L’ho fotografata tutte le volte che sono stata a Valbondione: la spada sulle rive del lago di Barbellino, l’Excalibur bergamasca che venne posizionata nella roccia da Matteo Rodari, guardacaccia della riserva faunistica locale. Ho sempre pensato che Rodari si fosse ispirato alla saga di Re Artù e i cavalieri della tavola rotonda. Poi mi sono imbattuta in una pagina Instagram piena di disegni. Il nome è curioso: BergamoSchizzata. Il post su cui mi sono soffermata ancora di più: uno schizzo in digitale della spada del Barbellino, una scritta in grassetto nero “Re Artù è stato al Curò?” e accanto – finalmente! – la spiegazione del mistero.
Il guardacaccia non si basò sulla mitica Camelot, ma sulla leggenda delle cascate del Serio: si narra che in zona vivesse una donna perdutamente innamorata di un pastore, fidanzato tuttavia con una ragazza del luogo. La rivale la fece rapire e imprigionare nel suo castello in alta quota. La povera fanciulla scoppiò a piangere lacrime talmente incessanti da formare dei rivoli impetuosi. Il castello venne travolto dall’acqua. Erano nate le cascate del Serio.
Luoghi e leggende che diventano disegni
Bergamo non è solo ricca di luoghi meravigliosi, ma anche patria di fiabe e di leggende. Mattia Barcella, 34 anni venerdì, ha deciso di unire entrambi gli aspetti della città dove è cresciuto nella pagina Instagram BergamoSchizzata. Con i suoi disegni abbozzati sull’iPad, accompagnati da una caratteristica scritta in grassetto e da una didascalia esplicativa, Mattia racconta la storia di Porta San Giacomo, della Fara quando c’era il “Foppone”, una buca gigantesca che isolava il complesso di Sant’Agostino, ma anche del contadino di Camerata Cornello che “scacciò via il malocchio con sette spazzolate di scopa” e della sanguinaria regina di Cornalba.
“Questa pagina è nata per gioco nel maggio del 2020, per dare un punto di vista diverso su Bergamo, che nelle cronache di quel periodo era nota solo come la città colpita dal Covid, la città delle bare e degli eserciti”, racconta Mattia. “Il mio obiettivo era quello di far riscoprire la bellezza e i colori di Bergamo. E siccome di foto e di video Instagram è pieno, ho voluto fare una cosa diversa, culturale ma anche leggera: raccontare la mia città con degli schizzi, a cui sono legati dei ricordi o delle chicche”. Mattia – mette subito le mani avanti – non fa il disegnatore di professione. Lavora come impiegato amministrativo, oltre a condurre settimanalmente un programma su Radio Like, emittente radiofonica di Clusone.
Quella per il disegno è una passione coltivata fin da bambino, cresciuta esponenzialmente durante il periodo del lockdown, quando Mattia si ritrova a dipingere alcune tele ritrovate in casa. I primi schizzi dedicati a Bergamo nascono quasi per caso, con un iPad e una Apple Pencil. Mattia apre la pagina Instagram e pubblica immediatamente un grande classico: il profilo di Città Alta. “Vivo ad Alzano, ma già da bambino frequentavo molto Bergamo centro. Mia mamma lavorava da Caldara giocattoli, e non c’era sabato o domenica che non passassi in Città Alta”.
Da “grande”, Mattia conosce un lato della città dell’infanzia che non aveva mai visto. “Ho incontrato Nadia Mangili, ‘la Margì’, una guida turistica, che mi ha fatto scoprire tutto un altro mondo di Bergamo. Luoghi sconosciuti, viette, ma anche miti e leggende”. Ascoltando le parole di Nadia, spulciando tra i testi da lei consigliati e consultando il blog bergamodascoprire – che per il mio interlocutore è un po’ come una Bibbia – Mattia si appassiona di storia e curiosità locali. “Ho trovato anche un film di dieci minuti in bianco e nero, credo degli anni ‘50, che avevano presentato alla Mostra del Cinema di Venezia, ambientato in Città Alta. C’erano vari personaggi, tra cui un dottore che vendeva una specie di sciroppo miracoloso davanti alla Chiesa di San Pancrazio. Poi un uomo che girava nelle viuzze con un organo sul carretto che suonava, i bambini che correvano, le signore che si guardavano da una finestra all’altra…”.
Alle leggende, si uniscono i ricordi personali dell’artista. “Non potevo non disegnare il mammut del museo Caffi, trauma per tutti i bambini! E poi la letterina di Santa Lucia, che per noi piccolini era una tappa fissa. Ricordo anche il cono di panna che si prendeva in Via XX Settembre e il Signor Mazzoleni che vendeva i fiori con il triciclo. Alla nipote del fiorista questo mio omaggio è piaciuto tantissimo!”.
Il legame tra Bergamo città e Mattia è molto forte. Glielo si sente nella voce, mentre mi parla entusiasta di tutti quei luoghi che suggerirebbe a un turista se avesse solo un’ora a disposizione: “Palazzo Terzi, con la sua terrazza che ti sembra di essere a Venezia e di affacciarti su Canal Grande, San Vigilio, Astino… In quella zona ci sono dei ruderi di un castello che era una torre dei Suardi, ci arrivi con un sentierino nascosto nel bosco molto suggestivo”. Tra i luoghi più amati dall’artista ci sono anche Crespi D’Adda, dove Mattia ha organizzato insieme a “La Margì” la seconda edizione di Bergamo Express, una caccia al tesoro per coppie tra i cotonifici e le ville, e poi le discoteche della provincia, a cui ha dedicato un’intera rubrica: “Il XX Secolo, lo Stop Line, il Rebecca, che era una discoteca super ‘in’, il Costez”. Tutti luoghi che tornerà a frequentare – ammicca – quando riapriranno.
Da New York alle mura di Città Alta
Oltre a BergamoSchizzata, Mattia ha aperto recentemente un altro profilo Instagram. Si chiama The Berghem e raccoglie le copertine di una “rivista che non c’è” ispirata al celebre The New Yorker. Un magazine, ovviamente, dedicato a Bergamo. “È un progetto nato a inizio ottobre”, mi racconta l’autore. “Era da tempo che seguivo su Instagram una pagina dedicata a Milano, ‘The Milaneser’. In più, sono appassionato del New Yorker e ho detto: perché non dare vita a una rivista dedicata a Bergamo? L’ho chiamata The Berghem, unendo il “the” inglese al dialetto… mi sembra suoni molto ‘international’, non trovi?”.
Nelle mani di Mattia, il famosissimo dandy Eustace Tilley, che nel 1925 apparve sulla prima copertina del New Yorker, si trasforma nel muratore bergamasco come viene spesso visto (e immaginato) da fuori – con l’elmetto, la cazzuola, la camicia scozzese a quadrettoni neri e rossi e l’immancabile profilo di Città Alta alle spalle.
“Ho fatto poi varie copertine, riprendendo iniziative come Bergamo Scienza o la Donizetti Opera Night”, tutte manifestazioni a cui Mattia partecipa spesso, perché “Bergamo non dorme, come dicono i miei coetanei, basta guardarsi in giro, partecipare ai tour, o a un festival come BergamoScienza che è noto a livello internazionale”. Basta – questo lo aggiungo io – che quello che Bergamo offre sia ben noto a tutti. Che sia raccontato in modo semplice, giovane, divertente. Come fa Mattia ogni sera, dopo il lavoro, con le cuffie nelle orecchie.
A breve, Mattia lancerà anche una call per artisti: “Voglio aprire The Berghem anche ad altri. Inviterò tutti gli artisti che vorranno a realizzare copertine, esprimendo così loro punto di vista e il loro modo di disegnare: mi incuriosisce sapere come gli altri vedono la nostra città”. Tra i progetti in cantiere, anche una mostra, con cui (“sarebbe bello!”) arricchire il programma di Bergamo Brescia Capitale della Cultura 2023.
Chiedo a Mattia, prima di chiudere la nostra telefonata, di dirmi perché dovrei andare ad Alzano a salutarlo di persona. Non ha dubbi: “Sei mai stata nella Basilica di San Martino? Le sacrestie, perle del Fantoni, il pulpito, la stessa Basilica è un trionfo d’arte. C’era anche la leggenda, forse più un gossip, secondo cui il Vaticano era così geloso del pulpito di Alzano da volerlo trasferire a Roma… Fortunatamente lo hanno lasciato qua!”