Lo slogan “#iorestoacasa ma la cultura non si ferma” in questi giorni rimbalza da un media all’altro. Così anch’io, davanti al mio pc, ne ho approfittato per esplorare che cosa davvero, questa supposta “rivincita” del virtuale, ci può offrire di buono e soprattutto di nuovo.
Sono una di quelle persone che di fondo ritiene che nulla possa sostituire quel complesso di fattori e meccanismi, consci e inconsci, educativi ed emozionali, oggettivi e soggettivi, che si innescano solo con il contatto fisico diretto con un’opera d’arte, un paesaggio, un monumento. Ma riconosco che l’universo virtuale ha, o quantomeno potrebbe avere, indubbi vantaggi.
Prendiamo l’esempio di un’opera d’arte, richiamando ciò che il critico d’arte Roberto Longhi scriveva già nel 1950: “L’opera d’arte è sempre un lavoro squisitamente relativo [...] l’opera non sta da sola; è sempre un rapporto [...] un’opera sola al mondo non sarebbe neppure intesa come produzione umana, ma guardata con reverenza o con orrore, come magia, come tabù”.
Un’opera è un network complesso in cui si incrociano e interferiscono il suo contesto storico e fisico, la biografia del suo autore, le concezioni filosofiche, religiose, politiche, scientifiche, le committenze, la soggettività, la letteratura, la memoria e così via.
La grande opportunità della tecnologia è quella di offrire la possibilità di una fruizione diversa rispetto a quella oggettivamente praticabile nel museo reale, ricostituendo e restituendo questo complesso insieme di fattori. Con questa idea in testa mi ero inizialmente proposta di spigolare nella rete i più interessanti tour virtuali a musei e monumenti che possiamo affrontare comodamente da casa, ma mi sono imbattuta in una realtà che è un po’ differente da quella che mi aspettavo. Scoprendo che forse le opportunità davvero stimolanti che in questo momento ci offre il mondo della cultura sono altre, magari semplici ed estemporanee, ma che sanno “approfittare” della crisi per sperimentare nuovi percorsi di produzione culturale e di fruizione.
I tour virtuali dei musei, che delusione
Questa è stata l’indagine, almeno per me, più deludente. Ormai praticamente tutti i grandi luoghi di arte e di cultura hanno attivato i loro tour virtuali, dalla Cappella Sistina alle Piramidi di Giza.
Con Street View o Google Earth, lo sappiamo, possiamo goderci la vista dalla cima della Torre Eiffel o sfrecciare sull’iconica Route 66.
Sul sito russo Airpano.com possiamo ammirare meraviglie e città di tutto il mondo fotografate con aerei, droni ed elicotteri, poi restituite con una vista tridimensionale a 360 gradi, dal Colosseo al Taj Mahal, dall’antica città giordana di Petra a Times Square.
Su virtualyosemite.org si può passeggiare nello Yosemite National Park in California e su english-heritage.org.uk è possibile camminare virtualmente tra le pietre di Stonehenge. E poi ci sono, appunto, i tour virtuali di cui si sono dotati praticamente tutti i grandi musei in Italia e nel mondo, spesso offrendo anche visite guidate gratuite online e la possibilità di navigare nelle immagini in altissima risoluzione dei capolavori per scovare anche il più piccolo dettaglio.
Così il Louvre, il British Museum, i Musei Vaticani, il celebre Smithsonian National Museum of Natural History – considerato uno dei musei di storia naturale più belli e visitati al mondo – e naturalmente il Metropolitan di New York, solo per citarne alcuni, sono “visitabili” stando davanti al laptop.
È pur sempre un modo piacevole di passare il tempo ma il limite di queste operazioni balza all’occhio. Che senso ha offrire in rete un “clone digitale” di un museo che potremo presto andare a visitare fisicamente? Il museo virtuale ha una fortissima potenzialità: riuscire a fare ciò che nel museo reale non è oggettivamente possibile. Essere “strutture” in grado di superare le barriere architettoniche che isolano un’opera nel contesto in cui è esposta. Rimanere accessibili ubiquamente, a tutti e in qualsiasi momento. Rendersi aperte a tutte le informazioni e a tutte le possibilità di interazione, pronte a cambiare pelle continuamente e persino ad arricchirsi grazie all’interazione con gli utenti.
Ecco, tutto questo ancora non c’è, o almeno io non l’ho trovato. Forse per inerzia o forse perché un “prodotto culturale” di questo tipo richiede investimenti, non solo economici ma anche di coordinamento di competenze, davvero molto complessi.
In questa impresa rivoluzionaria si era avventurata solo la Guggenheim Foundation, che nel 1999 aveva commissionato al celebre studio di architettura newyorkese Asymptote il Guggenheim virtual museum, un organismo digitale tridimensionale autonomo, un museo con una propria architettura esistente solo nel cyberspazio, con le sue gallerie dove alle collezioni reali delle sedi Guggenheim del mondo si sarebbero affiancate opere video, elettroniche, multimediali, anche commissionate ad hoc, che avrebbero potuto essere visitate proprio come i quadri nei musei reali.
Un museo globale che per la prima volta era pronto ad offrire un’esperienza museale davvero complementare a quella tradizionale e in continua evoluzione. Purtroppo di questo ambizioso progetto, di cui era stata annunciata la messa online nel 2004, oggi sul sito del Guggenheim non c’è più traccia.
Così, allo stato attuale forse lo strumento più “divertente” e interattivo per navigare nel panorama dei musei in rete resta Google Arts & Culture, che offre la visita in 3D di diversi musei del mondo, da Versailles agli Uffizi, da Londra a Mexico City, e che nella sezione Open Heritage consente di seguire come sono state restaurati monumenti e opere d’arte.
Sui social si sperimenta
Più interessanti sono le iniziative messe in campo in questo periodo di emergenza da tanti musei, per offrire al pubblico nuove esperienze di contatto con l’arte e la cultura. “Evitiamo ogni contagio, tranne quello della bellezza!”: così il direttore degli Uffizi di Firenze Eike Schmidt ha lanciato la campagna social Uffizi Decameron che propone ogni giorno sui profili Instagram e Twitter delle Gallerie immagini, video e narrazioni alla scoperta di capolavori di pittura e scultura.
Già scafato da tempo nella comunicazione con gli utenti sui social e in streaming, il MAMbo di Bologna lancia sulle sue piattaforme social, a partire dal canale YouTube MAMbo Channel, “2 minuti di MAMbo”. Tutti i giorni, fino al 5 aprile, alle ore 15, il museo pubblica un video di pochi minuti dedicato alle sue collezioni e alle sue mostre temporanee, accompagnato dagli approfondimenti di curatori e artisti. Se la Peggy Guggenheim Collection di Venezia sfida tutti con i suoi “Art Quiz”, le romane Gallerie Nazionali di Arte Antica a Palazzo Barberini sviluppano sui loro social una mappa diversificata di rubriche a cadenza giornaliera mentre il blog del sito palazzostrozzi.org diventa contenitore in costante aggiornamento di immagini, video, approfondimenti.
Film d’artista in streaming gratuito
Dal 12 marzo al 3 aprile una selezione di film d’artista dall’archivio dello “Schermo dell’arte” sono in streaming gratuito sulla piattaforma MYmovies. Tanti gli autori che hanno aderito mettendo generosamente a disposizione i propri film, da Phil Collins a Jeremy Deller, da Flatform fino al “nostro” Adrian Paci (artista albanese che ha studio a Stezzano), con il suo “The Column” disponibile dal 20 marzo al 3 aprile. Tutto il calendario dello streaming su schermodellarte.org.