Se nell’ambito educativo e pedagogico c’è una figura di studiosa dibattuta, discussa e trattata, in Italia e in tutto il mondo, questa è Maria Montessori, eppure il suo metodo non cessa di rivelarsi una fonte di ispirazione continua, allo specchio della società che cambia e delle sue caratteristiche mutevoli. “Maria Montessori e le sfide dell’educare oggi” è infatti il titolo dato all’incontro organizzato per la rubrica “Voci e volti della storia”, in cui lo psichiatra e psicoterapeuta Gustavo Pietropolli Charmet dialogherà con Federica Pecis Cavagna, insegnante formata al metodo montessoriano al CISM. L’appuntamento è per lunedì 4 ottobre alle 20.30 nell’Auditorium di Torre Boldone (con obbligo di prenotazione a questo link). Pecis Cavagna ci dà qualche spunto di riflessione tratto dalla sua personale esperienza di incontro e insegnamento del metodo, in vista dell’incontro per Molte fedi 2021.
LD: Come è approdata alla scuola Montessori?
FPC: Ho finito il percorso alle magistrali nel 1989 e sinceramente non mi sentivo pronta all’insegnamento. Cercavo un percorso pratico che mi desse strumenti per entrare in classe. Ho avuto l’opportunità di conoscere il CISM e in particolare Camillo Grazini. Appena sono entrata nella piccola scuola di via Pignolo è stato un colpo di fulmine! La proposta rispondeva perfettamente alle mie esigenze, volevo assolutamente iscrivermi. Per fortuna ho ottenuto una borsa di studio. Una cosa che mi ha subito colpito è stata che all’interno della scuola c’erano pochissime persone bergamasche e molte straniere; io sono riuscita a partire all’estero e fare delle esperienze negli Stati Uniti e in Australia. Il percorso è stato l’ideale per me: non solo mi ha dato un bagaglio da utilizzare, ma mi ha fatto letteralmente tornare bambina, riportandomi ai banchi di scuola.
LD: Quindi è arrivato il lavoro…
FPC: Ho iniziato a lavorare alla Montessori senza prima passare dalla statale. Progressivamente, ho iniziato con le classi. E così ho verificato l’importanza dell’approccio metodologico: più lavoravo, più lo trovavo stimolante. Ho lavorato lì a lungo, finché nel 2008 è arrivato per me un momento di cambiamento e sono passata alla scuola statale. Mi sono subito resa conto che non era il mio modo di fare scuola. Per tre, quattro anni ho interrotto il lavoro, ma alla fine, grazie anche all’impulso e all’aiuto di un gruppo di genitori, sono riuscita ad attivare la scuola Montessori anche alla statale. Sono poi diventata io stessa mamma di allievi Montessori.
LD: Maria Montessori visse e operò circa cent’anni fa. Quali sono i nodi del suo metodo che restano attuali oggi, in una società completamente diversa?
FPC: Il caposaldo fondamentale dell’approccio montessoriano è dare la possibilità al bambino di auto-educarsi. Nella scuola primaria viene proposto un metodo strutturato sotto forma di giochi, che il bambino interiorizza con i suoi modi e i suoi tempi, e in tal modo li fa suoi. Questo garantisce l’entusiasmo, la scoperta, la soddisfazione di avercela fatta; l’esperienza scolastica diventa una fiammella che porta a esplorare e cercare di più. Soprattutto, il lavoro diventa qualcosa da fare per il piacere di farlo e per il gusto di saperlo fare.
LD: Gli altri due concetti essenziali sono l’auto-valutazione e l’auto-correzione.
FPC: Il bambino è incoraggiato a correggersi da solo, trovando gli eventuali errori e, sempre con i suoi tempi, a cercare una soluzione. L’errore montessoriano, infatti, non è mai segnato in rosso. La frase che rappresenta questa fascia di età è: aiutami a fare da solo. Se interrotto in questo processo cognitivo, il bambino perde l’interesse e la motivazione. Ognuno ha i suoi tempi! Dico sempre che non si può pretendere che una lumaca sia un leopardo o viceversa. Per quanto riguarda l’auto-valutazione, aiuta a pensare per sé stessi e ad avere la consapevolezza di essere riusciti a fare una determinata cosa. Così, si sviluppa la meta-cognizione e il pensiero deduttivo: i bambini si chiedono perché, si pongono domande e si danno delle risposte. Così, non dimenticano più ciò che imparano. È la base per sviluppare l’autonomia nel bambino e nell’adulto che diventerà. Questo, anche grazie al fatto che il metodo si basa sull’idea di educazione cosmica.
LD: Cioè?
FPC: Ai bambini non viene proposto un insegnamento diviso per materie, ma una serie di temi totalmente interconnessi tra loro, seguendo una logica dal generale al particolare. Così, ad esempio, si illustra l’evoluzione dell’uomo collegandola a piante e animali. I saperi non vengono separati ma uniti, sottolineando i collegamenti tra elementi diversi. A livello cognitivo, questo aiuta il bambino a sviluppare un senso critico rispetto a nozioni o a fattori pratici, e a cascata una capacità organizzativa e un’indipendenza mentale e concreta.
LD: Come si integra il metodo all’interno della scuola pubblica?
FPC: A Bergamo la prima sperimentazione è nata nell’Istituto Muzio, alla primaria Don Milani. Siamo partiti con una sezione a metodo differenziato, e col tempo le richieste sono aumentate moltissimo. Oggi c’è un intero plesso montessoriano, dalla prima alla quinta. Non siamo l’unico caso sul territorio: abbiamo “contagiato” la scuola primaria di Urgnano, dove sono state poi avviate anche la Casa dei bambini – per la fascia d’età della scuola dell’infanzia – e il primo anno della scuola Secondaria di primo livello, e la primaria di Sorisole, all’Istituto Comprensivo Lanfranchi. Diciamo che le sezioni sono tenute abbastanza separate, per motivi sostanzialmente organizzativi: prima di tutto, le classi montessoriane sono ambienti diversi, non esiste cattedra e i banchi sono disposti a isola; viene incoraggiato l’uso del pavimento per il lavoro a terra, per cui ci si serve di tappeti e materiali. Spesso i bambini delle sezioni montessoriane fanno attività eterogenee tra età diverse, mescolandosi. Nelle occasioni di socialità, ovviamente, tutti i bambini della scuola si riuniscono.
LD: Viene facile associare queste classi a una sorta di isola felice, quasi privilegiata. Il metodo prevede indicazioni sull’aspetto umano e relazionale tra i bambini?
FPC: Penso che l’aspetto più interessante da questo punto di vista sia la totale assenza di competizione tra i bambini. Nessuno si confronta, anche perché non c’è voto; di conseguenza, non c’è competizione neanche tra i genitori, non esistono “bambini migliori” rispetto ad altri. L’approccio deve seguire il bambino, è un concetto fondamentale che i genitori stessi devono rispettare. Non sempre è scontato: a volte incontro genitori che prendono il metodo Montessori come la scuola “in cui mio figlio fa quello che vuole”. Ovviamente non è così. Altri genitori conoscono l’approccio e sanno che l’accento è posto sull’umiltà, e anche sullo spirito di collaborazione. Spesso, infatti, si incoraggiano i bambini più grandi ad aiutare i più piccoli.