere la lettura di quei testi che, molto spesso, anche solo per pigrizia, vengono un po’ dimenticati. I nostri incontri possono quindi farsi motivo di approfondimento e ricerca individuale, stimolo per rapportarsi a quel Dante definito “minore”. Un buon modo per fare cultura e infondere passione e interesse per la bellezza».

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