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Sergio Staino, il mio Gesù che fa arrabbiare i fondamentalisti di ogni credo

Intervista. A Villa di Serio il 17 gennaio per incontrare il pubblico e presentare il suo “Hello, Jesus!”. Passione politica, ironia, divertimento: il famoso vignettista si è raccontato a cuore aperto, spiegandoci perché ha deciso di mettere Gesù in una striscia satirica

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Sergio Staino è uno dei più noti interpreti della satira politica in Italia. Conosciuto da tutti per lo storico personaggio di Bobo, ha collaborato da ottobre 2017 a ottobre 2018 con il quotidiano Avvenire pubblicando una serie di vignette dal titolo “Hello, Jesus!”, che ora sono diventate un libro per Giunti. Venerdì 17 gennaio alle 20.30 sarà presente presso la Biblioteca comunale di Villa di Serio per un incontro con il pubblico, dove si parlerà di questa sua ultima opera, ma anche del senso della satira ai giorni nostri. Un incontro prezioso, che si deve a Festival Presente Prossimo.

Genuino, inquieto e un po’ naïf, il Gesù di Staino vive in una Nazareth appena italianizzata e racconta il nostro tempo, facendoci ridere, dubitare e pensare. Il padre falegname, Joseph, è simile a Bobo, così come la madre ricorda la moglie di Bobo. Il libro raccoglie le strisce comparse su Avvenire più altre cento tavole inedite. Messe l’una accanto all’altra formano quasi un racconto.

MM: Perché scegliere un protagonista “ingombrante” come Gesù?

SS: Non potevo immaginare che sarei arrivato a leggere la quotidianità in chiave satirica usando Gesù, anche perché non ho mai nascosto la mia vocazione atea. Io sono cresciuto in una famiglia comunista, con nonno mangiapreti, ma la figura di Gesù che ho conosciuto in parrocchia e a scuola mi è sempre piaciuta moltissimo. Anche se ho perso la fiducia in una vita ultraterrena, che non riesco proprio a immaginarmi, la sua figura storica mi è rimasta dentro.

MM: Quando ha cominciato a disegnare Jesus?

SS: Circa dieci anni fa. L’ho proposto a giornali di area di sinistra ma ho trovato molte resistenze, come dice il detto: “Scherza con i fanti ma lascia stare i santi”. Invece mi ha aperto le porte Marco Tarquinio, il direttore dell’Avvenire. Un giornale molto serio, che difende gli ultimi. Abbiamo intrapreso un’avventura che mi ha molto gratificato.

MM: Poi, però, le è toccato andarsene anche da lì.

SS: Questo dimostra le contraddizioni interne al mondo cattolico. C’erano davvero troppe polemiche e c’era il rischio che per la mia presenza saltasse il direttore di Avvenire. Non potevo permetterlo, quindi sono stato il primo a fare un passo indietro. Un giorno magari tornerò.

MM: Con il suo Jesus ha fatto arrabbiare una parte di mondo cattolico, ma anche alcuni membri dell’Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti, di cui lei è presidente onorario. Non è ironico?

SS: Ho fatto arrabbiare i dogmatici, chi è legato a visione fondamentalista della propria ideologia. La mia è una striscia dove il dubbio predomina. A dare fastidio, più ancora che Gesù, è stata la mia Madonna, così simile alla moglie di Bobo. Anche ad Avvenire vedevo che erano più tesi quando ironizzavo su Maria, piuttosto che su Gesù e i discepoli.

MM: Come mai secondo lei?

SS: Credo che la Chiesa nei secoli si sia strutturata in una chiave maschilista. Per i cattolici più aperti esaltare Maria è una sorta di riscatto, ma le si dà un’importanza pietistica: non è una figura bella e solare. A me invece è piaciuto che somigliasse anche fisicamente a Bibi, con le sue posizioni non sottomesse. Non ha idea di quante e-mail violente mi siano arrivate dalla destra cattolica, augurandomi le fiamme dell’Inferno.

MM: Addirittura.

SS: Sì, un tale mi ha scritto che aspettava il giorno in cui mi avrebbe visto bruciare accanto a quell’attorucolo che siede sul soglio di Pietro. Lì ho capito che la mia striscia funzionava: l’incavolatura non è sul mio Gesù ma su Papa Francesco, che io invece stimo molto.

MM: Come mai?

SS: Quando parla dei migranti mi si apre il cuore. C’è una frattura molto forte fra la Chiesa di Bergoglio e i conservatori, mentre credo che la sinistra riformista e Papa Francesco siano molto vicini, tralasciando alcuni aspetti importanti come la bioetica. Quando si parla di pace, solidarietà, altruismo e di denaro come sterco del demonio trovo che siamo molto allineati.

MM: Il crocifisso nelle scuole: sì o no?

SS: Al posto del crocifisso mi piacerebbe vedere Gesù nei panni del buon Pastore, seduto sul masso con tante pecorelle intorno. Il Cristo sofferente è terribile e l’esposizione della sofferenza non è mai servita a nulla.

MM: Le dispiace di non essere credente?

SS: In certi momenti sì, soprattutto quando c’è un lutto di una persona cara. L’idea di rivederla nell’aldilà sarebbe molto tranquillizzante. Ho tanti amici credenti, persone intelligenti, e mi chiedo come facciano a credere.

MM: Si è mai autocensurato disegnando Jesus?

SS: Io non ho una vanità sulla mia opera: non ho mai detto che le mie cose non si toccano. Mi consulto volentieri con i direttori. L’anno che ho trascorso ad Avvenire è coinciso con l’ascesa di Salvini, il dramma dei migranti, la perpetua offesa nei confronti dei deboli. Quindi le tavole che mi sono venute fuori non avevano tanto spazio per sorrisi o momenti goliardici, nascevano da una situazione dolente e così sono rimaste.

MM: Lei è stato molto vicino ai colleghi francesi di Charlie Hebdo colpiti dal terrorismo. Secondo lei quali sono i limiti della satira?

SS: Quelli soggettivi dell’autore. Considero la satira un’opera di moralizzazione della società e una grande distributrice di dubbi. Là dove c’è fondamentalismo mostra il marcio e l’opportunismo, ma non mi interessa lo scandalo per lo scandalo. Non ho mai fatto una vignetta contro i simboli religiosi, per esempio. Trovo le vignette contro Maometto disgustose, ma le difendo lo stesso in nome della libertà di stampa e di espressione.

MM: Si è mai pentito di una vignetta?

SS: No, a volte ho creato polemiche furiose, ma valuto sempre con molta attenzione prima di pubblicare. Una volta feci una vignetta molto forte sulla caduta dell’aereo precipitato con tutta la nomenclatura polacca a bordo (l’episodio è del 2010, l’aereo con a bordo il presidente polacco Lech Kaczynski precipitò insieme a molti ministri, il governatore della banca centrale, il capo di stato maggiore dell’esercito. La vignetta mostra Bobo che parla a sua figlia e le dice: “Novantasei membri del governo polacco spariti di colpo”. E lei che risponde: “La solita storia, a chi tutto e a chi niente”, ndr). L’ho letta e riletta ma non me ne sono pentito, la realtà era quella rilevata da Concita De Gregorio che descrisse la vignetta come “il dolente sorriso della satira”.

MM: Quali sono i vignettisti delle nuove generazioni che le piacciono?

SS: Mi piace molto Makkox e naturalmente sono contento del successo di Zerocalcare. Non mi piacciono quelli troppo schematici, sempre schierati: penso non rendano un bel servizio. Tra i più giovani credo si paghi la caduta di passione politica. Leggo volentieri Lercio e fanno vignette divertenti, ma si fermano un metro prima di fare quel qualcosa in più. Sono goliardate che non mi scaldano il cuore.

MM: Parlando di politica, sulle sardine mi sembra che lei abbia uno sguardo benevolo, che ne pensa?

SS: Sono una cosa preziosissima se, come spero, non faranno un partito. Se rimangono un movimento possono darci un aiuto enorme.

MM: Lei ha gravi problemi di vista, come fa a lavorare? Ha mai pensato di ritirarsi?

SS: Ho sempre detto ai miei amici credenti che il Signore poteva fare cieco Beethoven e sordo me. Lavoro con un grande touch screen, con la poca vista che mi rimane dall’occhio sinistro, chinandomi a due centimetri dallo schermo. Riesco a fare dei disegni ma non sono perfetti e allora mio figlio sistema le proporzioni. Ma non mi do per vinto: sono malato di ottimismo e non mi cambierei per niente al mondo. In gioventù sono arrivato a pochi passi dal terrorismo, sono riuscito a non caderci e ad arrivare fino ad oggi. Continuo a divertirmi molto.

Sito Sergio Staino

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