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Luca Guadagnino e “We Are Who We Are”: siamo chi siamo ma prima dobbiamo capirlo

Articolo. Il debutto del regista palermitano alla regia di una serie televisiva non poteva essere più spinoso di così. Otto puntate co-prodotte da Sky che raccontano i millennials e le loro famiglie, per oltrepassare il dualismo tra ciò che siamo e quello che vorremmo provare a essere

Lettura 4 min.

L’appartenenza ad una società, ad un gruppo (che sia di pari o di lavoro), ad una famiglia, si definisce sulla base dei ruoli che siamo chiamati a ricoprire. Il termine “chiamata” non è casuale ma si allaccia perfettamente all’immaginario e al gergo bellico/militare che fa da sfondo alle vicende narrate in “We Are Who We Are”, la serie che vede Luca Guadagnino impegnato come regista, produttore e showrunner.

Una chiamata alle armi (o nel caso specifico alla carriera) è la motivazione che porterà Fraser e la sua famiglia a trasferirsi dall’America in Italia. In una base militare veneta nella quale sua madre, Sarah, è stata promossa a Colonnello. Una scelta che si pone decisamente in controtendenza all’interno di un contesto tipicamente maschilista come quello militare e nel quale addirittura l’omosessualità dichiarata di Sara non sembra suscitare scalpore. Pur con dei riferimenti più o meno velati al maggiore rigore col quale era gestita la base col precedente comandante.

A smussare le tensioni tra Fraser e Sarah ci pensa la compagna di quest’ultima, Maggie, che lavora come infermiera militare. Una figura cruciale nel portare alla ribalta la complessità delle relazioni nelle famiglie omogenitoriali, non molto in verità diverse dalle altre quando di mezzo ci sono una madre e un figlio con tutte le estremità dell’adolescenza.

La caserma non si limita a essere un non-luogo – che fa da sfondo alle vicende – perché nel definire tempi, spazi e modi di interazione (all’interno della base c’è perfino il supermercato, “Così i soldati possono sentirsi sempre a casa”) si configura più precisamente come un micro-ambiente a sé stante, una piccola America trapiantata in Italia. Una istituzione totale, nel modo in cui la intendeva il filosofo Michel Foucault, i cui confini vengono continuamente sbeffeggiati e resi più labili dagli adolescenti che lo abitano.

Al centro della storia ci sono degli adolescenti che stanno cercando di capire chi sono ed è attorno ad essi che si snodano le dinamiche familiari, dalle relazioni genitori-figli alla fragilità di rapporti coniugali che all’esterno si travestono da famiglie perbene, felici e perfette. Impeccabili, come la divisa di un soldato.
Guadagnino ci porta all’interno delle mura domestiche e la sensazione che lo spettatore sperimenta è quella di una continua indefinitezza che più che essere spaesante produce una costante tensione tra quello che sappiamo e quello che vorremmo incessantemente sapere. Sono gli sguardi, i non detti, a dirci molto di più di quanto facciano i dialoghi.

Nelle scene iniziali l’eccentrico Fraser è attratto e subisce il fascino dell’enigmatica Caitlin. L’amore latente che sembra dover sbocciare tra i due da un momento all’altro assumerà la forma di una amicizia schietta e sincera fatta di condivisione e affetto. Un affetto puerile, genuino e autentico, che solo nell’ultima puntata avrà finalmente una svolta, pur mantenendo quell’autenticità rispecchiata nella peluria appena accennata sul volto di Fraser o nella prima mestruazione di una ragazzina che non ha la più pallida idea di come reagire di fronte ad un evento così “traumatico”.

Questo spazio di libertà scevro dalle pressioni e dai giudizi tipici del gruppo dei pari consente ai due giovani di conoscersi e di sperimentare, senza che vi sia la spasmodica necessità di esplicitare un modello che rappresenti un riferimento a cui uniformarsi. E mentre per i suoi amici che abitano nella base (fratello incluso) Caitlin utilizza la sua bellezza per stare sempre al centro dell’attenzione, quando fugge dalla base si rifugia in un bar reprimendo quella femminilità dirompente che non sente sua e indossando dei vestiti maschili per farsi notare dalle ragazze. Oltre a Fraser, è Craig l’unico che sembra vedere Caitlin per quello che è: l’amico fraterno di Danny riesce, grazie alla sua maturità, a contenerne il temperamento irascibile, anche nei confronti di Caitlin.
E dunque i due protagonisti sembrano muoversi parallelamente in una direzione ostinata e contraria: lui si invaghisce di un soldato trentenne della base e lei inizia a frequentare la ragazza che aveva abbordato al bar. Decide addirittura di tagliarsi i foltissimi capelli, un gesto forte, emblematico della necessità di recidere i ponti con la donna che si appresta a diventare.

Ma Caitlin e Fraser – così diversi e così complementari anche e soprattutto quando sono distanti – sono legati da un filo invisibile che li spinge a voltarsi indietro per cercarsi reciprocamente. E sarà proprio un evento traumatico a portare alla ribalta la forza di questo sentimento assopito dai reciproci tremori di un’anima che freme per trovare una sua definizione, tutta condensata in un’unica inconscia domanda: chi sono davvero?

La notizia che sconvolgerà la base e la vita di tutti i personaggi è la morte di Craig e di altri due soldati mandati in missione da Sarah prima di aver completato il periodo di addestramento di novanta giorni, una decisione per la quale verrà messa sotto accusa da tutto il plotone e in particolare dal padre di Caitlin che aveva sempre guardato con sospetto all’amicizia con un fighetto americano.

La “caduta di un eroe in guerra” che prima di tutto era un ragazzo giovane, puro, un fratello, un amico, un amore appena sbocciato, è la molla che rompe le righe e riporta a galla le macerie di relazioni e identità che sembravamo aver inquadrato bene.

La personalità forte e glaciale di Sarah che la rende perfetta per ricoprire una posizione di comando è scalfita da un rapporto turbolento col figlio dal quale si lascia addirittura schiaffeggiare. Lui la odia perché per rafforzare l’esclusività della loro relazione lo allontana perfino da Maggie, sua moglie e madre adottiva che è l’unica a dirgli qualcosa sul suo padre biologico.

Nella notte piovosa e cupa che accompagna la morte di Craig, Fraser viene emarginato da un gruppo di cui non si era mai sentito parte. E così mentre gli altri, inclusa Caitlin, esorcizzano il dolore della perdita passando la notte a bere e drogarsi, lui si rifugia nell’appartamento del soldato di cui si era invaghito e tuttavia proprio quando questo amore platonico sta per prendere corpo, Fraser si tira indietro. Forse perché si rende conto che per lasciarsi andare gli manca ancora qualcosa. Sarà forse la necessità di provare quei sentimenti e quelle emozioni che reprime?

Il qui e ora in cui sembrano costantemente schiacciate le vicende ci catapulta su un treno per Bologna. Caitlin e Fraser decidono di andare al concerto della loro band preferita prima che Caitlin torni in America. Tuttavia, giunti in questa nuova città Fraser si fa prendere dalla solita smania di lasciarsi trascinare dalle cose e si dimentica della sua amica. E mentre lei finisce per baciare la barista del locale in cui si svolge per l’evento, lui passa la notte in strada con un ragazzino che li aveva accompagnati sul posto. Eppure, quando la band – i Blood Orange – suona il brano preferito di Caitlin, “Time Will Tell” Fraser, si decide a tornare alla realtà e si volta a cercare Caitlin mentre lei, chiusa in un bagno e delusa per l’assenza del suo amico, si toglie la barba finta che si era disegnata sul volto. Stanca e avvilita si dirige in stazione e sarà ancora una volta Fraser a scombinare i piani, facendola scendere dal treno per portarla a vedere il posto più bello di Bologna.

A suggellare il ricongiungimento di quelle due estremità dei fili che uniscono le loro anime un bacio tenero, dolce, desiderato, sentito e voluto che nasce dalla consapevolezza che di fronte ad un futuro così precario conta l’adesso, il qui e ora. L’incertezza del nostro tempo non può nulla rispetto all’inequivocabilità dell’Amore. Quindi non ci resta che dare ragione a Guadagnino: siamo chi siamo e va bene così, per ora. Il resto si vedrà, si vivrà.

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