L’11 marzo 1830 debuttano a Venezia «I Capuleti e i Montecchi» di Vincenzo Bellini. Le cronache riferiscono di «grida di entusiasmo che non ebbero più freno» quando, nel finale del primo atto, va in scena il «lungo, lungo, lungo» addio tra Giulietta e Romeo: «Se ogni speme è a noi rapita / di mai più vederci in vita, / questo addio non fia l’estremo, / ci vedremo almeno in ciel».
Il mito di Giulietta e Romeo, nato nel Rinascimento e consacrato in letteratura da Shakespeare, nell’Ottocento entra definitivamente nell’immaginario collettivo sulle ali della pittura e del melodramma. Qualche anno prima, infatti, nel 1823, Hayez aveva già alzato sulla leggenda il vento del Romanticismo. La didascalia del dipinto recita «L’ultimo bacio dato a Giulietta da Romeo», ma guardando la tela parrebbe di dover invertire le parti. È Giulietta, ancora in veste e ciabattine da camera, con la manica rimasta slacciata, a trattenere il suo Romeo, che ha già afferrato la corda per calarsi dal verone. Lei lo abbraccia, si alza sulle punte dei piedi e lo bacia appassionatamente, con gli occhi socchiusi. «Non è certamente la Venere e non è la donna antica, è bella, ma bella dell’amor suo» ebbe a dire Defendente Sacchi, un protagonista della critica romantica.
Quella del mito di Giulietta e Romeo è vicenda esemplare di ciò che accade in «Tutta in voi la luce mia. Pittura di Storia e Melodramma», la mostra inaugurata oggi da Accademia Carrara, che non a caso “ruba” il suo titolo a una delle arie dell’«Anna Bolena» di Gaetano Donizetti.
Curata da Fernando Mazzocca e M. Cristina Rodeschini, cui si affianca Elena Lissoni nella curatela del bel catalogo (Skira), la mostra prova a restituire a 360 gradi l’atmosfera di quel momento magico dell’Ottocento romantico che vide pittura, musica, teatro, letteratura – e il loro pubblico – coinvolti da un sentire comune. «Sorprendenti sono, lungo tutto il corso dell’Ottocento romantico, le interferenze tra quelli che sono stati i due più popolari linguaggi della comunicazione del secolo: la pittura di storia e il melodramma – spiega Rodeschini – La mostra si propone di mettere in luce, attraverso un dialogo tra pittura e musica, un preciso fenomeno culturale che trova tra i suoi protagonisti Gaetano Donizetti il quale, tra i primi, riuscì a immergere il pubblico in un mondo pervaso da stati d’animo permeati da una nuova sensibilità emotiva, secondo la quale i fatti storici narrati e musicati divenivano testimoni delle inquietudini esistenziali della realtà contemporanea. La rivoluzione romantica proiettava così l’Italia nella modernità e, nella musica come nella pittura, ha trovato nel cuore dell’Ottocento una delle espressioni più alte della cultura italiana».
«Non solo i pittori e compositori hanno trattato gli stessi temi, derivati da fonti storiche o letterarie comuni – aggiunge Mazzocca – ma anche il loro modo di affrontarli, pur tenendo conto della specificità di due mezzi espressivi diversi, rivela intenti e modalità simili. Del resto, era il medesimo pubblico che nelle maggiori città italiane, come Milano, Venezia, Torino, Firenze, Roma e Napoli, sedi dei più importanti teatri lirici, si affollava nelle esposizioni periodiche di belle arti, davanti ai quadri che proponevano le vicende e i personaggi applauditi sulle scene».
La nuova “dimensione sentimentale” dilaga, travolgendo la storia antica del neoclassico: «La sensibilità è cambiata – spiega Lissoni – In scena non sono più gli exempla virtutis di Greci e Romani ma nuovi eroi ed eroine, uomini e donne reali. Il pubblico in questo modo di raccontare si proietta e si riconosce e il melodramma è cantato dalla gente per strada». In un percorso che, complici gli ascolti musicali in sala e l’allestimento scenografico di Federica Parolini, si propone di abolire i confini tra scena e pittura, tra arte e musica, una quarantina di sceltissime opere incrociano per noi in museo i destini di pittori, scultori, compositori, scenografi, scrittori, salotti e teatri di tutta Europa.
Ci sono gli artisti, naturalmente, come Francesco Hayez, il nostro Francesco Coghetti, Domenico Morelli e Giovanni Boldini. E i compositori, come Gioachino Rossini, Gaetano Donizetti, Vincenzo Bellini e Giuseppe Verdi. Ritroviamo gli eroi e le eroine di un immaginario tutto nuovo, come Giulietta e Romeo, Anna Bolena, Otello, Torquato Tasso, Maria Stuarda, Marin Faliero. Splendono le grandi interpreti, idolatrate come dive, da Giuditta Pasta a Maria Malibran fino a Matilde Juva Branca, eletta a icona della mostra, soprano dalla voce d’angelo e animatrice dei salotti milanesi (ma anche i divi, come il nostro leggendario tenore Giovanni Battista Rubini da Romano di Lombardia).
«Un’ibridazione stimolante» per il Sindaco Giorgio Gori; «Un progetto innovativo che saprà attrarre l’interesse e la curiosità di pubblici diversi, dai melomani all’esperto di pittura, fino agli appassionati del Romantico per eccellenza», promette l’assessore alla cultura Nadia Ghisalberti. E per una visita guidata d’eccezione, fatevi accompagnare nell’audioguida della mostra dalla voce di Drusilla Foer.