“Sempre è la parola più fedifraga, pervertita, più rubata in assoluto, sprecata. Forse insieme a un’altra che è amore. Diciamo sempre, ma in realtà il sempre non ci appartiene. Noi stessi non siamo per sempre, eppure abbiamo questa necessità, questo desiderio e bisogno di sempre”: così Maurizio Maggiani, scrittore che nella vita ha fatto diversi mestieri, tra cui il fotografo industriale, il venditore di pompe idrauliche, il maestro di scuola, l’autore e conduttore televisivo. Il suo “Il coraggio del pettirosso” ha vinto il Campiello e il Viareggio Rèpaci, mentre “Il Viaggiatore notturno” si è aggiudicato lo Strega. Viene da una famiglia anarchica di contadini.
“Sempre” è il titolo del libro edito Chiarelettere nel 2018 che raccoglie una serie di conversazioni tra due amici, Maggiani e Luigi Verdi, uguali nella profondità del sentire e del pensare, ma allo stesso tempo profondamente diversi nella loro personalissima visione della vita, di quello che ci sta dentro, attorno e oltre. “È vero che siamo diversi, è vero che arriviamo da cammini diversi – scrive Luigi Verdi introducendo l’amico – ma abbiamo provenienze simili e già quelle ci rendono compagni di vita”.
Luigi Verdi è il fondatore della Fraternità di Romena nel Casentino, un’esperienza cominciata nel 1991 a partire da una vecchia pieve abbandonata e diventata oggi un luogo d’incontro per migliaia di persone alla ricerca di una qualità di vita più autentica. “Don Gigi è un prete – spiega lo scrittore – Pensiamo al senso della parola. Chi è il prete? Prete significa anziano, colui che è stato eletto e scelto ed è il custode della pieve, che significa plebe, popolo in latino”.
Proprio sul sagrato della Pieve di Romena i due si sono incontrati un 25 aprile di qualche anno fa e nel libro si ritrovano per condividere quel loro incontro e i successivi con chi ne vorrà leggere. Fra questi la presenza a Bergamo per Molte fedi sotto lo stesso cielo l’8 ottobre alle 20.45 nella Basilica di Santa Maria Maggiore in Città Alta. La serata “Per una grammatica dell’umano. Bellezza e dignità. Semplicità. Deserto” sarà un’occasione per parlare di sacro e di una vita piena e vera da vivere tornando all’essenziale. Con la stessa semplicità con cui le pagine sono scritte, riportando fedelmente le conversazioni dei due autori.
Il libro si apre con una fotografia di Maggiani fatta a una scritta sul muro dedicata a un tifoso di calcio. La parola che ha tanto colpito lo scrittore per strada, nell’immagine affiora tra luce e ombra: sempre. “Non c’è amore che non sia per sempre. C’è sincerità quando diciamo sempre. Molto spesso siamo innocenti nel pronunciare quella parola – spiega – Ti amerò per sempre. Sarò sempre fedele. Sarò sempre retto. C’è quasi sempre innocenza nel dirlo, però dirlo è anche un grande peccato. Non nominare sempre invano, perché noi non siamo lì, vorremmo esserci con tutta l’anima, con tutto il corpo, ma non ci siamo”. Da qui la necessità del sacro “perché il sacro letteralmente è ciò che togliamo dalla polvere, dal fango della strada e lo alziamo per tenerlo netto dalla materia che siamo e da ciò di cui è fatto l’universo”.
Il sacro e la religiosità
“Il sacro non è necessariamente legato alla religiosità standardizzata, regolata o regolamentata. Io non appartengo a nessuna fede, potrei dirmi cristiano se non avessi un brutto carattere e non ne ho la forza né la tempra. Non a caso erano solo in dodici. Ma anche se non credo ho diritto a ciò che posso conservare sopra l’ovvia sporcizia, la materialità e il tempo”.
Nel libro le parole di Maggiani incontrano quelle di Verdi: “Ci sono momenti in cui tutto sembra eterno e tutto possa essere abbracciato. Quando svaniscono ti lasciano comunque il desiderio di qualcosa che è oltre. Questo per me è sempre. È come un’eco che ti accompagna. Se non ci fossero i preti, se non ci fosse la Chiesa, questo desiderio esisterebbe comunque. Non sono le religioni che rendono religiosa la vita, la vita è religiosa di suo”.
Molte fedi porterà don Gigi Verdi e Maurizio Maggiani a sedere insieme e parlare davanti al pubblico. Uno credente e religioso, l’altro no. Ma entrambi portatori di storie differenti, che sono valori e visioni del mondo. Apparentemente lontane, ma capaci di trovare uno spazio comune quando riescono a parlarsi e spiegarsi, là dove la parola dell’uno e dell’altro è ricchezza reciproca.
“Questo spazio comune a Bergamo sarà proprio la Basilica di Santa Maria Maggiore, figlia di un intreccio singolarissimo, un luogo sacro che però è di proprietà pubblica: è del Comune di Bergamo e non della Diocesi – spiega Daniele Rocchetti, presidente delle ACLI di Bergamo e ideatore della rassegna – Una bellezza unica, capace di avere custodia dell’umano oltrepassando i confini confessionali. Ecco perché l’abbiamo scelto per Molte Fedi: Santa Maria Maggiore è un luogo sacro per tutti e non solo per una parte. I consigli comunali nel medioevo si svolgevano proprio lì, in quel luogo dove la politica e lo spirituale si incontrano, sotto il segno della bellezza”.