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Dante, il dolore e il volto luminoso di Beatrice

Articolo. “Dante e Beatrice: una grande storia d’amore che tutti vorremmo rivivere” è il ciclo di tre incontri dal 19 novembre tenuti da Franco Nembrini alla Casa del Giovane di Bergamo. Al Patronato San Vincenzo dallo scorso settembre il gruppo scultoreo “El Dante” di Adelfo Galli, sigillo della vertigine dell’uomo che da uno stato di miseria giunge alla felicità paradisiaca

Lettura 5 min.
Dante Alighieri, particolare del gruppo scultoreo El Dante di Adelfo Galli

F orse non tutti sanno che c’è un unico passo nella Divina Commedia in cui Dante viene chiamato per nome. È il verso 55 del XXX Canto del Purgatorio , quando il Poeta lascia Virgilio – che è stato la sua guida nell’Inferno e fino a quel punto del Purgatorio – e incontra Beatrice . Tuttavia il primo incontro di quella che viene sempre narrata come una grande storia d’amore (spirituale) non è all’insegna dell’amore, ma del rimprovero. Dante piange, perché ha perso la sua guida – che non può entrare in Paradiso essendo un poeta pre-cristiano. Ma la donna, apparsa su un carro trainato dal Grifone (simbolo di Gesù) “ dentro una nuvola di fiori ”, accompagnata dai canti degli angeli, sullo sfondo di un sole che sorge fra rosei vapori, lo ammonisce: “ Dante, perché Virgilio se ne vada / non pianger anco, non pianger ancora; / ché pianger ti conven per altra spada ”.

È uno dei momenti centrali della Commedia, una scena drammatica che l’abilità letteraria del poeta fiorentino non fa scivolare nel sentimentale o nel patetico : Virgilio silenziosamente scompare, Dante lo invoca tre volte, piange, appare Beatrice che gli annuncia che dovrà vivere un dolore ben più intenso (l’“altra spada”) dell’uscita di scena del poeta latino. Siamo di fronte a una svolta, Dante porta la sua crisi esistenziale di un uomo di circa quarant’anni (Durante di Alighiero degli Alighieri, questo il suo vero nome, è nato nel 1265 e ha iniziato a scrivere il suo poema nel 1304) attraverso la dimensione terrena dell’Inferno e del Purgatorio per giungere alla dimensione spirituale del Paradiso.

La crisi, la rinascita, la salvezza

Nell’Inferno Dante ha conosciuto il male: quello dei gironi infernali e quello assoluto rappresentato da Lucifero orrendamente conficcato nel ghiaccio al centro della terra. Nel Purgatorio ha vissuto invece l’esperienza della costrizione del cuore nel pianto dei personaggi che ha incontrato. Beatrice scende nel Limbo, vestita di rosso come nella “ Vita Nova ” (per Dante-uomo e Dante-poeta vita e letteratura coincidono), perché ora tocca a lui pagare un pedaggio di dolore – il dolore del traviamento, dell’aver perso la giusta direzione – per accedere, appunto, al Paradiso: “« Guardaci ben! Ben son, ben son Beatrice / Come degnasti d’accedere al monte? / non sapei tu che qui è l’uom felice? »”. Pur con un tono duro, con parole quasi sprezzanti (“ tanta vergogna mi gravò la fonte ”, scrive il Poeta), Beatrice annuncia a Dante la felicità , che in una lettura moderna del testo passa dall’aver toccato il fondo (dell’Inferno) per poi scalare la montagna (purgatoriale) della rinascita. Rinascita che però passa anche attraverso il dolore (non è forse un’esperienza che, chi più chi meno, abbiamo provato tutti?).

L’incontro fra Dante e Beatrice dà il via alla seconda parte della Divina Commedia, quella della nuova guida (la donna), dopo Virgilio e prima di San Bernardo , che lo condurrà alla viva presenza di Dio grazie alle preghiere dei beati e della Vergine invocata nell’ultimo canto dell’opera (“ Vergine Madre, figlia del tuo figlio, umile e alta più che creatura, / termine fisso d’etterno consiglio ,” etc.).

Beatrice è bella in modo indicibile , il suo viso rifulge di luce, spiega a Dante difficili questioni teologiche, ma lo fa salire attraverso i cieli del Paradiso con la forza del suo sorriso , ovvero con la forza di un amore che è riflesso di quello divino. Se Virgilio era la saggezza paterna, Beatrice è la bellezza femminile: angelicata, spirituale, a differenza degli altri beati (che Dante vede come nuclei di luce) figura umana ma anche oltreumana, in quanto accesso alla Grazia, fonte di pienezza e felicità.

Una grande storia d’amore

Dell’amore tra Dante e Beatrice racconterà Franco Nembrini in “ Dante e Beatrice: una grande storia d’amore che tutti vorremmo rivivere ”. Tre incontri alla Casa del Giovane di Bergamo (19 novembre, “Tanto gentile e tanto onesta pare. Una Vita Nova”; 3 dicembre, “L’incontro con Beatrice in Purgatorio; 17 dicembre “Il Paradiso e l’amor che move il sole e l’altre stelle”, sempre alle 21) voluti da Magnetic Media Network S.p.A. . Educatore e divulgatore, Nembrini si è conquistato una certa fama negli anni per aver saputo raccontare e spiegare la Divina Commedia, al di là del nozionismo scolastico e della stretta filologia, come esperienza umana che parla a tutti, credenti e non .

Un esempio di come affronta il testo dantesco ce lo ha dato lo scorso settembre, in un’intervista rilasciata al collega Mirco Roncoroni , in cui fa un esempio di come porgere a trenta ragazzi proprio la vicenda di Dante e Beatrice: “ Quando hai davanti la pagina di un poeta con una riga e sotto una paginata fitta di note, come si fa? Non può piacere. Se invece parti al rovescio, e dici ragazzi sentite un po’ che roba questo qui, dice che si era perso proprio, e non capiva più cosa ci facesse al mondo a fare nonostante le cose gli andassero benino, a 35 anni. Incontra un tizio che è il suo vecchio maestro e gli dice di essersi mosso perché una ragazza straordinaria, ‘lucevan li occhi suoi più che la stella’, è venuto a cercarlo per chiedergli di andare in soccorso del suo vecchio moroso. E lui le ha chiesto, non ti fa schifo venire qui dove siamo noi, tu che sei in paradiso e vedi il bene e il bello della vita? E lei risponde ‘Io son Beatrice, che ti faccio andare, vegno di loco ove tornar desio, amor mi mosse, che mi fa parlare’. Tu tiri su la testa, guardi i trenta ragazzi e gli chiedi: ragazzi, cosa dite di un amore così? Cosa pensate di una donna che tutti i giorni va a riprendersi all’inferno il suo uomo, per amore? Ti assicuro che anche il più disinteressato ha scritto in fronte ‘che bello sarebbe’. Poi se lo dimentica un minuto dopo, ma in quel momento capisce” .

Il ciclo di incontri di Nembrini completa l’iniziativa dantesca che Magnetic Media Network S.p.A. ha voluto per il Patronato San Vincenzo . Lo scorso 25 settembre infatti è stato inaugurato il gruppo scultoreo “ El Dante ” di Adelfo Galli , che si compone di tre soggetti: Dante, Beatrice e la Processione. L’opera di Galli non è dissimile nelle intenzioni dall’approccio di Nembrini alla Commedia . Spiega quest’ultimo: “ Dante è sempre stato rappresentato con il broncio, quasi arrabbiato con il mondo intero, a volte portando sottobraccio il pesante volume della sua opera. Finalmente invece la statua realizzata da Adelfo Galli ci mette davanti agli occhi un Dante vivo, sorpreso, travolto dall’incontro con Beatrice. Man mano la statua prendeva forma mi chiedevo cosa ne avrebbero detto i critici, gli artisti, la gente. Avrebbero capito che si trattava di restituire vita, passione e sentimenti così umani da poter incuriosire l’uomo di oggi fino a fargli desiderare di immedesimarsi con la vicenda del Sommo Poeta? ”.

In effetti l’opera propone una raffigurazione diversa da quella canonica: Dante è scolpito nel gesto di scoprirsi il capo , investito dalla sorpresa per l’apparizione di Beatrice, che guata (cioè guarda intensamente, per usare un termine dantesco) con occhi spalancati e bocca semiaperta per il turbamento. Una mano stringe le vesti al petto come a contenere il cuore, che sente quasi uscire dal corpo, e con un calcagno calpesta l’abito, disorientato dallo stupore della visione. L’alloro, simbolo della gloria e dell’incoronazione poetica, non è sul capo come vuole l’immaginario collettivo, ma è ai suoi piedi, quasi a voler suggerire che abbiamo dinanzi Dante uomo prima che poeta.

Beatrice gli corre incontro con volto sereno, splendente. La scultura smuove la fissità drammatica dell’incontro nella Commedia (“ Quasi ammiraglio che in poppa e in prora / viene a veder la gente che ministra / per li altri legni, e a ben far l’incora ;”), alle sue spalle il carro trainato dal Cristo-Grifone attraversa il tempo e la storia, precedendo la processione che Dante vede nel Paradiso. Un’aquila, un angelo, un bue e un leone ai quattro angoli del sagrato (simbolo dei quattro evangelisti) la proteggono, mentre la scena è allietata dalla danza delle tre virtù teologali, Fede, Speranza e Carità e dal tripudio di una moltitudine a perdita d’occhio: è il popolo che segue fedelmente il carro della Chiesa, la verità lucente di Dio.

Nel complesso il gruppo scultoreo sigilla la vertigine dell’uomo (Dante, ma pure ciascuno di noi) che da uno stato di miseria giunge alla felicità paradisiaca. È la crisi profonda e la rinascita faticosa . È il sorriso placido di Beatrice che preannuncia quell’“ amor che move il sole e l’altre stelle ”. Se ancora oggi siamo qui a fare i conti con la Divina Commedia, è perché essa rappresenta uno dei più densi archetipi dell’esperienza umana. Miserevole, germinante e luminosa.

Info

Per partecipare agli incontri è necessario prenotarsi a questo link . La prenotazione e il Green Pass sono obbligatori.

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