Dante e Eraldo lo definiscono «un’orchestra di altoparlanti», questo sistema di spazializzazione del suono – l’acusmonium – che accompagnerà la proiezione del film di Andrej Tarkovskij, evento di apertura della quarantesima edizione di Bergamo Film Meeting (biglietti qui). È uno strumento, inventato dal francese François Bayle nel 1974, utilizzato come mezzo per diffondere la musica elettronica registrata e necessario a trasformare l’ascolto tradizionale, stereofonico e frontale, in un’esperienza avvincente, più coinvolgente.
«L’acusmonium – mi spiega Dante Tanzi – fa proprio questa operazione importantissima: crea le condizioni di un ascolto immersivo. Si basa su due corone concentriche poste attorno al pubblico, e da una sezione frontale di dieci-dodici altoparlanti. Attorno al pubblico ci sono circa 26 punti di diffusione. Con questo tipo di struttura è possibile anche pilotare il suono da un punto a un altro, simulando lo spostamento vero e proprio attraverso una consolle controllata da un interprete: agendo sui fader alza o abbassa il volume sui vari punti di diffusione. L’idea è di offrire al pubblico una specie di teatro del suono nel quale trovarsi immersi. In questo modo si recupera un elemento performativo che non c’era nella musica elettronica. E i gesti della persona alla consolle equivalgono a dei risultati sonori ben precisi. Questo in generale come funziona lo strumento».
Questo in generale. Poi c’è l’acusmonium Audior, un sistema originale e unico interamente progettato e costruito da Eraldo Bocca: «Lo usiamo dal 2012 – continua Dante – è composto da altoparlanti “colorati” che utilizzano soltanto alcune fasce frequenziali. Questo permette all’interprete di intervenire anche sul timbro, enfatizzando in alcuni momenti i connotati timbrici e dinamici, oltre allo spostamento del suono nello spazio». Aggiunge Eraldo: «Quando ho visto l’acusmonium ho pensato che si potessero utilizzare dei diffusori fatti apposta per quell’utilizzo: perché usare diffusori per uso generalista quando è previsto che facciano solo una certa cosa?».
Eraldo allora entra nel tecnico, racconta che decide di utilizzare diffusori dipolari (senza cassa) che danno il vantaggio di «sfruttare l’emissione posteriore» e di non avere «emissioni laterali che si riflettono sulle pareti e possono dare fastidio o fare riverberi». Poi applica gli array, altoparlanti in serie collegati in maniera particolare e che «hanno una funzione di proiettore acustico e mantengono una uniformità di ascolto migliore dentro lo spazio». Ha applicato altoparlanti e diffusori con una precisa gamma di frequenze, basse, medio-basse, medie, medio-alte. «Poi ci sono trombe e super tweeter che servono a colorare, a seconda della sensibilità dell’esecutore e della risposta dell’ambiente». Ogni componente è stato costruito su misura secondo una precisa relazione tra la forma dei diffusori e la loro funzione. «Sono formule fisiche che riguardano l’acustica, quindi uno se le progetta e poi le realizza».
In tutta questa storia c’è un livello di permeabilità tra tecnico e artistico che è davvero affascinante. E i due aspetti non sono solo due facce della stessa medaglia, o legati semplicemente da un rapporto di propedeuticità per cui la tecnica aiuta il gesto artistico, creando le condizioni perché si verifichi. Qui il gesto artistico è tecnico. E il fonico-interprete assume (finalmente) la dignità d’artista, come nel caso di Dante: «Le due corone attorno al pubblico sono a larga banda, diffondono il suono così com’è, senza interventi sul timbro. A questi vengono aggiunti dei diffusori che mettono in evidenza gamme frequenziali diverse e che sono sia attorno al pubblico che nella parte frontale. È possibile quindi, oltre allo spostamento del suono che si fa attraverso le due corone concentriche, intervenire sul timbro e schiarire, per esempio, una sezione o un passaggio del brano. Questo lo si fa quando necessario, non sempre. A volte la presenza stessa del pubblico e l’assorbimento del suono richiede un intervento di questo genere per rendere maggiormente decifrabile il lavoro musicale».
MR: Uno strumento e un esecutore...
DT: Dall’attività dell’interprete dipende il risultato complessivo dell’ascolto. Interviene su livelli e volumi muovendo i piani sonori dalla parte frontale verso la parte posteriore o viceversa, oppure da un lato a un altro. Si possono sentire movimenti con traiettorie che possono essere lineari o rotatorie. Oltre a quello c’è la combinazione tra timbro e movimento nello spazio che è dato da un intervento live. Ci vuole un musicista che lo faccia.
MR: Ogni esecuzione è sempre un po’ diversa dall’altra.
DT: Esatto, anche se l’interprete è lo stesso e anche se si scrive, come faccio io, una partitura di diffusione. Un lavoro come un concerto richiede un intervento puntuale su ogni momento dell’ascolto. Un film invece richiede di predisporre l’acusmonium scena per scena in base alle caratteristiche che il film offre. C’è uno spazio interno del film, voluto dal regista e dal compositore che dev’essere adattato allo spazio della proiezione, che non è sempre lo stesso. Bisogna adattare le caratteristiche in modo tale che siano decifrabili, perché si passa da un orizzonte stereofonico a una situazione tridimensionale. Si devono assecondare tutte le indicazioni del regista e cercare di trasferirle nel modo più corretto possibile. Quando c’è una prevalenza di suoni di tipo ambientale, movimenti nello spazio, allora è possibile intervenire in modo più diretto e preciso, come se fosse un concerto.
MR: Tarkovskij, e in particolare il sonoro di «Stalker», sembra perfetto per questo tipo di tecnologia.
DT: In «Stalker», come in tutti i film di Tarkovskij del resto, c’è una presenza dell’acqua sotto forma di gocce, di sciacquii, di passi che è veramente notevole. Quindi predisponiamo i diffusori che mettono in evidenza questa gamma di frequenza che ha a che vedere con l’acqua. Ci studiamo le scene una per una e predisponiamo l’acusmonium in modo che sia pronto a mettere in evidenza quello che sta per arrivare.
MR: È qualcosa che ha un impatto emotivo notevole sullo spettatore. «Spazializzazione psicologica» la definiva Bayle...
DT: Incide enormemente perché si tratta di un percorso di ascolto che non essendo statico, ma dinamico, accompagna il pubblico ad accogliere le sonorità che volta per volta si propongono. Quando ci sono, all’interno di un film come Stalker, elementi che si connotano dal punto di vista emotivo – e ce ne sono tanti – allora c’è un bisogno di preparare il pubblico anche da questo punto di vista. C’è uno spazio fisico, funzionale, ambientale. E uno spazio psicologico, i momenti in cui si deve fare qualcosa per sollecitare il pubblico anche dal punto di vista emotivo. Il timbro fa esattamente questo: dà chiaroscuri, mette in evidenza elementi di complessità di un passaggio, stimola la possibilità di una risposta psicologica.