Federico si collega su Zoom dalla casa di famiglia a Serina, che è il suo «pit stop tra un viaggio e l’altro», come si diverte a definirla. All’uscita di questo articolo sarà già partito, volato in Brasile, dove torna appena può per viaggiare e andare in surf, incrociando stile di vita, nomadismo digitale e lavoro freelance.
In valigia, insieme agli abiti leggeri di un gennaio carioca dall’altro lato dell’emisfero, dove si sta in maglietta a maniche corte, anche pc portatile, tablet e il necessario per lavorare. Tanto di quello che gli passerà davanti agli occhi, colori, luci e paesaggi, come sempre, si rintraccerà anche nelle sue illustrazioni. Federico, infatti, crea tavole per clienti come Rinascente, Red Bull e grandi brand sportivi come The North Face o Salewa e da pochissimo è sotto contratto con un’agenzia anglo-americana che promuove illustratori di tutto il mondo.
I classici buoni propositi di inizio anno per lui sono già realtà: il suo obiettivo è continuare a unire le sue tre passioni più grandi «viaggiare, il mondo outdoor e la comunicazione visiva». Questi tre aspetti dialogano costantemente nelle giornate di questo trentenne che, pur amando la bergamasca dove è nato, ha sempre lo zaino pronto. «Sono nato da Albino e la mia base è a Serina, dove passavo le estati da bambino e dove oggi vivono ancora miei parenti. Tra un viaggio e l’altro la mia casa base è qui, tra le montagne».
Il primo contatto con l’arte arriva con la formazione superiore alla Scuola d’Arte Fantoni di Borgo Palazzo, «un’educazione molto tradizionale – spiega – dove ho imparato incisione, affresco e tecniche di pittura ad olio». Il vero salto è stata l’università a Milano, dove per la prima volta Federico incontra l’illustrazione : «terminate le superiori mi sono iscritto alla NABA e all’accademia mi sono subito buttato su informatica e grafica. Ricordo che ero entusiasta, mi si era aperto un mondo, quello del design: ho scoperto grandi artisti italiani come Emiliano Ponzi o Riccardo Guasco o la canadese Cruschiform, che è un grande riferimento per me. Mi sono dedicato ad art direction e grafica e ho avuto la fortuna di incontrare un professore che mi ha preso sotto la sua ala, Guido Cesana», docente e designer per il cinema di animazione, che ha collaborato a numerose serie tv oltre a importanti lungometraggi d’animazione italiani, come «Momo», «Opopomoz» e «Johan Padan».
Gli ingredienti di un’illustrazione perfetta
Nel frattempo, Federico continua a viaggiare, intessendo relazioni in tutta Europa, e a stare all’aria aperta appena può, fuggendo in montagna, cavalcando le onde su una tavola o macinando chilometri in bicicletta. Tutto questo, ancora una volta ritorna nella suo progetto di laurea, la creazione da zero di un magazine outdoor, con articoli, illustrazioni e impaginazione: «si parlava ad esempio di fly fishing con pesca alla mosca in California e Nevada, di tour nei parchi nazionali della West Coast statunitense e c’era anche un articolo sullo “spoon carving”, una tecnica di realizzazione di cucchiai di legno fatti a mano utilizzando solo tre attrezzi, un coltellino da incisione, un’accetta e un cucchiaio a uncino per scavare l’interno della posata. Ho un amico svedese che porta sempre con sé il suo kit quando va a camminare nel bosco e l’idea è nata da lì». Un progetto di questo genere ha permesso a Federico di fare un sacco di illustrazioni su temi che gli stavano a cuore e quindi indirizzare da subito il suo portfolio.
«Quando vado a camminare mi piace dire scherzando che in realtà non sto facendo altro che andare a prendere ispirazione. Dedicarmi ad attività all’aria aperta è davvero quello che mi dà più gioia oltre a riportare frammenti di quello che vedo nel mio lavoro». Così Federico è partito per il Montenegro in moto, un’altra volta è salito in sella alla sua bici a Serina verso la stazione di Bergamo, per raggiungere Genova in treno e poi ha pedalato fino a Barcellona, percorrendo l’intera costa sud della Francia. Da lì è saltato su un autobus e ha attraversato il paese arrivando a San Sebastian nella regione basca.
Le scogliere tipiche del nord della Spagna, però, non hanno accompagnato Federico solo lungo la sua pedalata, ma sono riaffiorate di recente: «stavo lavorando a un’illustrazione per The Good Life, una rivista con cui collaboro – ricorda – mi sono reso conto che quelle che stavo disegnando sullo sfondo erano proprio le scogliere basche che avevo visto viaggiando. Non utilizzo uno sketch book in cui fare schizzi, di solito faccio delle foto e poi le rielaboro in un secondo momento. Scattare è come creare il mio archivio di spunti».
Nomadi digitali che lavorano e viaggiano
Il tempo del lavoro e quello libero in cui muoversi ed esplorare il mondo si intrecciano per l’illustratore bergamasco: «cerco di lavorare anche in viaggio, soprattutto se sto via a lungo. Nel caso del viaggio tra Francia e Spagna, ad esempio, arrivato a Bilbao mi era entrato un lavoro, così mi sono fermato qualche giorno in città per chiudere la consegna e poi sono ripartito». Una scelta comune anche a quella di molti altri nomadi digitali, che per il 44% sono costituiti da Millennials come Federico, ossia i nati tra il 1981 e il 1995, seguiti dal 23% della Generazione X nati tra il ’61 e l’80 e dalla Generazione Z cioè i nati dopo il 1995. La quota di nomadi digitali Boomer, invece, secondo Passport.PhotoOnline si attesta al 12%.
Uno stile di vita che Federico ha fatto suo molto naturalmente: «dopo la laurea ho lavorato un paio d’anni in un’agenzia milanese, ma poi ho aperto quasi subito partita iva – spiega - Il mondo outdoor per me è ossigeno: il processo lavorativo creativo è molto pratico, si parla di creatività certo, ma a servizio di qualcosa di commerciale per la maggior parte delle volte. Il lavoro è scandito da passaggi fissi e, anche se non sembra, è comunque un lavoro per cui stai davanti a uno schermo per ore. Quando decido di staccare e magari vado a surfare, non voglio vedere un computer per giorni».
Giovani creativi e indipendenti: ecco i freelance italiani
Oltre ai vantaggi, essere freelance non è solo lavorare dove e quasi quando si vuole, ma ha anche delle criticità: richiede una totale presa in carico del rischio lavorativo, problemi di recupero crediti e non ha i vantaggi di un contratto in termini di welfare, ferie e malattie, a cui vanno aggiunte alcune questioni tipiche del contesto italiano: «il lavoro creativo indipendente in Italia è molto più complesso che all’estero – spiega Federico Epis – oltre ai compensi che sono nettamente più bassi che in altri paesi europei, anche a livello burocratico, fiscale e di tutela è sempre un po’ problematico. Me ne sono accorto confrontandomi con colleghi e ex compagni di università e con amici che fanno le stesse cose all’estero. Sono stato fortunato, di recente ho contratto con agenzia di rappresentanza inglese e le cose dovrebbero migliorare».
Nonostante l’instabilità e le incertezze, la possibilità di lavorare in modo indipendente e da remoto è un’aspirazione in crescita: in Italia, secondo l’indagine di ADP, multinazionale che si occupa di gestione risorse umane, il 65% dei lavoratori lo desidererebbe, una percentuale che cresce fino al 76,4% tra i 25 e i 34 anni e che arriva fino all’85,7% per i giovanissimi tra i 14 e i 24 anni. Secondo le proiezioni della piattaforma per freelance Upwork, lavorare da remoto diventerà la quotidianità per circa il 73% dei gruppi di lavoro.