Illustrare è illuminare, far luce su qualcosa e renderlo chiaro. Il vocabolario Treccani online illustra i significati delle parole e da dove arrivano, attraverso l’etimologia, dando qualche informazione in più su che senso hanno davvero. L’illustrazione fa lo stesso, ma spesso riesce a farlo sottraendosi alla necessità di utilizzare le parole per raccontare. Rende visibile qualcosa di non visibile attraverso le immagini.
Il festival di illustrazione e cose belle UAU quest’anno parla proprio di quello: fantasmi, presenze e assenze. Presenze che infestano manicomi abbandonati dai pavimenti scricchiolanti, che appaiono tra le fronde degli alberi conservati poi in antichi erbari o che affiorano nella realtà trasfigurandola quando l’immaginazione di più persone si riunisce attorno a un foglio bianco.
I fantasmi trovano casa per tre giorni a Edoné, dal 10 al 12 luglio, e abitano varie forme. UAU inaugurerà venerdì alle 21 con l’apertura della mostra e con la videoperformance del collettivo Kalico Jack sul tessuto sonoro deep house di Mickey Loops. In programma installazioni, mostre, workshop per adulti e bambini con Ufficio Misteri, Francesca Zoboli e Silvia Calderari, un’area market e due presentazioni in anteprima: la graphic novel storica edita da Coconino Press “L’insaziabile” di Michele Petrucci, vincitore del Premio Attilio Micheluzzi (sabato 11 alle 19) e l’albo illustrato di Topipittori “Le vite di Ada” di Sarah Mazzetti, Premio Internazionale d’Illustrazione BCBF (domenica 12 alle 19).
Un filo rosso di domande collega queste apparizioni il fitto calendario di appuntamenti a distanziamento garantito di UAU Festival: “Cosa significa vedere? Si vede davvero quando si vede? E che cosa si vede, quando si crede di vedere? Ogni sguardo necessita di un occultamento. Ogni luce partecipa di una dimensione d’ombra, non soltanto come risvolto complementare ma come l’intimo sdoppiamento che impedisce un’esperienza pura e incondizionata” scrive Andrea Arnoldi, direttore artistico del Festival in una nota di presentazione e ogni artista, illustratore o illustratrice invitato porterà una sua personalissima risposta a questi interrogativi, aprendone altrettanti per il pubblico.
Ufficio Misteri: fantasmi che appaiono in punta di matita
L’Ufficio Misteri si occupa di cronache irrisolte, fatti inspiegabili e fiabe extraterrestri. Non è una divisione di giornalismo di inchiesta o una setta di complottisti basata in un appartamento bolognese, ma un collettivo di disegnatori che dal 2016 nella città emiliana lavorano con il disegno tra editoria, installazioni e mostre.
Bruno Zocca, Daniele Castellano e Marco Bassi sono i componenti del trio, che proporrà a UAU il workshop “Identikit di uno spettro”, pensato come “un corso di aggiornamento intensivo per aspiranti investigatori del segno, per invitare i partecipanti a rinunciare alla ragione per decifrare la follia e ad affidarsi ai propri automatismi nel tentativo di rappresentare l’irrappresentabile”. Obiettivo della sessione sarà risolvere il mistero di un fantasma che pare si aggiri nell’ex manicomio di Bergamo. La strategia sviluppata dai tre è l’“ectocondesazione figurale a matita”: grafite, carta saranno forniti, la voglia di sperimentare si porta da casa, come la schiscetta.
“Siamo prima di tutto tre amici, lavoriamo a più mani e ci piace l’idea delle antiche botteghe d’arte, cercando di annullare la differenza di segno e trovando una cifra comune. Lo troviamo molto arricchente – spiegano Bruno Zocca e Daniele Castellano – Lavorare così ci ha portato a imparare ad accettare l’idea di un’altra persona anche se non ti convince al cento per cento e poi a elaborarla perché esca un progetto coerente e con una sua identità. Anche l’autorialità assume un profilo diverso: ti porta a essere meno narcisista e autoreferenziale”.
Ufficio Misteri si è avventurato a sei mani tra scenografia, esposizioni, installazioni, illustrazione: il workshop è una prima targata UAU, “un’occasione per noi di sperimentare, la cosa che ci interessa di più, che ci permette di sentirci liberi dalle logiche di mercato e di prendere le distanze da un certo modo di fare illustrazione carino e zuccheroso”.
Gli universi in cui i tre si muovono incrociano la fantascienza di “Incontri ravvicinati del terzo tipo” e “Ai confini della realtà” con il cinema di David Cronenberg e affondano nella storia dell’arte, DNA della formazione dei tre all’ISIA, Istituto Superiore per le Industrie Artistiche di Urbino, tra Magritte, De Chirico, Savinio, i pittori fiamminghi e l’arte medievale, il Beato Angelico e Paolo Uccello.
Kalico Jack: un metro quadrato per liberare l’immaginazione
Escono dall’ISIA di Urbino anche le quattro corsare di Kalico Jack, Giulia Dall’Ara, Benedetta Fasson, Rebecca Fritsche e Alessia Tzimas, che a UAU proporranno una mostra-installazione site specific visitabile durante tutto il weekend del festival. Il giovanissimo collettivo “porta il nome del pirata che introdusse due ragazze nella sua ciurma sfatando la presunta iella dovuta alle donne a bordo e che testimonia la volontà di disordinare l’idea comune”. Quel disordine da cui scaturisce la creatività. Inaspettata e corale per le quattro illustratrici, che “un giorno si siedono a un tavolo coperto interamente da un grande foglio bianco e cominciano a disegnare a occhi chiusi, usando l’altra mano, quella che solitamente non usano. Quello che ne esce è un insieme di idee sovrapposte in movimento”.
“Metro quadrato” è il loro progetto sviluppato proprio per il festival di illustrazione, un’idea nata in quarantena, un’installazione attraversabile dalle persone, che rispecchia proprio quelle settimane, come spiega Rebecca Fritsche: “siamo passate dal piacere del tempo sospeso dell’inizio del lockdown, in cui parlare con noi stesse e riprendere libri e fili di pensieri, ai giorni in cui abbiamo iniziato a soffrire la chiusura come tutti e gli spettri in ognuno di noi hanno cominciato a manifestarsi. E poi il presente, questo stato intermedio di semilibertà, dove stiamo ritrovando il piacere della condivisione e del mondo esterno e della natura di cui abbiamo sentito una grande mancanza”.
Francesca Zoboli: aprirsi al fascino della scoperta
Il mondo vegetale, diventato un miraggio nei giorni di chiusura per chiunque non avesse spazi verdi domestici, è al centro del workshop “Apparizioni” di Francesca Zoboli, artista, decoratrice d’interni e illustratrice, attiva in Italia e all’estero, che nel 1990 ha fondato lo studio di decorazioni d’interni L’O di Giotto e per lo stilista Kenzo nel 2006 ha progettato e realizzato interventi di decorazione destinati al nuovo concept store di Parigi.
Al festival UAU l’artista terrà un workshop che avrà come punto di partenza gli erbari: la sua fascinazione deriva dalla possibilità di “trasformare un tipo di illustrazione scientifica in un’altra cosa esattamente contraria, molto evocativa, quasi fantasmatica, mantenendo però l’impianto di partenza”.
Anche in questo caso il workshop lascerà territori conosciuti e famigliari, per spingersi verso mondi da scoprire, attraverso pennelli, pastelli, cera e carta, per indagare tecniche come frottage e monotipia. “Il caso e l’imprevedibilità mi affascinano tantissimo – racconta Francesca Zoboli – mi piace il fatto di partire da qualcosa noto e aprirmi al caso. Penso aiuti molto a liberarsi dall’idea che le cose vadano fatte per forza in un certo modo e a lasciare che invece accadano, uscendo dalle griglie di ciò che si sa fare e di ciò che è collaudato e aprendosi a quello che si può scoprire”. Iscrizioni, programma completo e informazioni sulla pagina Facebook di UAU.