Tutti abbiamo avuto nel periodo in cui andavamo a scuola una materia che proprio non ci andava a genio. Concetti troppo ostici, spiegazioni noiosissime e lezioni frontali durante le quali passavamo il tempo a fantasticare guardando fuori dalla finestra. O a fissare seccatamente le lancette dell’orologio in attesa del suono della campanella che decretava la nostra liberazione. In un modo o nell’altro, siamo stati tutti studenti, abbiamo fatto i conti con termini troppo difficili da ricordare e tutti ci siamo chiesti: perché mi ricordo a memoria i testi delle canzoni che ascoltavamo quando avevo dieci anni ma non riesco a memorizzare la Terza legge di Keplero?
È proprio da questo interrogativo che è partito l’estro creativo di Lorenzo Baglioni, classe 1986, che nei suoi video su YouTube spiega come rimorchiare grazie alle disequazioni, scrive libri su come i teoremi possono aiutare le persone ad affrontare i problemi della vita quotidiana e racconta storie spassose che aiutano i bambini a diventare dei «mostri» in geometria. Ma soprattutto si traveste da Bob Sinclar per cantare canzoni pop sulla perifrastica passiva. Lo abbiamo intervistato.
CP: Partiamo dalla tua formazione, ti sei laureato in matematica e hai addirittura conseguito un dottorato in questa materia. Ma da dove nasce la passione per la lingua italiana?
LB: Mi sono laureato in matematica sia triennale che magistrale a Firenze. Poi ho fatto tre anni di ricerca all’Università di Pisa, ma alla fine ho deciso di inseguire il mio sogno di fare spettacolo. Quindi ho continuato per qualche anno a fare l’insegnante a scuola ma non ho mai proseguito con la carriera universitaria. La passione per l’italiano nasce dalla vita di tutti i giorni, tutti noi abbiamo a che fare con questa lingua che è affascinante, piena di sfumature e che alle volte è anche difficile da padroneggiare.
CP: Il web ti definisce cantante, comico, scrittore. Nel frattempo sei anche diventato popolarissimo su YouTube e sugli altri social. Dove si colloca una figura come la tua e qual è il messaggio che vuoi comunicare?
LB: Si colloca in una dimensione che poi è quella in cui provo a stare in equilibrio in questi anni, in cui non mi piace cadere in nessun contenitore. Mi piace destreggiarmi in tutti questi ambiti che sono egualmente importanti per provare – insieme a mio fratello col quale collaboro per scrivere i testi – a raccontare storie che abbiano a che fare con la didattica o con episodi della quotidianità che siano comunque sempre portatori di un messaggio.
CP: La manifestazione culturale alla quale parteciperai si intitola «Fiato ai libri». Quale pensi che sia il valore della lettura in una società che ha sempre meno tempo (e voglia) di leggere?
LB: Leggere secondo me è il miglior modo per mantenere viva la curiosità che è uno dei miei fari, forse il valore più alto in cui credo, perché ci rende persone migliori. È come una fiammella che ci porta verso tante terre inesplorate e verso le tante risposte alle tante domande che inevitabilmente ci facciamo nel corso dell’esistenza.
CP: Uno dei temi ricorrenti nelle tue canzoni è la scuola, racconti spesso il punto di vista dei ragazzi tra i banchi, i loro turbamenti, le loro difficoltà. Tu che tipo di alunno eri?
LB: Ero uno studente che si è sempre divertito abbastanza, ero anche volenteroso e ho sempre considerato la scuola come uno straordinario luogo di incontri con tanti esseri umani della sua età. Per me la scuola è stata innanzitutto un’occasione di scoperta, di divertimento e condivisione. Quindi ho un bellissimo ricordo di quel periodo ma avevo una buona impressione anche quando ero piccolo.
CP: Nei tuoi libri trasformi i problemi di matematica e di geometria in misteri da risolvere. Pensi che sia questo il segreto per svecchiare la scuola e rendere piacevoli anche le materie più ostiche?
LB: Penso che la chiave sia quella di provare a incuriosire e a interessare i giovanissimi lettori con qualche espediente di comunicazione. Noi utilizziamo la narrativa che è un genere che non passa mai di moda. In questo caso il salto che facciamo in più è quello di provare a tramettere anche delle informazioni didattiche.
CP: Nel 2018 hai partecipato al festival di Sanremo nella categoria giovani, com’è cambiata la tua vita e soprattutto come è nata l’idea di utilizzare le canzoni come uno strumento di divulgazione?
LB: È stato tutto molto spontaneo. La prima canzone didattica è nata dopo una lezione a scuola nella quale mi sono reso conto che non riuscivo a fare presa sui miei studenti. Così ho provato a cambiare metodo in cui mi relazionavo ai ragazzi e ho cercato di utilizzare un linguaggio che funziona con i giovani. La musica è da sempre uno degli strumenti di comunicazione più potenti, tanto che anche su YouTube i video più visti sono proprio dieci canzoni. E quindi da lì è nato questo form della canzone didattica. La più fortunata è stata quella con la quale ho partecipato a Sanremo, che sicuramente è stata una tappa importante per ampliare il mio pubblico e fare in modo sempre più professionale quello che mi piace fare.
CP: Quali sono gli imput che ricevi?
LB: Ci sono due tipi di reazioni: di solito o i ragazzi mi scrivono per ringraziarmi dei bei voti che prendono grazie alle mie canzoni. Oppure mi chiedono di scrivere una canzone sull’elettromagnetismo. Poi ci sono quelli che ci chiedono di raccontare storie che hanno a che fare con le tematiche sociali e in quel caso bisogna avere anche la sensibilità per essere in grado di dire le cose giuste al momento giusto.
CP: Un mio amico con un disturbo dell’apprendimento, mi ha raccontato che si è imbattuto in una tua canzone quando era uno studente e cercava dei modi per riuscire ad assimilare concetti e nozioni attraverso la musica. Ti capita di ricevere testimonianze del genere e qual è la tua reazione?
LB: Questa domanda mi fa molto piacere perché pensa che la canzone in questione è nata da una ragazza che mi ha scritto per dirmi che le mie canzoni funzionano per aiutarla a studiare. Da lì mi chiesi quanto io stesso ne sapevo di dislessia e in generale di DSA. La risposta è stata che forse ne sappiamo tutti un po’ troppo poco e quindi ho provato a raccontarla in un modo un po’ diverso che partisse dal quotidiano. Ho scelto di romanzare in una canzone questa storia d’amore tra un ragazzo dislessico che si chiama Marco e che si innamora di una sua compagna di classe che si chiama Alice. Ed ecco che è venuta fuori «L’amore secco sè».
CP: Pensi che si potrebbero introdurre anche nella scuola pubblica dei metodi didattici alternativi nei quali la musica e le canzoni possono essere utilizzate come strumenti di supporto?
LB: Io non credo che si possano, io credo che si debbano introdurre dei metodi alternativi che non necessariamente abbiano a che fare con la musica. Certo, chi ha questa vocazione può cimentarsi. Ma penso che accanto alla funzionalissima didattica frontale si può avere il supporto di metodi di comunicazione alternativi. Sta poi all’attitudine di ciascun docente, saper trovare il suo.
CP: C’è un altro brano che si intitola «Non ti scordare di volermi bene» che è un racconto corale nel quale dai voce alle persone malate di Alzheimer e alle loro famiglie. Quale pensi che sia il ruolo della musica nella società?
LB: Penso che le emozioni delle canzoni non sono mai fine a se stesse e ci sono canzoni che portano con sé delle sensazioni che aggiungono valore a dei messaggi che sicuramente senza la musica non avrebbero avuto lo stesso tipo di impatto e di risonanza.
CP: Ci sono delle canzoni e dei video in cui racconti in modo ironico dei social network e dei linguaggi specifici di queste piattaforme. Ritieni che ci sia un nesso tra l’impoverimento lessicale degli ultimi decenni e il diffondersi dei social?
LB: Credo che sarebbe più corretto parlare di dinamismo della lingua che poi è quello che c’è sempre stato. L’importante è che non si perda la ricchezza della grammatica, le sfumature del linguaggio. Trovo anche plausibile che quando scrivi un messaggio usi un linguaggio diverso rispetto a quello che usi quando scrivi una mail o un libro. E questa tendenza potrebbe in realtà rappresentare un arricchimento. Ciò che conta è non perdere il valore della tradizione.
CP: Che tipo sei quando scendi dal palco? Sei un bacchettone? Come reagisci quando ti trovi di fronte ad una persona che si esprime male?
LB: Io nella mia famiglia sono sempre stato quello che leggeva meno che conosceva meno parole. Quindi non ho mai avuto la percezione di poter dire a qualcuno come esprimersi e cerco sempre degli strumenti per provare a migliorarmi. Per cui non correggo a meno che non si tratta di una persona con la quale ho una grande confidenza.
CP: Nelle tue canzoni parli della perifrasi, spieghi la raccolta differenziata, utilizzi il mood neomelodico per raccontare l’Unione Europea. Qual è il tema più difficile da parafrasare, secondo te?
LB: Ogni tematica ha le sue difficoltà. L’importante è saper trovare la giusta chiave di lettura. Tutti gli argomenti che sono lontani dalla forma canzone, o meglio, da ciò che si sente solitamente in una canzone, ti mettono alla prova. La sfida è sempre bella e stimolante. E talvolta, anzi, più la tematica si discosta dal linguaggio musicale, più il contrasto funziona e l’esperimento comunicativo risulta vincente.