La prima cosa che un forestiero è in grado di riconoscere, in un cittadino di Bergamo, è la sua parlata. Talvolta chiuso ad un interlocutore non troppo abituato, il bergamasco rappresenta una caratteristica distintiva, importante, in cui ogni parlante si riconosce. Ogni dialetto conserva infatti dentro di sé una fitta storia fatta di radici e di tradizioni che, se non coltivate e con il passare del tempo, rischiano però di essere dimenticate. Ed è infatti partendo da questo presupposto di eredità culturale che il Ducato di Piazza Pontida – fondato cento anni fa a Bergamo da alcuni giovani poeti dialettali – ha costruito la sua storia.
Nel corso degli anni, l’associazione ha organizzato numerosi eventi con l’obiettivo di tramandare saperi e conoscenze che appartengono alla cultura bergamasca. Ad esempio, il periodico quindicinale del Ducato, «il Giopì», rappresenta un importante strumento e riferimento per diffondere il dialetto e la poesia bergamasca ad un ampio pubblico.
Anche in questo importante anno che si sta concludendo, nel quale la nostra città è stata eletta Capitale Italiana della Cultura insieme a Brescia, il Ducato di Piazza Pontida ha ricoperto un ruolo centrale, promuovendo diverse rassegne, spettacoli e eventi tra le due città e le due province: a Bergamo l’ormai tradizionale sfilata di Mezza Quaresima e il «Rasgamént de la Égia», (25 - 26 marzo), il 39° «Festival Internazionale del Folclore e delle tradizioni» (21 - 28 agosto), l’opera lirica in Città Alta (quest’anno è stata scelta l’Aida di Giuseppe Verdi il 21 agosto) e infine la rassegna di teatro dialettale diffusa tra Bergamo e Brescia «Us di ass», che ha coinvolto diverse realtà per tutto il 2023.
Il Ducato di Piazza Pontida è quindi una realtà viva e proiettata verso il futuro. Ne abbiamo parlato con il duca Smiciatöt I, Mario Morotti, erede di una lunga tradizione di figure – come il poeta Giacinto Gambirasio – che hanno avuto a cuore la realtà del dialetto e della storia bergamasca.
WL: Che cosa significa coltivare le tradizioni?
MM: Un popolo senza una storia è destinato a morire. Per questo il Ducato si impegna, da cento anni, per mantenere vive le radici, le nostre realtà. Per noi è un aspetto fondamentale, da coltivare nel futuro.
WL: Il 2023 è stato un anno importante per la nostra provincia. Anche il Ducato ha fatto la sua parte attraverso l’organizzazione di molti eventi che hanno visto coinvolti anche diversi giovani. Come siete riusciti a coinvolgerli?
MM: Per avvicinare le nuove generazioni alle realtà del Ducato bisogna creare interesse. Per l’importante sfilata di Mezza Quaresima, una nostra tradizione storica, sono stati infatti coinvolti circa 3.000/3.500 ragazzi, impegnati nell’allestimento dei carri. Anche la collaborazione con diverse scuole del territorio ha portato i suoi frutti: nell’organizzare il 39° «Festival del Folclore» abbiamo coinvolto alcune classi dell’Istituto Betty Ambiveri di Presezzo in un progetto di Alternanza Scuola Lavoro per alcune attività con i vari gruppo invitati, provenienti quest’anno da Kenya, Taiwan, Sudamerica. Anche per il «Rasgamént de la Égia» abbiamo coinvolto giovani studenti, provenienti dall’Istituto Fantoni, per realizzare il quadro della Égia.
WL: La storia del Ducato è nata dall’esperienza di poeti dialettali.
MM: Anche oggi questo ambito ha un ruolo centrale nelle nostre iniziative. Da due anni, ad esempio, si sta organizzando un Premio di poesia dialettale. Il tema di quest’anno era l’acqua: abbiamo rivenuto importanti adesioni sia dalla provincia di Bergamo che da quella di Brescia. Il 16 dicembre si è tenuta a Bergamo la premiazione finale che ha visto trionfare Silverio Signorelli.
WL: Oltre alla poesia, il Ducato è anche attivo a livello musicale: un’importante novità di quest’anno, è stata l’organizzazione del primo «Festival della canzone bergamasca», che si è tenuto domenica 26 novembre presso il Teatro Serassi di Villa d’Alme.
MM: Abbiamo commissionato a 12 poeti dialettali, appartenenti al nostro Ducato, alcuni testi da poter poi essere messi in musica da giovani band bergamasche, le quali hanno realizzato diverse canzoni presentate poi a Villa d’Almé e raccolte in un disco.
WL: Oltre alle tradizioni locali, il Ducato promuove la valorizzazione della cultura italiana nazionale, come quella del canto lirico italiano riconosciuto patrimonio UNESCO.
MM: Questa ambito è un punto di riferimento anche per il Ducato, il quale ogni anno organizza la rappresentazione di un’opera lirica della grande tradizione melodrammatica italiana. Quest’anno abbiamo scelto di mettere in scena l’Aida, capolavoro di Giuseppe Verdi. Anche questa è una tradizione da portare avanti: a mio avviso, rappresenta la tradizione numero uno a livello italiano. Il mondo ha conosciuto il nostro paese soprattutto grazie alla lirica e alla sua lunga storia.
WL: Nell’anno che ci stiamo preparando a lasciare, il Ducato di Piazza Pontida ha collaborato per organizzare una grande rassegna teatrale, diffusa tra Bergamo e Brescia, dal titolo «Us di Ass».
MM: Sono state coinvolte 50 compagnie dialettali tra le due province e organizzati 168 rappresentazioni. Le compagnie bergamasche si sono esibite nella provincia bresciana e viceversa. Abbiamo raggiunto 25.000 spettatori alla fine dell’anno. È stata una bella esperienza, che vorremmo replicare anche il prossimo anno. E poi, sempre rimanendo in tema teatrale, alcune compagnie bergamasche sono state da noi premiate e si sono esibite presso il Teatro Sociale di Bergamo. Questa esperienza è giunta alla quinta edizione: dare la possibilità a compagnie teatrali di piccoli comuni o di provincia di potersi esibire in una cornice così importante come il Sociale è una grande soddisfazione.
WL: Guardiamo al 2024, anno in cui il Ducato celebrerà un importante anniversario.
MM: Il nostro Ducato fu fondato la Notte di San Silvestro - 31 dicembre - del 1923. Il prossimo anno celebreremo il 100° compleanno della nostra storica realtà. Stiamo organizzando diversi appuntamenti tramite gruppi di lavoro specifici, riproponendo gli importanti successi di quest’anno anche per i prossimi anni. Abbiamo un compito importante perché il dialetto bergamasco – o meglio ancora, la lingua bergamasca – fa bene al cuore e all’anima dei bergamaschi, e non solo.