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Creme eco-friendly e trucchi bio: la cosmetica green spiegata da Beatrice Mautino

Intervista. «Mostrare che la scienza è dappertutto, anche nelle cose frivole, è il mio approccio alla divulgazione» dice la divulgatrice scientifica Beatrice Mautino. Sabato 12 marzo ad Arcene per parlare di «Cosmesi pulita». Un incontro gratuito, parte della rassegna «Tierra! Nuove rotte per un mondo più umano»

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(foto IRA_EVVA)

Ci sono le influencer, che ci spiegano come mettere l’ombretto o quale crema contorno occhi comprare. Poi c’è Beatrice Mautino, che racconta il luccicante mondo del trucco da una prospettiva scientifica, ma non per questo meno accattivante.

Biotecnologa di formazione, firma la rubrica di successo «La ceretta di Occam» sulla rivista Le Scienze. Nel 2018 la pubblicazione di «Il trucco c’è e si vede» seguita da «La scienza nascosta dei cosmetici» e dall’ultimo arrivato in libreria: «È naturale bellezza», dedicato al tema della “cosmesi pulita” che è al centro dell’incontro di sabato 12 marzo alle 21 ad Arcene (Sala Consiliare in piazza della Civiltà Contadina) ore 21.

«Non vedo l’ora di incontrare il pubblico e di rispondere alle domande, spesso è proprio da chi mi segue che trovo spunti per i libri e gli articoli successivi», racconta Mautino. «È naturale bellezza», come i precedenti, è ricco di storie interessanti: da come funzionano i deodoranti all’elicicoltura (cioè l’allevamento delle chiocciole, delle quali si usa la bava a scopi cosmetici), dalle nuove regole sui tatuaggi al business degli “oli essenziali”.

L’incontro è a ingresso libero con prenotazione obbligatoria (presso Biblioteca comunale “G. Ferrari” di Arcene – tel. 0354193025 – [email protected]) e fa parte della rassegna culturale itinerante Tierra! Nuove rotte per un mondo più umano, giunta alla settima edizione.

MM: Perché fare divulgazione scientifica a partire dai cosmetici?

BM: Dopo aver pubblicato “Contro Natura” con Dario Bressanini volevo trovarmi una mia “nicchia” di cui parlare. Era il 2017, ero in dubbio se occuparmi di vaccini, ma la casa editrice (non dirò quale) mi bocciò l’idea: “I vaccini, a chi vuoi che interessino!”. E così mi sono buttata sui cosmetici, ma non me ne pento: sui vaccini c’è troppa polarizzazione.

MM: E tu non ami le polemiche, anche sui social tendi sempre a non usare toni accesi. È un modo anche per insegnare come tenere un dibattito scientifico?

BM: I cosmetici sono un argomento sufficientemente leggero e poco polarizzato dove è più difficile scannarsi, anche se non impossibile. Così ho l’occasione di introdurre una forma di pensiero scientifico che poi spero venga applicato altrove, anche in ambiti più complessi, come quello medico. L’altra ragione per cui mi piace fare divulgazione partendo dalle cremine è che la scienza è difficile, ed è difficile che chi non ha una formazione scientifica ci si avvicini, mentre i temi come i cosmetici e il cibo sono trasversali e interessano tutti. I trucchi sono una scorciatoia o uno stratagemma per parlare di scienza, sarebbe più complicato farlo con i neutrini superluminali. Mostrare che la scienza è dappertutto, anche nelle cose frivole, è il mio approccio alla divulgazione.

MM: Nel tuo ultimo libro “La cosmesi pulita”, mostri come sottostimiamo i pericoli del “naturale” e sovrastimiamo quelli dell’”artificiale”. Come mai?

BM: Dire di un ingrediente che è “naturale” significa solo dire che ci è familiare: lo concepiamo come qualcosa che conosciamo e riusciamo a maneggiare, e quindi abbassiamo la guardia. Succede così con tutto: lo facciamo col cibo, con i cosmetici. Per questo siamo disposti a spalmarci sulla pelle olio di cocco prodotto per uso alimentare senza pensare che potrebbe farci venire una dermatite (un ingrediente pensato per l’alimentazione non ha fatto i test per la compatibilità dermatologica) ma andiamo in panico se parliamo di “parabeni” o “petrolati”. Chi ha mai visto un parabene? Che forma ha? La bava di lumaca o l’aloe li visualizziamo, le molecole con i nomi difficili invece no, e ci sembrano non naturali. Infatti, l’associazione di categoria Cosmetica Italia, per identificare cosa è naturale e cosa no, si basa sulla percezione del pubblico. Per dirla tutta, i parabeni sono naturalissimi e stanno nei semi della frutta, ma psicologicamente sembrano distanti.

MM: Ciclicamente spunta un “ingrediente proibito” che sia l’olio di palma nelle merendine o i parabeni nelle creme. Bisogna diffidare dalle mode?

BM: Mi piacerebbe passasse l’idea che ci possiamo fidare: in Europa abbiamo un sistema che si occupa di vigilare sulla sicurezza – del cibo, dei cosmetici – unico al mondo e punto di riferimento. Nel momento in cui un nuovo ingrediente è immesso sul mercato lo Scientific Committee on Consumer Safety (SCCS) verifica che sia sicuro e lo fa utilizzando tutti i dati prodotti nella storia su quell’ingrediente. Così decide quali ingredienti bisogna bloccare (è successo con l’aloe) e di quali rivedere le quantità che è legittimo inserire (meglio un massimo di 10 o 8 milligrammi per chilo?). È un sistema complicatissimo che funziona benissimo e permette ai consumatori di non dover essere loro a vigilare.

MM: E se leggiamo di studi scientifici allarmanti sulle riviste o sui blog?

BM: Come le rondini, un solo studio non fa primavera. Il bello del sistema di vigilanza UE è che somma tutti gli studi. L’altro giorno ho letto un articolo che citava uno studio dell’Università del Minnesota secondo cui lo sciampo fa ingrassare. È ovvio che articoli del genere servono per fare clic o vendere riviste, ma di sicuro non dobbiamo farci prendere dall’ansia.

MM: Parlare di cosmetici green significa anche inquinare meno con i cosmetici, cosa possiamo fare che abbia un reale impatto?

BM: Al di là delle scelte personali, come ridurre la plastica degli imballaggi che compriamo, è importante un atteggiamento attivo, mettersi in testa di impattare meno, come forma mentis: capire che fine fanno e che origine hanno le cose che usiamo. Rompere le scatole all’azienda e alla politica, perché non tutto deve essere scaricato sul consumatore. Diventare cittadinanza attiva: chiedere alle aziende le prove di quanto affermano, non dare per scontato che i prodotti “eco” debbano costare di più, pretendere che la politica sanzioni chi non si adegua a certi standard.

MM: In generale in tutti i tuoi libri critichi un approccio “medico” ai cosmetici. Credi che si sia perso l’aspetto più giocoso legato al trucco?

BM: Se parliamo di trucchi come rossetti e ombretti c’è ancora: non ci aspettiamo che il mascara faccia crescere davvero le ciglia, sappiamo che è un “trucco”. La skin care la percepiamo in maniera diversa perché è invisibile. Nessuno si accorgerà mai che abbiamo spalmato in faccia il siero da diecimila euro (esiste) per cui dobbiamo attribuirgli altre caratteristiche: deve avere proprietà che giustifichino la sua esistenza. Ecco che allora si dà un’aura medica alla “beauty routine” e prendono piede protocolli rigidissimi per la cura della pelle in 11 passaggi, come la skin care coreana.

MM: È un meccanismo che genera anche tanta frustrazione…

BM: Certo, nei blog leggo domande tipo: “Ho messo il tonico prima del siero, cosa succede?”. Non succede niente: i trucchi non sono farmaci. Tutto è avvolto da un’aura pseudo scientifica: la gente dà consigli a caso e i produttori devono inventarsi la qualunque per vendere. Sono ricomparsi in campo anche i dermatologi che si atteggiano a guru, mentre il loro compito dovrebbe essere prescrivere farmaci, non cosmetici.

MM: Ma quindi, che effetto può avere sulla nostra pelle una crema cosmetica?

BM: Ha un effetto estetico e temporaneo per legge. La crema idratante idrata (per un certo periodo di tempo) ma la crema antirughe non toglie le rughe. Magari, idratando, le distende oppure ci sono effetti ottici che rendono la ruga meno profonda. Al massimo i retinoidi possono rallentarne un pochino la comparsa. La skin care, comunque sia fatta, non è in grado di cambiare il nostro aspetto.

MM: Difficilmente nei tuoi libri si trovano risposte nette. Una però l’ho trovata: mettere il filtro solare.

BM: È l’unico prodotto davvero antirughe. I raggi ultravioletti distruggono la nostra impalcatura di collagene, la crema solare va messa. A farci venire le rughe sono il sole, la genetica e lo stile di vita (fumo, alcol, dieta).

MM: Ti capita mai che ti chiedano di fare pubblicità? O di ricevere pressioni di qualche tipo?

BM: Sempre. Ma non accetto mai omaggi dai brand e non faccio collaborazioni commerciali. Non perché pensi che le aziende siano il male – mi è capitato ad esempio di fare corsi di comunicazione per i loro dipendenti – ma perché lavoro con la mia reputazione, e non ha senso vendersi per una cremina. Ho accettato dei trucchi solo dai terzisti, che lavorano per conto di altre aziende e tanto non mi dicono a chi vanno i loro prodotti. Quanto a minacce, no. L’unico problema serio l’ho avuto con la Lav dopo l’uscita del primo libro, per qualche mese siamo andati per avvocati ma avevo ragione io ed è finita lì.

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