Con un restauro firmato Bergamo e Brescia e un filo rosso tra le due città che riemerge dalle pieghe della storia, a Verolanuova i due teleri tornano finalmente visibili al pubblico, dopo un restauro lungo 12 mesi, promosso dalla Fondazione della Comunità Bresciana attraverso il Fondo Fidanza. Una vera e propria impresa conservativa, per la quale gli organizzatori hanno volutamente incrociato due studi di restauro delle due città Capitale della Cultura – Antonio Zaccaria di Bergamo e Abeni Guerra di Brescia – che hanno operato con la supervisione di Luca Rinaldi e Angelo Loda della Soprintendenza di Bergamo e Brescia, affiancati dalla capillare campagna di indagini diagnostiche condotta da Vincenzo Gheroldi e dalla scrupolosa ricerca sulle fonti di Laura Sala.
La restituzione delle due tele più grandi al mondo del maestro veneziano è celebrata, fino al 4 giugno, dall’iniziativa «Tiepolo a Verolanuova. A tu per tu con i due capolavori restaurati» curata da Davide Dotti, con la collaborazione della Parrocchia di Verolanuova e il sostegno di BPER Banca, Lic Packaging e inblu, che consente ai visitatori di apprezzare, per la prima volta, da una prospettiva inedita e a distanza ravvicinata, i due abbaglianti dipinti, seguendo un percorso che li porta a nove metri di altezza, grazie a una struttura costruita appositamente per l’occasione.
«Salire a nove metri di altezza e ammirare da vicino ogni singolo personaggio delle due articolate storie sacre impaginate con esuberante dinamismo sarà un’occasione unica e irripetibile che permetterà di creare un dialogo diretto con l’universo onirico di Tiepolo» promette il coordinatore scientifico e organizzativo Davide Dotti. E il parroco di Verolanuova Don Lucio Sala assicura entusiasta: «Chi si avvicinerà alle due tele per fede o per interesse culturale, avrà l’opportunità di vivere un’esperienza di fascinazione straordinaria».
Un restauro XXXL
«Uno degli interventi di restauro più significativi per il nostro territorio degli ultimi 25 anni» lo ha definito Angelo Loda della Soprintendenza. Al centro, sono due teleri “leggendari” ma incomprensibilmente ancora poco conosciuti: 10 metri di altezza per 5,30 di larghezza cadauno, realizzati dall’artista veneziano intorno alla metà degli anni quaranta del Settecento.
Raffigurano le scene bibliche de «Il sacrificio di Melchisedec» e «La Raccolta della Manna», ma l’incontenibile fantasia di Tiepolo e la sua regia teatrale li trasformano in due finestre spalancate su un mondo parallelo, in cui tutto profuma di luce e di grandioso: angeli e putti sospesi tra i vapori di nuvole d’oro, abeti secolari che svettano in cieli turchesi, stoffe iridescenti e armature scintillanti, donne e guerrieri, anziani e bambini, cavalli scalpitanti e costumi esotici. Insomma, tutto ciò che fece scrivere a Berenson di Tiepolo: «sembra non tanto l’ultimo dei maestri antichi, quanto il primo dei nuovi».
Ora, a restauro ultimato, per la prima volta il re Tiepolo è “nudo”, come raccontano i restauratori: «La monumentale struttura autoportante allestita in loco, che ha consentito di operare in contemporanea sui due teleri, si è trasformata in una piattaforma di confronto multidisciplinare tra i restauratori, gli storici dell’arte, gli storici tout court e i diagnosti, nella consapevolezza dell’occasione unica di avere a disposizione un vero e proprio giacimento di dati e informazioni sulla tecnica di Tiepolo. Il pittore ci ha infatti lasciato due prove diverse di scrittura pittorica: materica, spessa e increspata la superficie della Manna; distesa, rapida e sintetica la pennellata del Melchisedec. Un Novecento scandito da una serie incalzante di movimentazioni e restauri ci ha poi consegnato un Melchisedec in uno stato di conservazione decisamente migliore rispetto alla Manna, definitivamente segnata nel 1952 dal trauma del trasporto del colore eseguito da Mauro Pellicioli, ossia la “trasposizione” della pellicola pittorica tiepolesca dalla tela originale a una nuova tela».
«Quello appena concluso, dunque, non è stato un semplice restauro “estetico” ma un intervento complesso, dovendo in prima battuta far fronte a diffusi sollevamenti e a cadute in atto della materia pittorica – continuano i restauratori – Una pulitura graduale e riformulata passo passo nell’approccio e nelle miscele ha per la prima volta liberato completamente la pittura originale tiepolesca, fino ad oggi contaminata dallo stratificarsi nel tempo di vernici, materiali estranei e interventi pittorici, arrivando a recuperare consistenti brani, finora occultati, di pellicola pittorica originale e a ripristinare i contrasti chiaroscurali originari. La stuccatura ha colmato una miriade di lacune, con la cura “plastica” di riproporre la texture corposa e materica delle pennellate tiepolesche, fornendo una base corretta al successivo intervento di integrazione pittorica».
Concludono così: «Condotta con una minuta grafia a puntini, identificabile a distanza ravvicinata, l’impegnativa operazione ha risarcito tutte le porzioni cromatiche perdute, misurandosi con l’intera gamma della tavolozza di Tiepolo, per restituire all’opera una lettura integrale. Particolarmente sfidante per le dimensioni monumentali delle opere e per l’imprescindibile presenza degli elementi di ponteggio, la lieve verniciatura finale ha messo in campo virtuosismi tecnici non scontati, con l’obiettivo di assecondare con discrezione le variazioni materiche e luminose in cui Tiepolo era maestro, che uno strato di vernice spesso e omologante avrebbe inevitabilmente spento». Accompagna l’iniziativa un libro catalogo Silvana Editoriale.
Una storica liaison tra Bergamo e Brescia
Di pari passo al complesso intervento tornano alla luce e si ricompongono gli indizi di una storica liaison tra Bergamo e Brescia, che sorprenderà coloro che hanno guardato con sospetto alla fusione delle due città in un’unica Capitale della Cultura.
Dal Trecento al Settecento, Verolanuova è il cuore del principato economico, artistico e culturale della famiglia bresciana dei Gambara, abilissima nel coltivare il potere attraverso uno “wedding planning” spregiudicato che li lega alle famiglie più illustri del Rinascimento padano, compresi i bergamaschi Colleoni e Brembati. Destino volle, inoltre, che dopo una schiera ininterrotta di prevosti Gambara, a presidiare a Verolanuova la posa della prima pietra della sontuosa Basilica voluta dalla famiglia, fosse in realtà il nobile bergamasco don Prospero Terzi e che il progetto fosse affidato a quel bresciano Antonio Comino che negli stessi anni lavorò anche al progetto della Basilica di Gandino.
Quanto ai committenti di Tiepolo, furono Carlo Antonio Gambara e la sua blasonatissima sposa veneziana, Elisabetta Grimani, che nel 1714-15 erano stati podestà e podestaressa di Bergamo. Nella nostra città apprezzarono il lavoro di Giovan Battista Caniana, cui poco dopo affidarono la costruzione dell’Ospedale di Verolanuova. Il tourbillon, come sottolineavano i restauratori, coinvolge anche la storia conservativa delle due tele che devono gli interventi più significativi al restauratore bergamasco Mauro Pellicioli: «Bergamo, 1922» documenta l’iscrizione riportata oggi in luce ai margini di uno dei teleri tiepoleschi, nascosta sotto la cornice, e poi di nuovo nel 1952.
Per tutti questi motivi, il restauro dei dipinti e la loro valorizzazione non solo rientrano in un più ampio progetto di promozione turistica e culturale di Verolanuova – attraverso il palinsesto di eventi dal titolo «Tiepolo Scomposto» organizzato dal Comune di Verolanuova – ma si traducono anche nella proposta dell’itinerario «La via dei Tiepolo nelle province di Brescia e Bergamo».
Si parte da Verolanuova per proseguire verso il Museo Diocesano e la Basilica di San Faustino a Brescia, la Fondazione Ugo da Como a Lonato sul Garda, la Casa Museo Zani a Cellatica e il Museo Martes di Calvagese della Riviera. L’Accademia Carrara di Bergamo è invece la prima tappa sul territorio bergamasco di un percorso che sale in Città Alta con il Duomo di Sant’Alessandro, la Cappella Colleoni e la Chiesa di San Salvatore. Unica deviazione fuori le mura: la chiesa di Ognissanti a Rovetta.
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