Attrarre, non solo fisicamente. Piacere agli altri. Desiderare. Essere prodotto, essere cliente. Vendere l’immagine di sé, comprare l’immagine degli altri. Raccontarsi, rappresentarsi, farsi rappresentare: dalle abitudini, dalle conoscenze, dalle frequentazioni, dai desideri, dagli oggetti, dal cibo che mangiamo, dai vestiti che indossiamo: dai consumi.
Tutte prerogative della società moderna, aspetti che tanti (tutti?) hanno già affrontato prima di noi, anche solo in un silenzioso dibattito interno tra quello che siamo, quello che vorremmo essere e l’essenza che vorremmo che gli altri ci attribuissero.
Gilles Lipovetsky, professore di filosofia all’Università di Grenoble e saggista di fama internazionale, ci dice però che la nostra è una ipermodernità. Come a dire: gli elementi sono sempre gli stessi, siamo i soliti animali con i soliti istinti, come le regole di un gioco che non cambiano ma si caratterizzano a seconda dei tempi, e diventano più adatte al contesto, performanti: iper.
Individua come cause le nuove tecnologie, la globalizzazione dei trasporti, della comunicazione (immediata, istantanea), i mercati che oggi sono a portata di dito e domicilio, l’ideologia del lusso e del decoro di una società che plasma sé stessa e le interazioni tra gli individui secondo i principi della moda, dell’estetica, del sovranismo della seduzione, del desiderio consumistico. E se il mondo odierno – “un parco giochi voluttuoso e spesso vacuo” – ha preso a correre a mille allora dentro quello che sembra un eterno presente sempre in preda a vorticosi cambiamenti, ecco che a grandissima velocità procedono anche le sue contraddizioni.
“Voler piacere, attirare l’attenzione su di sé, mettersi in mostra e far risaltare la propria bellezza: che cosa c’è di più invariabile nella condotta di uomini e donne?” scrive Lipovetsky in “Piacere e colpire. La società della seduzione”, pubblicato nel 2019.
È dal 1983 però, anno del suo primo saggio “L’era del vuoto”, che il suo pensiero e la sua critica alla società contemporanea si muovono dentro questi confini, rimbalzando con originalità internazionalmente riconosciuta tra economia, sociologia, antropologia e critica sociale.
Da dove arriva “L’estetizzazione del mondo” – che è il titolo di un altro saggio scritto a quattro mani con Jean Serroy – e come influisce sulle persone? Come plasma il modo in cui viviamo?
“Ormai tutti vogliono vivere immediatamente, qui e ora, mantenersi giovani piuttosto che forgiare l’uomo nuovo”. Lipovetsky parla di uomo estetico, dell’individualismo imperante dell’iperconsumatore che getta uno “sguardo estetico” sul mondo. Parla di un’estetica svincolata dall’essere prerogativa dell’universo artistico che diventa un fattore produttivo, uno strumento con cui leggere e interpretare la realtà. E non si tratta semplicemente di edonismo, di lustrini e paillettes, orpelli e ornamenti, cosmetici, fisici scolpiti, capelli profumati e vaporosi. Si prenda anche solo il filtro estetizzante attraverso il quale la vita è costruita sui social network: è solo uno degli ultimi capitoli della tendenza che da decenni si trova sotto la lente di ingrandimento del filosofo francese.
In fin dei conti, cos’altro sono le nostre vite, all’interno di quelle piattaforme, se non prodotti per consumatori che a loro volta sono prodotti per consumatori? Non valgono forse le stesse regole di attrazione che vigono all’interno di un centro commerciale? Davanti a una vetrina o allo scaffale del supermercato? Dentro un negozio di musica se ci piace la musica. Nel reparto di filosofia di una libreria se ci piace leggere e conoscere il punto di vista sul mondo del nostro filosofo preferito. È il mercato che ci insegna a vivere, a interagire, a costruire il mondo che ci circonda: con attenzione particolare a ciò che è nuovo, perché è la novità l’ossigeno dell’homo consumens, ciò che più stimola il desiderio.
Ma attenzione che si rischia di sparire, avvertiva già Honoré de Balzac ne “La pelle di Zigrino”, la storia di un giovane che scova presso un antiquario una pelle di zigrino di rara (e tragica) bellezza. La pelle è in realtà un talismano orientale dall’enorme potere. Sopra di sé riporta queste parole:
“Se mi possiedi, possederai tutto. Ma la tua vita apparterrà a me.
È Dio che così ha voluto. Desidera e i tuoi desideri si compiranno.
Ma regola i tuoi desideri sulla tua vita. Essa è qui.
A ogni tua volontà io decrescerò come i tuoi giorni.
Mi vuoi? Prendi. Dio ti esaudirà. Così sia!”
Attenzione, sembra dirci. Il desiderio è nichilismo. E lo suggeriva esattamente 190 anni fa.
Conviene sfruttare l’occasione di poter sentire direttamente dalla viva voce di Gilles Lipovetsky a che punto della storia siamo arrivati (prenotazioni sul sito del festival).