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Maura Gancitano. «La bellezza è fiorire secondo i nostri tempi»

Articolo. Lontano dagli obblighi di dover apparire in un certo modo, più vicino a sé, al proprio sentire e a un’idea di bellezza che sia prendersi cura e scoperta. La filosofa co-fondatrice di Tlon arriva al festival «Migliori di così» di Nembro il 1° luglio con il suo libro «Specchio delle mie brame – La prigione della bellezza». Un viaggio alle origini dei canoni di bellezza, tra storia, società e cultura e un manifesto di fioritura personale, un invito ad abbracciare la propria unicità al di fuori di gabbie troppo strette

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Maura Gancitano

La bellezza è una questione sociale. Non scegliamo di nascere belli o brutte, ma nella nostra società avere un determinato aspetto condiziona pesantemente ciò che siamo secondo gli altri e come ci sentiamo. Anche se qualcosa in questi ultimi anni sta cambiando e media e pubblicità stanno cominciando a dare spazio a corpi di diverse forme o a bellezze che si allontanano da un canone tradizionale, la pressione esercitata su questo tema è ancora molto forte. Maura Gancitano nel titolo del suo libro «Specchio delle mie brame – La prigione della bellezza», edito da Einaudi, utilizza a questo proposito un termine molto forte, “prigione”, una parola che parla di condizionamento estremo e di privazione della libertà.

La filosofa, scrittrice e fondatrice insieme al marito Andrea Colamedici di Tlon, un progetto in bilico tra divulgazione culturale, casa editrice e scuola di filosofia, affida infatti a questo saggio una riflessione su quanto la percezione sociale della bellezza oggi sia ancora più forte e ne indaga le origini, cercando di smontare l’immaginario rigido e andare alle radici del diktat di «dover essere in un certo modo». Un obbligo imposto che ha imprigionato le donne per prime, ma più di recente anche gli uomini. «Specchio delle mie brame» è un percorso alla ricerca di un rapporto più sano con la bellezza e la cura di sé, oltre il canone della perfezione, che Maura Gancitano condividerà con il pubblico del festival «Migliori di così» di Nembro, dove sarà ospite venerdì 1° luglio alle 21 (ingresso libero su prenotazione miglioridicosi.it).

«Il mio corpo non poteva essere neutro, era comunque sempre oggetto di giudizio. Non era neppure solo mio, ma era in qualche modo simbolo della mia classe sociale, frutto dell’educazione, segno di civiltà» scrive l’autrice nelle prime pagine del libro. «I pensieri sul mio corpo hanno dato vita a paure, sensi di colpa e di inadeguatezza che negli anni successivi mi hanno fatto sentire a disagio ogni volta che entravo in una stanza». Un disagio che Maura Gancitano esplicita, dando voce a un sentire comune. «Quanto sarebbe stata più facile la vita se la mia bellezza non fosse stata oggetto di sapere, se fossi stata educata a prendermi davvero cura di me, senza avvertire il mio corpo come un peso che dovevo portarmi appresso, qualcosa che non ero capace di gestire».

Non è infatti la bellezza in quanto tale a essere un problema, ma il fatto che diventi un concetto rigido, un canone difficile da raggiungere, che divide i corpi e quindi le persone, in conformi e non conformi, che crea esclusione ed evidenzia la diversità per espellerla. Un processo che genera un disagio reso ancora più intenso dai social media.

«I nostri nonni avevano come punti di riferimento piccoli gruppi di persone in un contesto locale con cui si misuravano e si definivano – spiega l’autrice – oggi invece, se pensiamo ai social, il riferimento coinvolge tantissime persone e ci si sente sia giudicati e osservati, sia invisibili allo stesso tempo. La pressione è fortissima e notevole su tutte le scelte di vita, dalla salute fisica, a quella mentale e riguarda tutte le età. Il paradosso è che quando si invecchia lo sguardo diventa meno pesante se sei una donna, anzi, sparisce, perché sei tu che diventi invisibile. La donna scompare a meno che non nasconda i segni del tempo, l’uomo al contrario acquista il fascino dell’esperienza. Anche questa differenza è frutto di una questione culturale».

Il punto, secondo Maura Gancitano, «non è però demonizzare la bellezza, ma scegliere liberamente di prendersi cura di sé, non per dovere e richiesta esterna, ma per piacere personale. Invece quando si parla di bellezza si fa spesso riferimento all’adesione a un canone e a un corpo da disciplinare, quando sarebbe invece importante recuperare un altro senso della bellezza, che ha a che fare con l’ignoto e la scoperta. Quello è l’aspetto da coltivare».

«Coltivare la bellezza, infatti, non è un fatto negativo, è solo importante avere ben presente perché lo si fa. La cura interiore e quella esteriore sono connesse». In riferimento alla prima, poi, Maura Gancitano parla anche di «fioritura personale», a cui dedica anche un libro scritto a quattro mani con Andrea Colamedici: «Prendila con filosofia. Manuale di fioritura personale». «Abbiamo scelto questo termine perché è il più vicino alla parola “eudemonia” di Aristotele [ossia la felicità come scopo fondamentale della vita, ndr]. Un concetto che ha a che fare con mente e spirito, un’immagine che fa riferimento a un’evoluzione costante perseguita da ognuno di noi, secondo i nostri tempi. Pensiamo ai fiori: hanno fasi di fioritura differenti e sono liberi da quei condizionamenti sociali che ci spingono a dover dimostrare di essere performativi ed efficaci a tutti i costi. Oggi è molto difficile vivere così, perché in qualche modo ci viene trasmesso che non funzioniamo se non rispettiamo un modello standard e avere un percorso proprio in cui è importante ascoltare la propria autenticità risulta complesso da seguire».

Un percorso, quello della ricerca dei propri tempi e della propria autenticità, che non è solo interiore, ma che si riflette anche sulle scelte di vita di una persona, lavoro compreso. Come dimostra il sempre crescente numero di persone che fa scelte lavorative diverse e si licenzia, mai come in questo periodo.

«Negli ultimi due anni il Covid ci ha portato a rivedere le nostre priorità e a realizzare quanto l’eccesso di performatività sociale o l’ossessività nei confronti del lavoro facesse male – spiega Maura Gancitano – La condizione di stanchezza e il desiderio di avere una vita piena ci hanno portato a percorrere nuove possibilità di felicità e di fioritura, coltivando la possibilità di organizzare la propria vita in modo diverso, concentrandoci di più sul costruire un’immagine positiva di noi, fare cose perché ci piacciono e ci fanno stare bene».

Davanti a una ricerca di una vita che fiorisca fuori dalle aspettative della società, più vicina al proprio sentire, la filosofa fondatrice di Tlon lascia una domanda guida: «Quello che sto facendo lo sto facendo mosso dal senso del dovere o per aumentare il mio benessere?».

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