“Se questo è un uomo” o “La Tregua”, una vita dentro e fuori dal lager in due romanzi autobiografici di Primo Levi, Hannah Arendt che riflette sulla controversa figura del gerarca nazista Eichmann a processo nel suo “La Banalità del Male”, Anna Frank che nascosta in una soffitta scrive un diario che nei decenni successivi avrebbero letto i giovani di mezzo mondo. La narrazione dell’Olocausto arriva a noi in un riverbero di voci e di testimonianze, che ne fanno un racconto corale.
Un racconto che, con l’avvicinarsi del Giorno della Memoria, parte dall’esperienza del campo di concentramento e si apre su una vita che spinge con forza per manifestarsi e affermarsi oltre il dolore: come quella di Theo che cerca di rimettersi in cammino per chilometri verso il futuro dopo la deportazione nel libro di Aharon Appelfeld o quella di Primo Levi raccontato da Pietro Scarnera, che lo ritrae nelle tavole della sua graphic novel, in tutto quello che è riuscito ad essere e a diventare dopo l’annichilimento del lager, “Una stella tranquilla” (ma mai pacificata del tutto), proprio come il titolo del volume e di uno dei più bei racconti dello scrittore torinese.
E dai disegni si passa poi a un volume d poesia: versi in ebraico da un lato della pagina, per conservare nei segni l’identità di una cultura che ha rischiato l’annientamento, versi in italiano dall’altro, per leggere e comprendere voci di poeti di diverse epoche e di diverse età : tutto questo in “La notte tace. La Shoah nella poesia ebraica”. Non mancano anche le parole, quelle delicate e lievi, capaci di raccontare il male non negandolo, ma accennandolo, senza che diventi terrore e a scriverle non potevano che essere le zampe di un orsacchiotto protagonista del libro per bambini di Tomi Ungerer.
L’ultima proposta, per questo Giorno della Memoria, è un libro che parla di come trasformiamo le nostre città e i luoghi che abitiamo in altrettanti libri, scrivendo con sculture e simboli sulle piazze, sui piedistalli e nei memoriali quello che non vogliamo che si ripeta, quello che va celebrato e quello che ci è accaduto come comunità . Una chiave di lettura offerta dallo storico inglese Keith Lowe, in questo suo lavoro ricco di immagini e, riflessioni e diversi esempi.
“Giorni Luminosi” di Aharon Appelfeld (Guanda, 2018)
Un romanzo
Dopo la tempesta. Camminare per chilometri tornando alla vita. Alle spalle il buio dell’orrore e del dolore, davanti un futuro senza traiettorie, ma inondato dalla potente luce dei ricordi e dal calore dell’infanzia. Nei campi sconfinati del dopoguerra, il protagonista sopravvissuto ai campi di concentramento cerca la strada di casa percorrendo da solo centinaia di chilometri.
“Da quando aveva lasciato il campo si era comportato in un modo sorprendente – scrive Appelfeld – una parte di lui era rimasta al campo, mentre quella che se n’era andata non era più come prima. Non era arrabbiato né pentito. Aveva un solo desiderio: andare avanti, ma l’avanzata era lenta”.
A raccontare la storia di Theo, con parole che sembrano dipingere i paesaggi e tratteggiare i volti delle persone che incontra, è Aharon Applefeld, scrittore ebreo di origini rumene che in questo romanzo compone un’Odissea del ritorno tra cicatrici, sogni e incubi di un passato ancora troppo vicino e di un domani che deve ancora prendere forma.
“Una stella tranquilla. Ritratto sentimentale di Primo Levi” di Pietro Scarnera (Coconino Press, 2022)
Graphic novel
China e carta per raccontare la vita appassionata di un grande scrittore oltre la Shoah. Un protagonista che è un “quasi” nonno per l’autore: Primo Levi è stato un grande testimone dell’Olocausto ebraico, prestatosi alla chimica per poi abbracciare la scrittura e segnare un intero secolo. Nella narrazione disegnata del “quasi” nipote di Levi, Pietro Scarnera, non incontriamo il lager, né i chilometri che Levi affida al suo memoir “La Tregua”, ma ritroviamo lo scrittore alla fine del conflitto in una Torino postbellica. Quello che Scarnera descrive, infatti, è il Levi l’autore, non il Primo della vita privata.
Levi si rivela in un racconto capace di adagiarsi su una biografia dai trascorsi scuri e dolorosi, di un uomo capace di ritornare a brillare di passione per la scienza e per la scrittura, nonostante il tragico finale. Un capolavoro in 256 pagine che si è aggiudicato il prestigioso “Prix Révélation” al Festival di Angoulême.
“La notte tace. La Shoah nella poesia ebraica” a cura di Silvia Ferrari (Belforte Salomone, 2010)
Poesia
Un alfabeto sconosciuto per scrivere poesie su ciò che non trova parole per esser detto. Davanti all’indicibile della distruzione di un intero popolo, quell’alfabeto senza vocali che è l’abjad, arriva come strumento per dare voce alla lingua ebraica e con essa a un’intera identità collettiva. Le parole di chi è morto nei campi come Yitzhak Katzenelson e David Vogel arrivano a noi in traduzione, mentre nella pagina a fronte le loro poesie, scritte come le scrissero loro, restano segni neri sulla carta.
In questa raccolta curata da Silvia Ferrari si intrecciano voci ebraiche di epoche diverse: da chi la Shoah l’ha sentita raccontare da genitori o nonni, a chi ha assistito alla tragedia di un popolo dall’altra sponda del Mediterraneo, a chi è stato deportato e non è più tornato. Un racconto corale in versi che abbraccia mezzo secolo, in cui la poesia è strumento per la memoria di un popolo.
“Otto. Autobiografia di un orsacchiotto” di Tomi Ungerer (Mondadori, 2003)
Libro per bambine e bambini
Due zampette di pezza per raccontare la Shoah. La Storia sa essere grande anche nei racconti dei piccoli, anzi dei piccolissimi, come Otto, un orsacchiotto di pezza creato in un atelier di giocattoli della Germania degli anni Trenta. Il suo compagno di giochi diventerĂ Davide, un bambino ebreo che poi sarĂ deportato nei lager nazisti insieme alla famiglia.
A raccontare la storia di una perdita e di un tenerissimo ritrovamento saranno proprio le zampette dell’orso Otto, che tra mille peripezie al di qua e al di là dell’Oceano, avrà anche imparato a scrivere. Quello di Tomi Ungerer è un racconto per i piccoli, che sa coinvolgere anche quella parte bambina di ognuno di noi, con una storia delicata e affascinante piena di colpi di scena.
“Prigionieri della storia – Che cosa ci insegnano i monumenti della Seconda Guerra Mondiale sulla memoria e su noi stessi” di Keith Lowe (Utet, 2021)
Saggio
Quando la memoria si fa pietra, cemento e metallo. Dal campo di concentramento di Auschwitz in Polonia, ai parallelepipedi del Memoriale dell’Olocausto di Berlino, alle statue e ai monumenti che in questi ultimi anni sono stati al centro di polemiche e riletture: il viaggio dello storico inglese Keith Lowe in questo saggio si snoda lungo il filo rosso della memoria fisicamente presente nel nostro quotidiano, quella dei monumenti, che diversamente dai libri che restano chiusi in uno scaffale, è sempre sotto i nostri occhi.
“Sotto il granito e il bronzo c’è l’amalgama di tutto ciò che ci rende quello che siamo ― potere, gloria, coraggio, paura, oppressione, grandezza, speranza, amore e rovina – scrive l’autore – Celebriamo queste e mille altre virtù pensando che forse potranno liberarci dalla tirannia del passato. Eppure, proprio il desiderio di scolpirle nella pietra le rende inevitabilmente ciò che ci tiene, a nostra volta, prigionieri della storia”.
- 5 libri per il Giorno della Memoria: per non dimenticare, con lo sguardo rivolto in avanti
- “Giorni Luminosi” di Aharon Appelfeld (Guanda, 2018)
- “Una stella tranquilla. Ritratto sentimentale di Primo Levi” di Pietro Scarnera (Coconino Press, 2022)
- “Otto. Autobiografia di un orsacchiotto” di Tomi Ungerer (Mondadori, 2003)
- “Prigionieri della storia – Che cosa ci insegnano i monumenti della Seconda Guerra Mondiale sulla memoria e su noi stessi” di Keith Lowe (Utet, 2021)