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Gabrio Vitali: “Ritrovando il linguaggio si ritrova il pensiero”

Intervista. Alla libreria Incrocio Quarenghi, “Il mestiere del poeta in e da Bergamo”. Una rassegna di otto poeti bergamaschi, in due cicli di incontri, presentata da Gabrio Vitali: autore, curatore, docente. Il giovedì alle 17:30

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Indagare modi, forme e tecniche del fare poesia di autori significativi della poesia bergamasca. Capire che funzione può avere la poesia, e più in generale la letteratura, all’interno di questa enorme fase di transizione in cui ci ha gettati la pandemia. Come sta cambiando la realtà che ci circonda? La lingua per descriverla, il modo in cui “siamo parlati”?

Queste le direttrici segnalate dalla bella iniziativa organizzata dalla libreria Incrocio Quarenghi in collaborazione con Gabrio Vitali, già noto per la sua indefessa attività di divulgazione critica e di diffusione della poesia sul territorio di Bergamo. L’obiettivo è provare a muoversi nel contemporaneo globale a partire da Bergamo, accompagnati dalle opere e dalle vive voci di un gruppo di poeti locali fra i più significativi del panorama letterario nazionale.

Due gli autori già presentati: Giusi Quarenghi (11 novembre) e Maurizio Noris (18 novembre). E altrettanti sono in programma nei giovedì pomeriggio delle prossime due settimane (Nadia Augustoni il 25 novembre, Cesare Cavalleri il 2 dicembre). L’appuntamento si rinnoverà poi a marzo 2022 con Corrado Benigni, Paola Loreto, Cristiano Poletti e Marisa Brecciaroli (qui il programma completo). Certo sarebbe stato ancor più interessante un coinvolgimento di alcune “nuove leve” della poesia bergamasca, per avere un quadro ancora più completo delle personalità e delle tendenze contemporanee. Mi riferisco a Alessandro Ardigò, Luca Minola, Agostino Cornali, Stefano Pini. Allo stesso Luca Barachetti, che di questa testata è il responsabile dei contenuti, e che ha pubblicato per Ensemble Edizioni.

È un’iniziativa questa che avevo già organizzato prima del 2020. Poi è arrivata la pandemia e ha bloccato tutto. In generale poi c’è una strana sordità delle istituzioni pubbliche, municipali soprattutto, sul fatto che l’educazione alla poesia e la diffusione della parola poetica erano state un importante processo degli anni passati a Bergamo, una connotazione culturale della città e del territorio fino a un decennio fa. Durante la pandemia ho lavorato a un libro – che presenterò sabato prossimo in Accademia Carrara – che si intitola ‘Sospeso respiro. Poesia di pandemia’ (Moretti&Vitali editori) che in questo anno è stato accolto favorevolmente. E allora ho pensato beh, riprendo la mia vecchia idea di rassegna”.

MR: A partire dal webinar “La bottega del poeta” che ha curato sul canale Youtube di Psichiatry Online Italia.

GV: In questa rassegna non potevo valorizzare bene i bergamaschi, avevo spazio per uno o due. E allora ho pensato a chiedere a Incrocio Quarenghi – la libreria che in un primo tempo avrebbe ospitato la prima rassegna che la pandemia ha bloccato – e ho proposto di affiancare a questa rassegna online una serie di incontri in presenza con poeti bergamaschi che avessero uno spessore e una credibilità di livello nazionale.

MR: C’è qualcosa che accomuna questi poeti al di là del legame con Bergamo?

GV: Degli accomunamenti, diciamo così, tematici o di stile direi di no. C’è un’appartenenza generazionale con forti legami alla scuola lombarda e milanese, soprattutto da parte di Corrado Benigni, Cristiano Poletti e Paola Loreto, che sono cresciuti attorno ad autori come Milo De Angelis che è un caposcuola... Ma sono molto diversi tra di loro. Marisa Brecciaroli non c’entra niente con nessuno, ha un suo percorso personale di poesia e psicologia, di funzione terapeutica della parola poetica. La Quarenghi viene da una grande esperienza di scrittura per l’infanzia, ha scritto racconti, romanzi, e il suo verso è un verso estremamente accurato e musicale. La sua poesia è qualcosa di davvero unico ed eccezionale in Italia. Nadia Augustoni ha sempre lavorato in fabbrica ma ha sempre rifiutato che la sua poesia fosse catalogata come poesia di genere, poesia operaia. È una poesia capace di esprimere un punto di vista corale, e non soltanto una soggettività lirica, è una poesia che parte dagli esclusi, dalla società ma anche dalla lingua. Questi bergamaschi sono sconosciuti a Bergamo ma sono conosciuti a livello nazionale. È questo il paradosso.

MR: Un gruppo eterogeneo ma nel quale è identificabile una specie di idea comune di poesia, di predisposizione.

GV: In molti di loro viene fuori la matrice dialettale, anche se non scrivono in dialetto. Nella Augostoni e nella Quarenghi c’è una matrice bergamasca che viene fuori dalla lingua. Negli altri, nella Loreto per esempio, c’è una grande appartenenza orobica, diciamo così, la montagna, l’andare in montagna come metafora, sono temi che hanno caratterizzato lunghe fasi della sua poesia, pur essendo lei un’anglista con una cultura cosmopolita, globale. Molti di loro, che siano credenti o no, hanno un atteggiamento di pietas nei confronti delle cose, delle persone, delle situazioni che forse è un connotato della cultura bergamasca. Quarenghi, Augustoni, Noris, Cavalleri, Brecciaroli... nei più giovani forse è meno evidente, però sì, questa può essere una connotazione comune a questi autori.

MR: Da anni organizza eventi e incontri con il pubblico. Cosa cerca oggi la gente nella poesia? Da cosa si fa conquistare?

GV: Bisogna considerare prima di tutto un dato. Sul tavolo degli editori compaiono circa due milioni di richieste di pubblicazione di poesia all’anno. Quando poi pubblica un autore di poesia, anche notissimo, anche se è la Merini, l’editore vende 500 copie. Quindi: ci sono centinaia di migliaia di persone che scrivono poesia senza leggerla, o ricordandola solo per quello che hanno fatto a scuola. Però scrivono. Da un punto di vista culturale e della formazione alla parola poetica è un disastro, ma da un punto di vista del dato sociologico è significativo. Vuol dire che ci sono tante persone che pensano che la poesia sia un luogo di comunicazione e di consolazione al quale possono accedere. Naturalmente non si immaginano che ci vuole tecnica, competenza, ricerca, fatica. Non bastano qualche rima e qualche a capo. Questo accesso ovviamente è naif, nocivo culturalmente. Ma da un punto di vista sociologico è rivelatore.

MR: Raggiungere il pubblico con la poesia è il problema?

GV: Nella pubblicizzazione editoriale la poesia è all’ultimo posto. Il libro di poesia è l’ultimo, i librai guardano quando devono scegliere cosa acquistare e cosa esporre in libreria. Il genere poesia è quello meno distribuito, meno remunerato. Anzi, remunerato quasi per niente. Però quando riesci a raggiungere la gente, magari con un contatto diretto con la voce del poeta, qualcosa attacca, la gente scopre di avere a disposizione una dimensione in cui ritrovare il linguaggio, e ritrovando il linguaggio si ritrova il pensiero. E a quel punto può esplorare la realtà personale e che la circonda in un modo diverso, con un linguaggio rivelatore rispetto al suo uso abituale.

MR: Succede?

GV: L’altro giorno in libreria in Quarenghi c’erano tutti i posti occupati. I posti disponibili, per via del distanziamento, erano 36, e 36 persone c’erano. In una libreria alle 17:30 del pomeriggio... è un buon risultato. Si incontra un’esigenza collettiva. Nel libro che ho curato, “Sospeso respiro. Poesia di pandemia”, ho raccolto quattro sillogi di quattro autori e ho fatto interagire con questa poesia punti di vista diversi, Mauro Ceruti che è un filosofo e Cristina Rodeschini che è storica dell’arte e direttrice della Carrara. Io stesso, dal mio punto di vista, ho costruito una lettura critica non solo di quei testi ma della figura di quei poeti. Ne è venuto un libro di riflessione sulla pandemia come epoca di rivelazione rispetto alle crisi che la nostra società attraversa, e come rimando alla ricerca di nuovi linguaggi, nuovi modi per raccontare la società, la vita, il mondo.

MR: Rimanda alla prerogativa storica della poesia e della letteratura in genere, di costruzione del linguaggio come costruzione di sé e dello sguardo che gettiamo sul mondo.

GV: La poesia partecipa alla risemantizzazione del linguaggio e del pensiero, come è stato in tutte le epoche di transizione. In tutte le grandi crisi di passaggio, durante e dopo, nasce la poesia epica. La crisi della civiltà micenea e cretese provoca l’epica classica omerica. La crisi della società medievale provoca l’epica della Divina Commedia. Un passaggio di società rimanda sempre a un nuovo modo di leggere il mondo e le cose. Quindi a una nuova lingua. E questa funzione, guarda caso, la svolgono la poesia e la letteratura. Questo, in forme diversissime dal passato, succede anche oggi, anche se non ce ne rendiamo conto. Per fortuna esistono le reti dove c’è uno scambio proficuo tra questi clandestini che sono i poeti, che alla fine emerge come continua interrogazione su quello che accade e sulla lingua per dirlo.

Sito Incrocio Quarenghi

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