L’insegna è verde bosco con una scritta bianca, «libreria arnoldi», tutto in minuscolo. Poco più sotto si legge «dal 1913». Da oltre un secolo tre generazioni di librai della famiglia Arnoldi hanno scelto quali libri mettere nelle vetrine sotto questa insegna tra via XX Settembre e il Sentierone. Cambiavano i titoli in esposizione e cambiava il mondo, ma la libreria è rimasta sempre lì. Durante la Prima Guerra Mondiale e dopo, quando nel 1926 i lettori si sono trovati davanti a pagine di frammentazione dell’io come quelle di «Uno, nessuno e centomila» di Luigi Pirandello. Oppure quando è finita una guerra e sugli scaffali è arrivato il racconto dei suoi orrori nelle pagine di «Se questo è un uomo» di Primo Levi, uscito nel 1947.
La Libreria Arnoldi c’era quando nel 1950 per la prima volta ha accolto la traduzione italiana di un libro visionario come «1984» di George Orwell e Bergamo si avviava verso la spensieratezza degli anni del Boom Economico. In quel periodo usciva «Il Vecchio e il Mare» di Ernest Hemingway e i lettori bergamaschi si emozionavano con le poesie di Pablo Neruda e con un Sudamerica da scoprire nelle pagine di Gabriel García Márquez. E poi in libreria si accoglievano le tante richieste dei lettori affezionati e dei passanti casuali, che cercavano José Saramago o Wisława Szymborska e ancora saggi, interpretazioni del mondo, della politica, della società, autobiografie come quella di Gino Strada, chiavi di lettura su carta per comprendere le radici di un conflitto come quello in corso, ma anche semplicemente guide per cucinare vegetariano o scoprire paesi lontani. Richieste che rispecchiavano e rispecchiano ancora una realtà che cambia, visto attraverso la lente dell’ultima libreria storica della città.
«Perché è proprio questa la mia più grande soddisfazione, essere ancora qui». A parlare è Pierpaolo Arnoldi, da sempre in libreria, dopo aver raccolto il testimone dei genitori Pierantonio e Carla e del nonno Mario, il fondatore, proprio in quel 1913 che resta fiero scritto in bianco sull’insegna. Il libraio oggi è in pensione, ma ci sono mestieri da cui non ci si congeda mai e il suo è uno di quelli. «A Bergamo c’è stato un momento negli anni Ottanta in cui c’erano 20 o 25 librerie, poi per un motivo o per l’altro hanno chiuso. Ora siamo pochi noi librai indipendenti: oltre a me c’è la Palomar, Federica in Città Alta (“Punto a capo Libri”) e i ragazzi dell’“Incrocio Quarenghi”. Le cose sono molto cambiate e fare i librai è molto meno redditizio di prima, ma le gioie di ogni giorno restano quelle dei clienti che tornano dopo un acquisto e ti dicono “Che bel libro mi avete consigliato!”. Quello è il segno che siamo riusciti a dare un buon consiglio».
Un consiglio che Amazon potrà difficilmente fornire, pur essendo comunque il competitor più temuto insieme agli altri rivenditori digitali dal 71,3% dei librai, secondo l’Osservatorio Associazione Librai, seguito dalle edicole per il 17,1% e delle grandi librerie per il 15,4%, ma Pierpaolo Arnoldi la questione è ben più complessa: «Quando ho cominciato, non solo non c’era internet o si vendevano i libri nei supermercati – spiega – ma il cuore della vita commerciale gravava sul centro città anche per la provincia, non c’erano luoghi come Oriocenter, dove la gente va a passare la domenica».
Nonostante questo, una libreria indipendente fa la differenza grazie al libraio e il rapporto con il lettore resta invariato, oggi come decenni fa: «chi sceglie di entrare qui o comunque in una libreria indipendente, lo fa per avere un consiglio, per fare due chiacchiere o per confrontarsi con me o con la mia collega Annalisa su un libro che ha letto. Il cliente-lettore sa che troverà sempre noi, diversamente da una libreria commerciale, dove ci sono sempre persone diverse e il personale è sempre in difetto rispetto alla richiesta. Quello che però è decisamente cambiato è il volume delle vendite».
Le librerie indipendenti italiane hanno chiuso il 2021 in positivo e secondo Ali Confcommercio, l’associazione di categoria dei librai, l’andamento economico delle imprese è migliorato anche rispetto al 2019, passando dai 38 punti percentuali di quell’anno, al 50% di fine 2021. La ripresa ora si sente e c’è stata ovviamente la flessione del 2020, «noi sotto pandemia non abbiamo aumentato le vendite – ricorda Arnoldi – ma la forte richiesta che c’è stata ci ha fatto molto piacere, ci siamo impegnati molto con le consegne a domicilio e sentire il telefono suonare continuamente ci ha reso felici: pensavamo di essere morti, invece ci siamo accorti di quanto la gente avesse bisogno di noi».
Nonostante la ripresa positiva, molto è cambiato, in particolare riguardo alla scolastica e parascolastica, cambiamenti che riflettono l’evoluzione tecnologica e il ruolo di internet come fonte di risposte di ogni tipo: dai dubbi sul significato di una parola, a Wikipedia, l’enciclopedia online dove trovare in sintesi vite e opere di letterati, scienziati e politici. «Noi avevamo scaffali interi di bigini e vendevamo tonnellate di dizionari – ricorda il libraio – ora non è che non se ne vendano, ma il numero è calato e le persone si rivolgono di più a internet quando devono cercare qualcosa. Un altro crollo che abbiamo registrato ovviamente è la turistica, prima la domanda era fortissima, ora non sappiamo quanto riprenderà. Adesso stiamo vedendo un ritorno delle richieste per guide di isole vicine o nazioni europee, non ancora per i paesi remoti e strani che mi chiedevano tempo fa».
La guida cartacea da portare nello zaino alla scoperta di un luogo nuovo, infatti, è un libro su cui non si risparmia, è il viaggio che comincia prima di imbarcarsi al gate e finisce nel bagaglio di molti insieme all’e-book reader, «uno strumento alternativo, che solo in parte ha sostituito il libro. Per fortuna non è successo alle librerie quello che è successo a chi vendeva dischi, noi non abbiamo visto sparire libri, come loro i vinili. Diversamente da questi ultimi che si possono ascoltare distrattamente, un libro richiede di ritagliarsi un momento più contemplativo e il piacere della lettura vuole concentrazione».
Perché un libro richiede attenzione, un’attenzione sempre più frammentata dall’abitudine a consultare contenuti online. Dove è un attimo perdere il senso generale di un testo seguendo il filo rosso di un link o aprendo più finestre. Dove non ci vuole nulla a dividere il proprio sguardo tra decine di post che si alternano veloci durante una lettura distratta sui social media. Anche per questo educare alla lettura è fondamentale secondo Arnoldi, per cui a fare molto sono la scuola e la famiglia: «l’importanza della lettura in età adolescenziale va al di là del programma scolastico – spiega – questo è il momento più importante della formazione di un ragazzo, che poi diventerà un lettore adulto più o meno attivo. Anche a casa si fa la differenza: spesso in casa di conoscenti o amici non vedo libri, né giornali o riviste, mentre in altre famiglie si vede che c’è una vivacità diversa, c’è un altro modo di approcciarsi alla lettura, anche se ognuno poi ha un suo personalissimo rapporto con i libri».
Questo rapporto deve essere libero e non vincolato secondo il libraio, che nei suoi scaffali ha sempre cercato di «essere apolitico e apartitico – conclude – nelle mie vetrine tengo libri di destra, sinistra o centro. Penso che la libertà di stampa sia una cosa dovuta, non voglio essere io a fare delle censure, la mia libreria si è sempre identificata per la sua storicità come una libreria aperta a tutti».