93FE310D-CB37-4670-9E7A-E60EDBE81DAD Created with sketchtool.
< Home

Il ballo della vita per i malati di Parkinson si chiama “Tangoterapia”

Articolo. Insieme al compagno di ballo Andrea Possenti, Stefania Sonzogni ha dato vita a TangoPasion, un’associazione con sede a Treviglio in cui il tango argentino diventa la base di una vera e propria terapia, sia per il corpo che per l’anima

Lettura 5 min.
(Foto di Sergio Agazzi)

La musica è un linguaggio universale, un’armonia di suoni per il benessere fisico e mentale. Lo sa bene Stefania Sonzogni che da più di vent’anni insegna targo argentino, insieme ad Andrea, viaggiando tra Bergamo e Buenos Aires. È proprio qui che è nata l’ispirazione per la tangoterapia: «Sono andata a Buenos Aires con l’obiettivo di imparare a ballare in quella che è considerata la patria del tango. In uno dei corsi che facevamo per perfezionare la nostra tecnica, abbiamo fatto una lezione su questa pratica. Mi piacque subito l’idea che si parlasse di terapia associandola ad un ballo, con un approccio olistico».

Da qui l’intento di provare a portare la tangoterapia anche in Italia. «Non è stato semplice all’inizio, anzitutto bisogna avere una certa dose di sensibilità e poi bisogna trovare le persone che credano in quello che facciamo. Noi abbiamo avuto la fortuna di conoscere Marco Salvi, presidente dell’ associazione AIP che riunisce i malati di Parkinson a Bergamo e col tempo siamo riusciti a guadagnarci la loro fiducia. Ad oggi abbiamo una classe di composta da 16 allievi».

Ma in cosa consiste esattamente la tangoterapia? Lo chiediamo a Stefania: «La tangoterapia è un metodo didattico che prevede l’utilizzo di passi, esercizi e movimenti tipici della tecnica del tango argentino che vengono combinati e studiati sulla base delle capacità e delle necessità della persona». A differenza dei corsi di danza tradizionali, la tangoterapia non si utilizza solamente per la valenza ludica ed estetica che generalmente si associa al ballo ma si sfrutta come strumento che promuove il recupero dell’integrazione psicofisica dell’individuo, nel rapporto con il proprio corpo e nelle interazioni con gli altri.

Anche se il ritmo cambia, la melodia continua

Come spiega Stefania, l’enorme valore della tangoterapia risiede nel fatto che si tratta di un tipo di movimento che è in grado di rallentare il progredire della malattia, anche più di quanto riescano a fare altre tipologie di attività fisica: «Grazie ai continui cambi di direzione, gli arretramenti e le giravolte, la tangoterapia aiuta in modo considerevole i ballerini a mantenere il controllo dell’equilibrio. E tutto è reso possibile dal fatto che la melodia del tango induce nel malato uno stato di calma, di rilassamento che facilita il movimento anche in quelle persone che si trovano in uno stadio più avanzato, che utilizzano gli ausili per muoversi e che quando entrano in pista se ne dimenticano completamente e recuperano la loro autonomia. È straordinario e bisognerebbe vederlo coi propri occhi».

L’obiettivo principale della tangoterapia è il ripristino dell’asse posturale che si modifica, diventando instabile a causa del Parkinson, attraverso una serie di esercizi di rieducazione motoria che consentano al malato di riappropriarsi di quei meccanismi che sono andati perduti e che possono così essere nuovamente applicati nella quotidianità.

La tangoterapia è un’esperienza emotiva, nella quale il malato riacquista la fiducia nel proprio corpo attraverso esercizi di camminata, di respirazione, di coordinazione che migliorano l’equilibrio statico e dinamico, la fluidità nel movimento, rappresentando una spinta propulsiva anche alla socializzazione e alla condivisione del proprio vissuto. «All’inizio le persone che si approcciano alla tangoterapia provano soprattutto vergogna, perché in qualche modo nella danza ci si espone all’altro. Per un malato di Parkinson ciò significa soprattutto esporre e mettersi di fronte alle proprie fragilità, in particolare nei casi in cui i sintomi tipici sono evidenti».

Ecco perché è fondamentale instaurare un clima di fiducia e di serenità, di gioco, nel quale il momento in cui si balla diventa una vera e propria festa.

«Piano piano, per tutti i nostri ragazzi il giorno in cui facciamo lezione diventa quello più atteso della settimana. Le signore durante quell’ora riscoprono la voglia di truccarsi, di prendersi cura di sé. E questo è importante per recuperare la propria autostima e riappropriarsi di quel sentimento di vitalità che la malattia brutalmente affievolisce. Al termine del corso arriviamo a fare delle esibizioni a teatro, con tanto di costumi di scena e ruoli definiti. Durante queste rappresentazioni, anche coloro che hanno difficoltà nel linguaggio trovano la forza di cantare ed essere protagonisti».

Una danza della memoria

Nella tangoterapia un ruolo essenziale è svolto anche dal ricordo, in particolare è la memoria emotiva che si attiva riportando il malato ad un momento in cui stava bene e che rappresenta una spinta ulteriore: «A lezione arrivano spesso nostre allieve che indossano vestiti con colori vivaci, eleganti, che ci raccontano la loro voglia di riaprire l’armadio dopo anni. Generalmente queste persone associano quegli indumenti ad una fase della loro vita in cui non erano ancora malate e indossarli di nuovo nel momento in cui ballano, restituisce loro una sensazione di benessere e di normalità. Tutto ciò facilita il ripristino di una connessione tra la volontà di fare un determinato movimento e la mente che deve eseguirlo».

Durante le lezioni di tangoterapia Stefania e Andrea coinvolgono anche gli amici e i familiari dei malati di Parkinson nella ferma convinzione che entrambe le prospettive convergano verso un’unica direzione: giungere alla consapevolezza e alla presenza del movimento e nel movimento. «Il tango rappresenta un supporto efficace nelle malattie motorie come il Parkinson che si caratterizzano per una progressiva perdita degli automatismi. La mancanza di schematicità tipica del tango stimola l’istintività motoria, affidando al tangoterapeuta il compito di incentivare il dialogo tra la mente e il corpo attraverso continui stimoli sensoriali».

Il contatto fisico nella tangoterapia è un altro degli elementi centrali. La relazione che si instaura è basata sulla fiducia, sull’intimità e tutto è incentrato su quello che Stefania definisce il circuito energetico dell’abbraccio: «Nel momento in cui si balla, il malato di Parkinson è sostenuto in quest’abbraccio che non è solo un supporto fisico. Lo scambio di energia che si trasmette nel contatto offre una reciproca gestione molto più efficace del movimento. Sentire l’altro permette di capire dove si trova il proprio asse corporeo per ripristinarlo in un luogo protetto e contenuto quale è l’abbraccio, appunto».

Arte e medicina: la ricetta della tangoterapia

Stefania e Andrea non nascondono l’amarezza legata ai due anni di pandemia che hanno costretto loro ma soprattutto i malati a rinunciare alle lezioni: «Per una persona con il Parkinson stare ferma significa vedersi annullati tutti i suoi progressi, ma soprattutto privarsi di un’occasione di socialità, di abbandono delle pulsioni negative. Privarsi di quell’appuntamento settimanale ha significato ritornare per loro a quel senso di solitudine e di impotenza tipico delle malattie degenerative, mentre per noi come associazione culturale è diventato praticamente impossibile sostenere i costi. Ora sembra che qualcosa si stia cominciando a smuovere».

Stefania afferma con convinzione che realizzare progetti del genere in Italia è difficile perché si investe poco nell’arte: «Quando si tratta di malattia si preferisce investire nei farmaci che agiscono sul sintomo, mentre la tangoterapia svolge una funzione di prevenzione. Certo, non vogliamo sostenere che la tangoterapia sia risolutiva ma sicuramente può rallentare, aiutando le persone a compiere anche i più piccoli atti della vita quotidiana che sembrano insignificanti ma che nel caso del Parkinson diventano una conquista. Ricordo con affetto la prima volta in cui venne a lezione uno dei nostri ballerini. Si è ammalato quando aveva solo quarant’anni e quando è arrivato si muoveva accompagnato, con il supporto di un ausilio. Dopo qualche settimana, grazie agli esercizi di tangoterapia, riusciva di nuovo a scendere le scale. Questo perché durante le lezioni cerchiamo di ripristinare la corretta posizione dei piedi durante la camminata».

Ma per aumentare la diffusione della tangoterapia è necessario il riconoscimento della sua valenza anche in ambito medico: «È capitato molto spesso che alle nostre lezioni venissero ad assistere dei neurologi. L’efficacia in termini medici della tangoterapia è stata ampiamente dimostrata da numerose ricerche che hanno destato l’interesse e la curiosità del personale specializzato. Tra di loro vi è il dottor Fabrizio Pisano, direttore dell’unità Operativa di Riabilitazione Neurologica al Policlinico San Marco che ci ospiterà nel Centro di Valutazione e Assistenza Multidisciplinaristica del Parkinson, dove terremo le nostre lezioni di tangoterapia poiché si è riconosciuta la sua capacità di migliorare la qualità della vita dei malati».

Il progetto di tangoterapia sarà presentato il 15 aprile nel Centro Convegni del policlinico di Osio Sotto. La scuola di danza ha invece sede a Treviglio, in Via Fabio Filzi 9.

Approfondimenti