Qualche settimana fa, in Piazza Sant’Anna, alle dieci del mattino di una domenica fresca e limpida, incontro Paolo Barcella, docente di Storia contemporanea dell’Università degli Studi di Bergamo. Beviamo un paio di caffè e conversiamo sui contenuti del ciclo da lui ideato: “Gli anni del miracolo. Sviluppo, migrazioni e rivoluzione dei costumi”, al via il 16 gennaio alla Biblioteca di Dalmine (tutte le info al termine dell’articolo).
Il miracolo balordo
“Partendo dal presupposto che non tutte le fonti sono testimonianze prodotte con la consapevolezza di trasmettere informazioni e giudizi sul proprio tempo, i documenti che si possono prendere in esame sono molteplici e di varia natura”, spiega Paolo Barcella. Così, se interrogati criticamente, “le lettere, le canzoni, i caroselli, le fotografie, i film, diventano importanti tracce delle cristallizzazioni culturali che hanno contribuito a definire un processo storico”.
A cavallo tra gli anni Cinquanta e gli anni Sessanta del secolo scorso “l’Italia era tanto il paese di una massa di disperati costretti a emigrare, nella speranza di migliorare la propria condizione materiale, quanto una nazione ambiziosa che iniziava ad autorappresentarsi in poderosa ascesa”.
Ascoltandolo, mi vengono in mente le parole di Luciano Bianciardi, che ne “La vita agra” (1962) chiama miracolo balordo il contraddittorio processo di sviluppo urbano e industriale dell’epoca. Il protagonista del romanzo osserva inquieto che “[...] è aumentata la produzione lorda e netta, il reddito nazionale cumulativo e pro capite, l’occupazione assoluta e relativa, il numero delle auto in circolazione e gli elettrodomestici in funzione, la tariffa delle ragazze squillo, la paga oraria, il biglietto del tram e il totale dei circolanti su detto mezzo, il consumo del pollame, il tasso di sconto, l’età media, la statura media, la valetudinarietà media, la produttività media e la media oraria al giro d’Italia” (Feltrinelli 2014, pp. 159 e 160).
Sono gli anni, prosegue Barcella, che sanciscono “la fine della civiltà contadina. L’immigrazione dalle campagne e dai piccoli centri nelle grandi città di masse che provengono sia dal territorio circostante sia da zone lontane causa notevoli trasformazioni in ambito economico, sociale, culturale e di costume”.
“Vorrei trovare parole nuove”
Allo studio degli avvenimenti politici, Barcella affianca l’analisi degli aspetti sociali, con un interesse specifico verso le rappresentazioni collettive e la funzione che esse svolgono all’interno della società italiana del secondo dopoguerra. “Il percorso che ho tracciato mette in luce anche alcuni aspetti della trasformazione della moralità. In questo senso l’attenzione è sul ruolo della donna”, di cui parlerà leggendo e commentando lettere scelte da due epistolari privati.
Il primo carteggio è di una coppia di bergamaschi.Le lettere sono state scritte tra il 1947 e il 1949. Lui è in Svizzera a lavorare, lei a Bergamo. “Il loro lessico amoroso riflette alcuni presupposti che all’epoca erano alla base della costruzione dell’equilibrio familiare, fondato sulla fedeltà e l’abnegazione della donna, e sulla capacità, da parte dell’uomo, di garantire una protezione economica adeguata al nucleo familiare. Lei è remissiva, emotivamente fragile, lui, distaccato, scrive soprattutto di questioni pratiche. Nelle lettere della ragazza prevalgono l’inadeguatezza e il senso di colpa per non essere stata in grado di convincerlo a rimanere in Italia”.
“A te racconterò, affiderò i sogni miei”
Poi arriva il miracolo economico che cambia il costume, la moralità; è il caso delle lettere del secondo carteggio. La coppia è siciliana, di Adrano (Catania). Lei è rimasta in paese, lui è emigrato a Losanna. Si sono scritti tra il 1970 e il 1971.
“Per tutti e quattro, i ragazzi lombardi e i ragazzi siciliani, la costruzione dell’intimità è avvenuta principalmente a distanza, per lettera. Sono tutti di origine contadina, ma nel frattempo qualcosa è cambiato: il ragazzo siciliano accede al linguaggio delle emozioni, lo fa citando i versi delle canzoni. Ora anche per l’uomo è legittimo scrivere ‘ti amo’ e ciò è possibile anche grazie al Festival di Sanremo”.
Dai testi cantati da Nilla Pizzi, Claudio Villa, Domenico Modugno, Renato Rascel, la classe lavoratrice attinge a piene mani per esprimere i propri sentimenti. Su questo tema, lo storico consiglia la lettura del libro, di Leonardo Campus, “Non solo canzonette. L’Italia della ricostruzione e del miracolo attraverso il Festival di Sanremo”, pubblicato nel 2015 per Le Monnier.
Nel secondo carteggio “la cupezza e il senso del castigo che traspaiono soprattutto dalle parole della voce femminile si affievoliscono: nell’arco di vent’anni, il soggetto desiderante accede all’esternazione, attraverso la scrittura, del proprio languore amoroso, ora libero dalla colpa”.
In altre parole cambia l’esperienza amorosa che “non è universale, contrariamente a quanto si possa pensare, perché il linguaggio usato per descriverla è soggetto a continui cambiamenti: il dato linguistico è anche un dato sociale. A seconda del periodo storico in cui ci si trova, le dinamiche relazionali sono raccontate in modo diverso: le ragioni delle scelte linguistiche nelle lettere di questi ragazzi bisogna cercarle anche nella storia collettiva della mentalità della classe lavoratrice”.
Sulla Topolino amaranto
In auto, nel 1946, è meglio aprire la capote per guardare il cielo, così da non vedere, dal finestrino, le macerie della guerra: “sei case su dieci sono andate giù”. Tuttavia, nel brano di Paolo Conte, il tono allegro e l’incedere risoluto del pianoforte proiettano la bionda e il suo accompagnatore in avanti: il Paese è distrutto ma i due sono lanciati verso il Boom economico, “Il miracolo in prospettiva”, così come lo chiama Bianciardi. L’avviamento a manovella della Topolino diventa presto obsoleto per la corsa del Paese verso il benessere. Qualche anno dopo, con la 600 e la Nuova 500, in Italia si introduce l’automazione nell’industria, con l’ottimizzazione dei metodi di lavoro sulle linee di montaggio. Nasce la motorizzazione di massa.
Nell’ultima parte della nostra conversazione, Barcella cita alcuni effetti sociali dello sviluppo dell’industria automobilistica. “A mutare profondamente è la mobilità degli italiani e, con essa, il loro stile di vita. Nasce il tempo libero, grazie allo stipendio regolare e alle quattro settimane di riposo pagato, le ferie. Nello stesso periodo, l’Italia diventa una nazione di possessori di oggetti, con problemi sempre più gravi di sostenibilità ambientale. Il processo è ambivalente: da un lato la macchina di comunicazione e di seduzione di massa della pubblicità moltiplica i bisogni, dall’altro gli elettrodomestici che occupano le case liberano il tempo delle donne”. Il processo di liberazione del tempo delle donne che inizia negli anni Cinquanta “ha un ruolo cruciale anche nella fioritura dei movimenti femministi degli anni Sessanta e Settanta”.
Il ciclo di incontri è organizzato da “La Piccola Accademia del Tempo Libero”.
Il calendario:
16.01.2020 | Il Miracolo al cinema e alla televisione;
23.01.2020 | Ciao Amore Ciao: l’emigrazione nelle lettere d’amore degli italiani all’estero;
30.01.2020 | La rivoluzione dei costumi attraverso il Festival di Sanremo
Inizio ore 20:45
Le iscrizioni chiudono il 9 gennaio 2020