Se avete visitato lo Yad Vashem di Gerusalemme, il sacrario per la Memoria della Shoah, vi siete sicuramente recati anche al Giardino dei Giusti. Si tratta di un giardino in cui ogni albero rappresenta un non-ebreo che ha salvato un ebreo durante lo sterminio nazista. Costoro, che hanno aiutato persone anche in altri genocidi e in situazioni in cui la vita umana è stata messa in discussione, sono chiamati Giusti tra le Nazioni e ci si ricorda di essi ogni anno il 6 marzo.
Nel Giardino dei Giusti dello Yad Vashem ci sono italiani più o meno conosciuti, come Giorgio Perlasca, e Giusti tra le nazioni sono anche Carlo Angela (padre di Piero Angela e nonno di Alberto Angela), Gino Bartali, e poi diversi sacerdoti (come Don Luigi Mazzarello, Don Francesco Brondello e Don Cirillo Perron) e alcune città quali Padova e Nonantola, in provincia di Modena.
Anche Bergamo ha la sua Giusta tra le nazioni dal 1974, quando Israele conferì il titolo a Lydia Gelmi Cattaneo, oggi rappresentata da un albero nel Giardino dei Giusti. La storia di Lydia è poco conosciuta, nonostante sia stata la prima tra i bergamaschi a ricevere il titolo, poiché tra il 1943 e il 1945 salvò numerosi ebrei e non solo. Ci pensano deSidera e Teatro degli Incamminati (con il supporto di fondazione ASM) a farne memoria, con un bel documentario rivolto alle scuole che ripercorre la vicenda umana e “politica” (virgolette d’obbligo, perché qui stiamo parlando dell’accezione più alta del termine: quella che riguarda il bene comune) di Lydia Gelmi Cattaneo, definendo anche il contesto storico in cui avvenne la sua azione – se n’è occupato il nostro Mirco Roncoroni: furono 46.500 circa gli ebrei deportati, di cui 79 da Bergamo e provincia. C’è un passaggio del Talmud, “chi salva una vita, salva il mondo intero”, che è diventato assai rappresentativo dei Giusti tra le nazioni, e anche della vita coraggiosa e straordinaria di Lydia.
Nata a Presezzo nel 1902 in una famiglia il cui padre è ufficiale medico, Lydia Gelmi diventa anche Cattaneo sposando il veterinario Camillo Cattaneo, da cui avrà quattro figli nella casa di Ponte San Pietro. Per i tempi, è una donna parecchio atipica: nel 1932 già guida l’automobile, è miniaturista e amica d’infanzia di Papa Roncalli (cui dedicherà una splendida miniatura), parla due lingue (il tedesco e l’inglese), ama vestirsi d’azzurro, adora gli animali (i figli raccontano di un pavone nel giardino di casa Gelmi-Cattaneo) e si diverte ad andare in giro con i pattini a rotelle. Legge già a quel tempo Confucio e Buddha. Ma soprattutto vive tutto il fermento culturale della sua casa, un “porto di mare”, come la definisce il documentario, dove passano bisognosi e tanti intellettuali e protagonisti dell’epoca: scrittori come Curzio Malaparte, pittori, politici come Galeazzo Ciano e intellettuali che arricchiscono la sua visione del mondo, senza distinzioni politiche e ideologiche.
Lydia però sa da che parte stare, e dopo il 1938 – anno in cui il regime impone le leggi razziali – e l’acuirsi delle violenze contro gli ebrei sceglie di dare una mano a chi tenta di fuggire dalle persecuzioni del Nazismo e del Fascismo. Le prime persone a cui dà il suo aiuto sono Irene Weiss e la sua famiglia, rimandate dal fratello a Lydia da Trieste. Li ospita nella propria casa e in un non meglio precisato rifugio di montagna, ma prima – non è chiaro come – si procura dei documenti falsi per permettere ai Weiss di spostarsi in Svizzera. Dato che però era rischioso per gli ebrei Weiss muoversi, allora Lydia va a portare questi documenti a Trieste (e lo farà tante altre volte poi), in un momento di grande caos (stiamo parlando del dopo 8 settembre 1943). Alla situazione caotica si unì anche la sfortuna: pur con i documenti falsi in mano, Irene Weiss non riuscì ad emigrare in Svizzera perché si ruppe una gamba. In quelle condizioni viene ospitata a casa di Lydia, che riceve le ispezioni dei soldati nazisti in cerca di partigiani ed ebrei e dunque rischia la vita. Durante quegli anni aiutò molte altre persone, ebrei soprattutto, e si prese cura dei corpi feriti di partigiani e repubblichini. Per lei non contava l’ideologia, stava dalla parte dell’umano, indipendentemente da chi fosse e da che idee avesse.
Dopo la morte del marito nel 1956, Lydia Gelmi Cattaneo si trasferisce a vivere nel Castello di Valverde, dove risiederà fino alla morte nel 1994 e da cui partirà per diversi viaggi all’estero, prima di tutto in Israele. Ed è lì che, mentre prepara un “Decameron”, la squadra di deSidera conosce la figura di Lydia Gelmi Cattaneo e comincia a ricostruire alcuni episodi che l’hanno vista protagonista di azioni di salvataggio di interi gruppi familiari, di partigiani e prigionieri – è emerso che Lydia sia coinvolta anche nell’organizzazione della fuga in treno verso la Svizzera di numerosi prigionieri della Grumellina, almeno secondo alcuni partigiani (una testimonianza che però è ancora tutta da verificare). L’obiettivo della ricerca è farne un documentario, anche perché i tempi non permettono molto altro, che per il Giorno della Memoria del 2022 diventerà uno spettacolo teatrale. Il documentario per ora si rivolge soprattutto alle ragazze e ai ragazzi delle scuole (al costo di 1,50 euro a persona), come racconto di una figura di grande umanità e coraggio. È stato proposto in occasione del Giorno della Memoria e di quello dei Giusti tra le Nazioni.
Secondo il ricordo di chi l’ha conosciuta sembra che Lydia non amasse raccontare ai suoi figli e ai suoi nipoti le vicende così tormentate di quegli anni, come a dire con il proprio comportamento che il bene prima di tutto si fa, e solo poi se è necessario si racconta (ed è per questo motivo che forse si conosce poco la sua vicenda). Grazie al supporto della famiglia, tuttavia le ricerche di deSidera continuano, per delineare a meglio una figura di “salvatrice”, come lo furono le più note Betty Ambiveri e Delia Sacchi.
Al documentario (per la regia di Paolo Bignamini) partecipano, oltre al già citato Mirco Roncoroni, Chiara Bettinelli di deSidera – che cura il progetto e fa da guida all’interno del filmato – Elisabetta Ruffini dell’ISREC e la drammaturga Paola Bigatto. È lei, in un passaggio del doc, a sintetizzare il significato dei Giusti tra le Nazioni e di Lydia Gelmi Cattaneo, che decide di violare la legge per salvare le persone: “i giusti ci danno la possibilità di osservare il Male presente nella Storia con uno sguardo di fiducia. Dove c’è il male ci sono sempre delle persone che agiscono per il bene”.
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