“Quando scrissi le pagine seguenti – o piuttosto gran parte di esse – vivevo da solo nei boschi, a un miglio di distanza da qualsiasi vicino, in una casa che mi ero costruito da solo, sulla riva del Lago di Walden, a Concord, nel Massachusetts, e mi guadagnavo da vivere solamente col lavoro delle mie mani. Vissi lì per due anni e due mesi. Al momento sono tornato a soggiornare nella vita civilizzata”.
Comincia così “Walden” di Henry David Thoreau, un diario di un uomo che sceglie di ritirarsi in una capanna nei boschi perché desidera “vivere con saggezza, affrontando solo i fatti essenziali della vita, per vedere se non fossi riuscito a imparare quanto essa aveva da insegnarmi e per non dover scoprire in punto di morte di non aver vissuto”, uno dei più celebri frammenti dell’opera, capace di ispirare Gandhi e l’intero movimento ecologista. Alcuni tra i più intensi passaggi del libro saranno protagonisti della rassegna A levar l’ombra da terra sabato 19 settembre a Paladina, in piazza Vittorio Veneto, dove la voce recitante di Mila Boeri sarà accompagnata dalla chitarra di Massimo Betti (tutto esaurito).
Gigliola Nocera, ordinario di Lingue e letterature anglo-americane dell’Università di Catania e autrice di “Henry David Thoreau e L’ecologia del selvatico” (Aracne Editrice), “Il linguaggio dell’Eden: natura e mito nell’America di Thoreau” (Tranchida editore) ed altri saggi dedicati all’autore americano, ha condiviso con Eppen cinque buoni motivi per (ri)scoprire le sue opere e il suo pensiero.
“Quello che si legge nel libro è il resoconto di due anni nella capanna, dal 1845 al 1847, che Thoreau pubblicherà nel ’54 – spiega Gigliola Nocera – un quinquennio bellissimo per la letteratura americana, lo stesso in cui vengono alla luce capolavori come ‘Moby Dick’ di Melville e ‘Foglie d’erba Walt Whitman’”.
Il ritorno alla natura
“Thoreau se ne va nei boschi – spiega Nocera – spinto da un senso di insoddisfazione per la vita cittadina, colto dal senso di alienazione dato dalla vita urbana: sente il peso di un’esistenza ripetitiva e del lavoro in ufficio. ‘Sperimentare l’alfabeto della vita’ è quello che lo porta a stabilirsi sulle rive del lago Walden. Non è un eremita dei boschi, ma una persona che desidera riscoprire il contatto con la natura, non nega la vita in città, ma è in cerca di un equilibrio sostenibile tra cultura e natura. La sua vita è arricchita dal contatto con l’ambiente: è convinto che grazie all’equilibrio sostenibile tra civiltà e natura si eviti di cadere nella inciviltà”.
Solo l’essenziale. Una vita sobria
“Thoreau è molto attento al consumo delle risorse e a non utilizzarle se non servono realmente”. Questa spinta alla frugalità è molto affine ai discorsi legati alla decrescita che circolano in questi anni: “Leggendo le sue pagine non possiamo non pensare all’iper produzione, in primo luogo di cibo. L’autore nel suo diario ci racconta la sua scelta di mangiare solo quel che serve, di vestire solo con ciò che è necessario e di non sprecare le risorse date dalla modernità. Vivi modestamente e intensamente”.
Una visione ecologica del mondo
“L’autore intrattiene grandi rapporti con gli indiani e dai nativi apprende moltissimo sulla natura: impara a riconoscere le orme degli animali, i nidi e osserva lo sfruttamento moderato e giusto delle risorse da parte di queste popolazioni. L’indiano uccide un bisonte perché la carne gli servirà per tutto l’inverno, non depreda l’ambiente, si dà un limite. L’autore utilizza un linguaggio e metafore romantiche di metà ottocento per parlare di temi ancora oggi urgenti: se i nostri politici fossero mento stolti non assisteremmo a un dilagare degli incendi e tutte le altre problematiche legate alla crisi climatica”.
Una spiritualità naturale
“Nel libro ci sono moltissimi passaggi poetici e di riflessione filosofica originati dall’osservazione di ciò che lo circonda: l’autore riflette sulla nostra visione di natura come simbolo del ciclo di vita e parla ad esempio del falso mito dell’inverno come morte e di primavera ed estate come vita. In realtà in inverno, sotto la neve, il seme sta lottando per crescere e germogliare e alla fine riesce a spuntare in primavera, fino a giungere all’estate, culmine della vita”.
Oltre Walden
La produzione di Thoreau è molto ampia, l’autore non si occupò solo di natura, ma anche di diritti e di non violenza: “nel suo ‘Disobbedienza Civile’ criticò il governo perché fece guerra contro il Messico: l’autore finì in prigione perché si rifiutò di pagare le tasse, dato che con quelle l’America avrebbe finanziato l’operazione. Da quel conflitto gli Stati Uniti ne uscirono vincitori e parte del territorio sottratto divenne il New Mexico. Secondo lui un governo non doveva utilizzare le sue risorse per la guerra, ma per amministrare il paese, una visione che anche oggi è di grande attualità”.
L’autore inoltre avrebbe molto da dire a sostegno del movimento #blacklivesmatter e contro i soprusi. Secondo la professoressa Nocera: “numerose le sue conferenze per far salvare John Brown, un americano bianco impegnato nell’abolizione della schiavitù, che però fu arrestato e poi giustiziato nel 1859. Thoreau non arriverà a vedere la fine della schiavitù ad opera di Lincoln, morirà prima, nel 1862”.