Le valigie ci sono. Quelle misteriose, che Priit e Olga Pärn hanno rappresentato in uno dei loro corti d’animazione e che – piccolo spoiler – contengono tre pezzi di un corpo femminile. E quelle per venire a Bergamo, una città che non hanno mai visitato ma non vedono l’ora di conoscere.
Priit Pärn e la moglie Olga Marchenko lasceranno il loro studio di Tallinn, dove sono attualmente in «piena produzione cinematografica», per assistere all’inaugurazione della mostra che li vedrà protagonisti, sabato 26 marzo alle ore 11. «Tra enigma e magia», visitabile fino al 10 aprile presso la Sala della Porta Sant’Agostino in via della Fara, si accompagna alla retrospettiva completa che la 40esima edizione del Bergamo Film Meeting ha deciso di dedicare ai due registi, all’interno della sezione di Cinema d’Animazione. Tutti i film del duo estone saranno proiettati durante il festival.
Dalle caricature ai film
Classe 1946, è Priit a incontrare per primo il mondo dell’animazione. «All’università, a Tartu, ho studiato biologia, ma già quando ero uno studente ho iniziato a disegnare caricature. Pubblicavo in questo giornale locale due volte alla settimana i miei disegni. Poi, dopo l’università, mi sono trasferito a Tallinn. Lavoravo come biologo, ma allo stesso tempo disegnavo caricature, illustrazioni per riviste… e poi all’inizio degli anni ‘70 un regista mi chiese di fare i disegni dei personaggi per il suo film. Poi ho disegnato i personaggi per un altro film ancora... E così via fino al 1976, quando lo studio Tallinnfilm mi ha voluto come direttore».
Nel 1977, Pärn dirige il suo primo film. Si chiama «Is the Earth Round?» («La terra è rotonda?»). Lo stile è caricaturale, il contenuto sibillino, quasi surreale. L’Estonia, allora, fa parte dell’Unione Sovietica, per cui il regista deve sottostare a un forte controllo da parte del Comitato di Stato per la Cinematografia dell’URSS. Alcuni corti vengono criticati, spesso conosco un’uscita limitata. «Il cinema era un mezzo di propaganda, per cui tutto doveva essere controllato. Penso che in realtà quello che irritasse e impaurisse fosse il mio stile e il modo in cui raccontavo le mie storie: era tutto molto diverso da quello che c’era prima, dal tradizionale film d’animazione».
Con gli anni, il lavoro di Priit cambia, la provocazione si fa più palese, complice l’evoluzione del contesto storico. Nel 1988, «Breakfast on the Grass» («Colazione sull’Erba»), si dimostra un attacco alla società sovietica che di lì a poco si sarebbe disgregata. Nel 1992, con «Hotell E» («Hotel E»), Pärn può dare libero sfogo alla propria graffiante visione della vita: nel corto, c’è tutto il contrasto tra il “sogno americano” dell’Europa dell’Ovest e l’incubo dell’Europa dell’est, dove si lotta per il cibo e la sopravvivenza.
A volte, l’animatore si concede «momenti di gioia pura», come con «1985», omaggio alla storia del cinema e ai fratelli Lumière.
Cambiano i contenuti, lo stile, ma la linea rimane dominante. Netta e pulita. «Sai, ho fatto caricature, illustrazioni, film... La linea è sempre stata per me molto importante. Nell’animazione, tutto parte dalla linea. Il colore viene dopo. Ho lavorato per quasi vent’anni con un amico, Muljard Kilk, che è un ottimo pittore. Ha dato il colore ai miei film. A poco a poco, lavorando con lui e con altri, sono diventato sempre più abile, ho elaborato il mio stile e anche imparato a colorare i miei film da solo».
L’incontro con Olga
Priit incontra Olga Marchenko nel 2006. Lei ha trent’anni in meno di lui, si è laureata a Minsk, in Bielorussia, specializzata in intaglio e in animazione con la sabbia. Dopo aver completato un corso di regia cinematografica presso una scuola di animazione francese, si trasferisce in Estonia. «I Feel a Lifelong Bullet in the Back of my Head» («Sento una pallottola eterna nella parte posteriore della testa») sancisce il sodalizio artistico tra i due animatori. Poco dopo, si sposano.
Chiedo alla coppia com’è stato e com’è tutt’ora lavorare insieme. Risponde Olga. «Prima di tutto, la sceneggiatura è di Priit. A proposito, nell’animazione scrivere la sceneggiatura non è solo scrivere, è anche disegnare: nei film disegniamo tutto, anche il suono... creare un film è un’avventura molto complessa. Con Priit ci capiamo. Guardiamo il film come una scultura: ci lavoriamo entrambi, discutiamo tutto il tempo... ogni film è come un universo che costruiamo insieme».
In «Divers in the Rain» («Sommozzatori nella pioggia»), Priit e Olga combinano disegno a mano libera e animazione con la sabbia. «Disegniamo prima sulla carta, poi sulla superficie sabbiosa. Fotografiamo il tutto e poi lo mettiamo nel computer. Per noi è speciale poter combinare l’animazione classica con la tecnologia, la carta con il computer».
Dietro l’enigma
Voglio soffermarmi su uno dei film più enigmatici realizzati dalla coppia. Ne anticipavo il contenuto all’inizio di questo pezzo. «Pilots on the Way Home» («Piloti sulla via di casa»). Tre piloti nel deserto, con tre valigie contenenti tre diverse parti del corpo di una donna. Priit ci scherza su. «Questo film sarebbe impossibile da fare come “live action”: probabilmente sarebbe un film horror! L’animazione dà la possibilità di raccontare qualcosa che è più astratto».
Il significato del film, Priit non me lo svela. Al regista, piace che lo spettatore veda nella storia che ha raccontato quello che lui ci vuole vedere. «Ognuno può vedere questo film in un modo diverso. Non cerco mai di dire alle persone “fai questo, fai quello”. Come possiamo insegnare qualcosa a delle persone che forse sono più intelligenti di noi?».
Interrompo il mio interlocutore. Nel corto, ho scovato un riferimento a «Il piccolo principe» di Antoine de Saint-Exupéry. «Brava – mi dice Olga – Tu hai colto la poesia. Ma nel corto c’è anche l’arte, l’umorismo, lo shock. Ognuno può leggere il film in modo diverso. Se si conosce di più la storia dell’arte si può ottenere una relazione, un significato che altre persone forse non vedono».
Un lungo rapporto con l’Italia
Come dicevamo, Priit e Olga Pärn non hanno mai visitato Bergamo, ma il loro rapporto con l’Italia è di lunga data. «Una delle mie prime illustrazioni fu per una storia molto divertente scritta da Carlo Manzoni», racconta Priit. «Durante il periodo sovietico, ho visto a Tallinn questo film musicale con una cantante italiana, Gabriella Ferri. Gabriella era vestita con una giacca rossa, portava una valigia. Poi, forse due anni dopo, in un negozio ho visto un disco di Gabriella e l’ho comprato. Mi capitava di ascoltare la musica di Gabriella, sul balcone, ed era molto rilassante». Alla cantante, morta lo stesso anno della prima moglie di Priit, il regista dedica persino il titolo di un corto: «Life Without Gabriella Ferri» («La vita senza Gabriella Ferri»).
L’artista italiana tornerà protagonista, insieme ad altri personaggi ispirati a Francesca Schiavo e Renzo Arbore, del film a cui gli animatori stanno attualmente lavorando: «Luna Rossa». «Il corto non è ancora pronto, ma a Bergamo mostreremo del materiale di lavoro. Useremo la tecnica del “motion capture”. Ci saranno attori che indosseranno costumi e movimenti catturati dal computer» rivela Olga.
Animazione… e biologia
Prima di salutare il duo, chiedo a Priit se c’è qualcosa del suo background da biologo che l’ha influenzato come animatore. Si mette a ridere: «quando studi biologia ti rendi conto che tutto nel mondo è collegato – ma non direttamente, con una correlazione. Capisci che il mondo non è bianco o nero». Olga incalza: «Priit ha un pensiero molto strutturale. Il suo modo di analizzare le cose, di costruire il copione, è molto scientifico».
E tu Olga, sei la parte emotiva della coppia? Le domando. «Solo un po’. Penso che se io fossi solo una parte emotiva, non saremmo artisti. Condivido molto il modo di analizzare di Priit. Penso che i registi di film debbano essere così. La persona senza questo potere di analizzare, giocare, costruire nella mente, non sarebbe un regista di film d’animazione».
L’emozione c’è, forse più nascosta. «Se vieni a vedere il nostro studio di animazione, e vedi le persone al computer, con le facce noiose sedute a guardare i monitor, non ti sembra divertente. Ma se sei dentro, se ci lavori, è una grande gioia fare film. Il cinema è come un narcotico – conclude Olga – ne dipendi».